Piume di finto struzzo e lustrini di ogni colore. Balli ipnotici che muovono gambe a ritmo casuale ma gioioso e litri di caipirinha di ogni frutto esotico possibile. Cachaça di bassa qualità e poi musica, sempre tanta musica.
Questo è il Carnevale di Rio de Janeiro.
La festa dei Carioca, l’unico vero evento che riesce a cambiare il volto di una città potente e controversa per quasi un mese.
Ho la fortuna di vivere nella città meravigliosa. Quest’anno non sfilerò perché non ho avuto tempo di organizzarmi essendomi trasferita da poco ma ho preso i biglietti per andare a vedere lo spettacolo al Sambodromo.
A Rio tutto si ferma la settimana del Carnevale. Non si lavora, gli uffici chiudono. I ricchi locali partono, gli stranieri arrivano. Le strade sono imballate di gente ubriaca di sole e di samba. “ Sesso e samba” dice il famoso tormentone estivo dello scorso anno. In effetti, ironica casualità, si dice che a Rio il numero delle nascite abbia un’impennata nove mesi dopo la settimana del Carnevale. Non so se sia vero.
Quando sono stata al Sambodromo la prima volta ormai tanti anni fa mi ero fatta l’idea che il Sambodromo fosse un mega stadio. Invece no, il Sambodromo è una pista di circa 700 metri con dei palchi laterali per gli spettatori, ed è il luogo fisico dove convergono e gareggiano le più prestigiose scuole di samba carioca.
Perché il carnevale a Rio è una vera e propria gara di ballo dove per un anno intero i vari quartieri e quindi le scuole preparano il loro show. La scuola si presenta con un carro a tema ed una canzone che racconta una storia, un quadro che vuole rappresentare, un’allegoria.
A seguire ci sono dei gruppi che fanno da corollario, gruppi piú o meno da 80/100 persone vestite uguali. Per ogni scuola sfilano circa 2000 persone ma lavorano dietro ogni progetto centinaia di collaboratori tra sarte, falegnami, cartapestai, costumisti, musicisti, ballerine, coreografi.
Un’economia di sussistenza che foraggia interi quartieri e categorie.
Chi è parte della scuola sfila gratis. Chi come me balla come un canguro ma non vuole perdersi l’esperienza, commissiona direttamente dalla scuola il suo abito mesi prima, lo paga un po’ e lo stesso abito diventa il biglietto d’ingresso a Sapucaí.
Le scuole sfilano a giorni stabiliti dall’organizzazione. Ci sono regole e tempistiche che devi rispettare. Non puoi indossare nulla se non il vestito e gli accessori previsti dalla coreografia.
A Febbraio a Rio si muore di caldo ma quando è il proprio turno per sfilare tutto si illumina e gli occhi di migliaia di spettatori e della giuria, sono puntati anche su di te.
E tu devi muoverti, ballare, scatenarti, tirare fuori tutta la gioia possibile racchiusa nel tuo corpo. Sorridere, affinché ogni timidezza o distrazione vada via ed eviti alla scuola ogni possibile penalità.
Le prime sei scuole vincitrici sfilano una seconda volta nella parata ufficiale del sabato, che mette ufficialmente la parola fine al Carnevale.
Tanti anni fa ho gareggiato con la scuola Salgueiro, il secondo anno invece con la scuola Beijaflor ( che in portoghese vuol dire Colibrì) il terzo sono andata tra gli spalti a godermi lo spettacolo e credetemi è davvero una esperienza fuori dall’ordinario.
I costumi del Carnevale di Rio non conoscono la sobrietà, hanno un peso ed un ingombro impegnativo, disseminano la casa con ogni genere di orpello luccicante per giorni e giorni, prevedono una stanza a sé solo per conservarlo.
Molti si conservano solo la corona in ricordo della prodezza e dell’esperienza, altri addirittura tutto l’abito riponendolo su un manichino.
Però credetemi se vi dico che quella notte, con quello scafandro addosso, agitando le braccia e ancheggiando goffamente, sotto il cielo di una Rio de Janeiro dannatamente complice io, come poche volte nella vita, mi sono sentita bella e spudoratamente felice.
Diletta, Rio