Ci sono cose che non si raccontano con i numeri, con i dati o con le carte d’imbarco. Cose che non stanno nelle statistiche sugli espatri, nei tutorial per ottenere un visto, nei post patinati sull’Australia da cartolina.
Sono cose che si muovono in silenzio tra le pieghe dei giorni. Che non si spiegano bene, ma si sentono forti. Questo glossario è nato così: come un tentativo di dare un nome – e un po’ di forma – a tutto ciò che non si sa bene dove mettere.
Parole che ho incontrato e parole che mi hanno attraversata. Alcune mi sono cresciute addosso lentamente, come un’abitudine. Altre mi hanno colpita subito, come una ferita o una rivelazione.
Non è un elenco esaustivo. È una mappa disordinata e affettiva.
Una geografia dell’anima che si disegna mentre vivo in un altrove che ormai è anche un po’ mio. Perché vivere altrove non significa solo cambiare Paese. Significa cambiare vocabolario. E imparare a raccontarsi di nuovo, parola dopo parola.
A – Accento
Segno di provenienza e di disallineamento. È la prima cosa che si sente, prima ancora delle parole. Inizia come uno scudo, diventa una finestra. L’accento racconta tutto quello che non dici.
B – Burocrazia
In Italia è un labirinto, in Australia una porta chiusa, senza maniglia. Cambia forma ma resta un ostacolo. Ovunque ti fa sentire piccola. Non per colpa della complessità, ma della distanza: quella della lingua, dei codici impliciti, delle domande che non sai nemmeno come formulare. È lì che capisci che non basta tradurre per capire.
C – Casa
Concetto in continua mutazione. A volte è un balcone con il sole del pomeriggio, altre un numero WhatsApp. Spesso è un odore, mai una certezza. Ogni tanto, è una voce dall’altra parte del mondo, ogni tanto la voce vicino a te, ogni tanto quella dentro di te.
D – Distanza
Non è solo chilometrica. È il tempo che ci vuole per capire un contesto, per tradurre un pensiero, per sentire un’emozione e sapere a chi raccontarla. È la cosa che pesa di più nella valigia.
E – Espatrio
Non una fuga, ma un passaggio. A volte una frattura, altre un’apertura. È lasciare una versione di sé senza sapere ancora quale prenderà forma. Ma qualcosa nasce sempre: nuovi gesti, nuove parole, nuove abitudini che non cancellano ciò che eri, lo allargano. Espatriare è imparare a esistere altrove, senza smettere di appartenersi.
F – Fuso orario
Stratagemma crudele del pianeta per farti sentire fuori tempo. Quando tu dormi, gli altri vivono. Quando vivi, gli altri dormono. Il fuso ti ricorda ogni giorno che sei in un altrove costante.
G – Gratitudine
Arriva nei giorni buoni, quando il cielo è limpido e i figli ridono. È sottile, ma potente. È riconoscenza per ciò che c’è, così com’è. Per i passi fatti, per chi ti cammina accanto, per tutto quello che ha preso forma anche lontano da casa. È dire grazie, senza bisogno di parole.
H – Home
Parola che impari in inglese prima di sapere cosa significhi. Casa e rifugio, ma anche assenza. Non è mai esattamente dove sei, ma dove senti di poter respirare senza pensieri.
I – Inadeguatezza
Si presenta silenziosa, nei supermercati, durante i compleanni dei bambini, nelle mail ufficiali. Ha mille volti: il tono sbagliato, la parola mancata, l’idea che forse non sei mai abbastanza “di qui”.
L – Lingua
Non è un mezzo, è un territorio. Ci abiti, ma non sempre ti appartiene. In italiano sogni, in inglese prenoti un medico. In italiano piangi, in inglese chiedi scusa troppe volte.
M – Mancanza
Non si cura, si integra. Diventa parte del paesaggio interiore. A volte è assenza di un luogo, a volte di uno sguardo. Impari a conviverci, come con un vecchio dolore al ginocchio che pulsa col cambio del tempo.
N – Normalità
Quella che si costruisce ogni giorno da zero. Non si eredita, si inventa. E quando pensi di averla trovata, cambia accento.
O – Oceano
Presenza maestosa e quotidiana. Ti fa sentire piccola, ma libera. Lo guardi e ti ricorda che tra te e l’Italia non c’è solo distanza: c’è acqua, profondità, silenzio.
P – Pausa
Quella che pensavi sarebbe stata l’Australia. Una pausa. E invece è diventata la frase intera. E ora non sai più se stai vivendo un capitolo o un’appendice.
Q – Quotidiano
Non è mai scontato. Ogni gesto semplice ha un sapore diverso quando lo impari in un’altra lingua. Il quotidiano è dove si annida l’identità vera.
R – Radici
Non servono solo per restare, ma per sapere da dove stai partendo ogni volta che cambi direzione. Le radici non chiedono acqua, chiedono fiducia.
S – Solitudine
Non sempre triste. A volte necessaria, come un silenzio dopo troppa musica. Ma quando è troppa, fa rumore anche lei.
T – Traduzione
Costante, quotidiana, invisibile. Traduci parole, intenzioni, emozioni. E a volte ti perdi nel mezzo. Vivere altrove è vivere in traduzione.
U – Umore
Cambia con il clima, con il fuso, con una telefonata. A volte basta una parola in dialetto per farlo risalire. O scendere.
V – Vita
Quella che fai altrove non è un’altra vita. È la tua. Solo che ha bisogno di essere raccontata più spesso per esistere.
Z – Zaino
Compagno silenzioso. Dentro ci sono sempre troppi caricatori, troppi documenti, troppe chiavi. È il simbolo di chi non ha mai smesso di essere in viaggio, anche da ferma.
Manuela, Sydney