Io non scio e ammetto di non aver mai avuto una passione per la montagna in inverno.
L’ho frequentata però, perché mio marito, ed ora i miei figli, amano sciare. Dire che l’ho amata però sarebbe una bugia. L’ho sempre un po’ subita, soprattutto quando i bambini erano piccoli e non ne volevano sapere di andare alla scuola sci. Mio marito sciava ed io mi barcamenavo con loro fra le fatiche di tirarli con lo slittino su e giù per la montagna e i vari: “Mamma il guanto!”, “Mamma ho un piede bagnato!”, “Mamma ho fame!”
Negli anni vissuti al caldo della Thailandia poi la montagna era lontana dal mancarmi.
Poi i miei figli hanno iniziato a sciare e ben presto a voler stare con il padre. E la montagna finalmente ha smesso di essere stancante più che stare a casa. Ma poi si è messo di traverso il meteo regalandomi ben due vacanze sulla neve fra pioggia e bufere di neve. Da una, in cui avevo deciso di partecipare ad una ciaspolata, ho anche temuto di non tornare a casa. Le condizioni erano tali che ancora mi chiedo come le guide avessero potuto anche solo pensare di trascinarci in cima ad una montagna in cui la visibilità era pari ad un metro. Dalle quale tutti noi partecipanti tornammo bagnati come pulcini e completamente gelati. Oltre al dolore alle gambe per aver raggiunto la cima ciaspolando su neve fresca alta 50 cm.
L’unica gioia, obiettivamente grande, di quella vacanza fu, il giorno dopo, vedere il Lago di Braies tutto bianco. Una carezza per lo sguardo.
Io questo capodanno volevo tornare a viaggiare fuori dall’Italia. Marocco, Londra, Parigi, New York… ero duttile. Peccato che gli altri tre componenti della famiglia volevano andare a sciare.
E così siamo tornati di nuovo in montagna in inverno, direzione Val di Fassa. Nonostante ami viaggiare, ammetto che non ne avevo molta voglia. Ho pensato però che avrei potuto riposarmi, leggere e non cucinare per una settimana. Era già qualcosa!
Poi, quando siamo arrivati a Canazei, c’era un sole splendente e la mia voglia di natura e la curiosità hanno preso il sopravvento. Un’ora davanti al pc per studiare la zona e mi sono organizzata.
Ho iniziato col visitare i borghi, una mia grande passione. Un paio al giorno. Senza fretta, percorrendo tutte le stradine nascoste. Con la reflex al collo e gli occhi spalancati. Per osservare veramente. Facendo il pieno di bellezza. Ho scattato un’infinità di fotografie di finestre: colorate e decorate. Ho fotografato le ombre sulle facciate studiando l’inquadratura con cura. Convincendomi sempre di più che in questa fase della vita lo slow travel è quello che più mi si addice. Io che, zaino in spalla, dovevo sempre visitare tutto quello che c’era da vedere, in viaggi itineranti fermandomi non più di una notte nello stesso posto, ora amo la lentezza. Il gustarmi tutto con calma.
Ho fatto due visite guidate per scoprire meglio la particolare cultura ladina di quelle zone. Imparando tanto dalla voce di giovani entusiasti di raccontare le loro radici e tradizioni.
Ho ciaspolato con un gruppo organizzato e camminato tanto in solitaria. Mi sono riempita di bellezza al Lago di Carezza e, soprattutto in Val San Nicolò, una valle innevata e candida da fiaba.
Ovunque mi hanno accompagnato le cime delle Dolomiti, che in Val di Fassa sono onnipresenti. Ovunque si volga lo sguardo verso l’alto c’è la loro imponenza e bellezza.
E allora, per la prima volta in vita mia, l’ho amata la montagna in inverno. E ho capito ancora di più che sta anche a noi approcciare le cose nel modo giusto. Perché se è vero che la bellezza è ovunque a saper guardare, in montagna in inverno bisogna essere proprio ciechi per non vederla.
Federica, Italia
P.S. clicca qui se vuoi vedere il mio racconto e le mie foto della Val di Fassa
