Vivere all'estero

Impressioni brasiliane di settembre

Written by Diletta Brasile

Ci eravamo lasciate ad un gate.

Io che da Roma mi imbarcavo per Rio, l’euforia, la gioia, l’incognita, il lungo viaggio da fare. 

Ci sono volute quasi dodici ore di traversata atlantica per arrivare in Brasile. Il Brasile che è immenso, lungo, largo, ben tre fusi che attraversano il paese. 

Era settembre, c’era aria di primavera. Faceva caldo, ma neanche troppo. La spiaggia era sempre piena, ma non pienissima. Il mio cane Lola era felice di vedermi. Sembra che la spiaggia di Ipanema le piaccia tanto e che le onde del mare non le facciano paura. 

Strano, a Houston faticavamo a farla entrare in piscina. Qui rimane attratta da questo immenso lembo di sabbia che separa l’oceano dal marciapiede. I famosi sanpietrini brasiliani (calçadão), tutti diversi, bianchi e neri. Bellissimi. 

Il mio appartamento era vuoto. Che strano vedere le case svuotarsi e riempirsi. Sempre la stessa danza. Spogliarsi e rivestirsi. 

Il container dagli Stati Uniti è arrivato il giorno dopo, manco il tempo di riprendersi dalla stanchezza del viaggio. Vedo un camion immenso dalla finestra e so che li dentro c’è la mia casa. 

Nel mentre ho dormito su un letto lasciato in prestito dal vecchio proprietario. Ho poggiato il libro e gli occhiali per terra, ovviamente senza comodino. 

Anche la cucina era scarna. Un vecchio tavolo e due sedie sgangherate, l’imitazione di una marca famosa con dei bulloni deboli, che andrebbero avvitati regolarmente. Invece no. Ho rischiato di cadere diverse volte. 

I pacchi sono stati portati a mano sino al secondo piano su delle scale di servizio. Chiedo per un elevatore da trasloco che avrebbe agevolato la consegna ed evitato agli operai carichi pesanti di vita mia sulle spalle. Mi hanno detto che è meglio così, più rapido. 

Avrei dovuto capire e smetterla di fare domande. 

In un trasloco normale avrei disposto i vari cartoni nelle stanze definitive, ma non ho potuto permettermi questo lusso perché dopo due giorni il mio appartamento è diventato un cantiere. Nel mezzo di una tormenta di pazzia e razionalità collettiva familiare abbiamo deciso che la zona giorno andava modificata in una cucina più confortevole, a misura delle mie necessità e bisogni. 

La mia socializzazione passa dalla cucina, chi mi conosce lo sa. 

Senza disdegnare locali belli e cene gourmet, si entra nel mio cuore dopo essere stati a casa mia, respirato il sapore delle mie tradizioni, goduto di quella intimità che solo certe case e certi sguardi sulle cose sanno regalare. 

In più l’appartamento era dotato, come da arcaiche abitudini brasiliane, di una stanza adiacente alla cucina, che era dimora angusta delle donne di servizio di un tempo, che usavano vivere insieme alle famiglie benestanti. Ovviamente questi sgabuzzini, senza un minimo di confort, al giorno d’oggi non hanno ragione di esistere. Meno che mai a casa mia. 

Quando la consegna delle casse volgeva quasi al termine, la buona organizzazione brasiliana ha realizzato che esistevano colli particolarmente ingombranti che mai sarebbero passati per le scale. E quindi era necessario chiamare delle persone specializzate con un elevatore adatto. 

Senza farvela lunga, sono arrivati dopo tre giorni di patimento. I miei sofà, i miei quadri, il mio materasso king-size ( le cose belle del Texas ) sono rimasti giù nel condominio all’aperto, con una discreta dose mia di nervosismo. 

Nel mentre, passeggiavo il cane davanti alle palme straboccanti di cocchi, cercando di perdonare i ritardi brasiliani.

Richiuso mezza casa americana in due stanze che davvero mi chiedo come ci siamo riusciti, ho fatto ancora una volta le valigie e mi sono trasferita in un airbnb aspettando che finiscano i lavori di ristrutturazione nel mio appartamento. 

Qualche mese fa scrivevo qui che traslochi e ristrutturazioni sono una delle cose più stressanti della vita. Eccomi sono qui, in pieno delirio, senza farmi mancare nulla. Con maestranze mai viste ed una lingua nuova da gestire.

Nel mentre provo a godermi tante piccole cose quotidiane. Rio è una città super pet-friendly. Ogni negozio ha all’ingresso una ciotola di acqua per gli animali. Essendo molti ristoranti all’aperto è consuetudine portarsi il cane a cena. 

I taxi sono più della gente, sono economici e si può sempre pagare con la carta di credito. 

C’è una quantità esagerata di farmacie, non chiedetemi perché, devo ancora capirlo. 

La spiaggia è usata h/24 da tutti. Famiglie, bambini, vecchietti, coppie. Ovviamente a tutte le ore del giorno e della notte a seconda dell’età. 

La gente vive per strada, anche perché il clima è bello e le case sono piccole. Si mangia molto fuori, i prezzi mi sembrano abbastanza equilibrati, considerato che siamo in una zona altamente turistica. 

Io cammino per le strade con lo sguardo alto, cerco di ricordarmi cose e paesaggi rinchiusi della memoria, che però si sa è una grande nemica del tempo. 

Gli alberi sono immensi e la natura dominante. Le orchidee si attorcigliano agli alberi, anche in quelle aiuole dove buttano la spazzatura. Una continua contraddizione estetica tra il bello e il brutto. Dovrò abituarmi. 

Nel mentre un gallo cammina per strada sfidando le macchine e il traffico. 

Io mi sento abbastanza serena, ma so perfettamente che questo capitolo è solo all’inizio di una grande storia ancora tutta da scrivere. 

Diletta, Rio de Janeiro

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Author

Diletta Brasile

In uno strano mix di curiosità, poesia e resilienza, da quasi vent’anni giro il mondo con la mia famiglia. Tre continenti, otto paesi, due figli e un cane che si sono uniti strada facendo.
Lingua che arriva dritta al punto e cuore tenero e generoso. Appassionata, schietta e carismatica, amo cucinare se sono nervosa e andare a teatro se sono felice.

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