Il ritorno al Cairo, dopo le vacanze estive in Italia, questa volta più che mai è stato un viaggio dal sapore dolce e amaro. In questa città, che pulsa con la sua vita frenetica, ci sono le persone che vedo ogni giorno, i sorrisi familiari, le abitudini che costruiscono la mia stessa esistenza.
Questa routine fatta di piccoli gesti, impegni stancanti, ma che conosco a memoria, in fondo, rappresentano la mia zona di comfort. Ogni volta che ritorno, mi rendo conto di quanto, nonostante tutto, il Cairo sia parte di me. Ne parlavo qualche giorno fa con i miei amici armeni che sono tornati al Cairo dopo averci vissuto già 10 anni fa. Questa città mi sta decisamente conquistando.
Eppure, questa volta, quando l’aereo ha lasciato l’Italia, il ritorno al Cairo mi ha “regalato” un nodo in gola che mi stringeva un filo di più. Lasciare soprattutto i genitori, le loro mani stanche con i segni del tempo e i loro occhi che ancora, dopo 20 anni che girovago, si inumidiscono non è stato semplice.
Sono partita, ma non ho lasciato davvero tutto dietro di me. Le preoccupazioni restano, le porto con me. I pensieri si annidano tra le pagine delle mie giornate più lunghe, tra una lezione in Università e un caffè. Come scriveva Federica qui i genitori che avanzano con l’età sono un pensiero quotidiano.
Quando sono rientrata in Università gli studenti mi hanno detto “Bentornata alla tua seconda casa prof”. Io mi sono commossa e arrabbiata con me stessa allo stesso tempo. Non mi aspettavo una frase simile. Mi sono chiesta come mai loro fossero così sicuri che questa fosse per me la mia seconda casa. Vero è che mi sto innamorando del Cairo perché io lo so, ormai, mi serve tempo per capire e amare un posto o semplicemente accettarlo. Fino ad ora non c’è stato un paese che ho odiato ma di certo qualcuno che ho vissuto in superficie, sospesa a mezz’aria. Rientrare al Cairo ha un sapore dolce come i datteri freschi che ad agosto già cominciavano a comparire sugli scaffali dei supermercati o nelle bancarelle in strada.
C’è stata sempre, in questi 20 anni, una parte di me che è rimasta altrove, sospesa tra due mondi, tra due sensazioni ma ero sempre contenta di partire e non provavo quel grande groppo in gola che invece adesso fa parte dei miei giorni. A volte ci si sente anche un pochino in colpa come ha scritto Diletta qualche tempo fa. Devo ammettere che sono tutte sensazioni nuove per me che ormai a 50 anni suonati e 20 netti da girovaga cominciano a essere marcatamente presenti. Insomma forse questo sapore dolce amaro del rientro continuerò a provarlo sempre da ora in poi.
Quando si parte da giovani, come abbiamo scelto di fare io e mio marito, spesso è attiva la speranza, la voglia di essere indipendenti e un pizzico di avventura. Il richiamo di nuove opportunità e la sicurezza che chi si lascia in Italia siano persone care ancora forti e in salute dà un senso di tranquillità. Tuttavia, con il passare degli anni, la prospettiva cambia come, a questo punto, credo sia naturale.
Vivere in una capitale come il Cairo offre una vita sociale ricca di soddisfazioni e spunti culturali. La città, con la sua vivacità, ospita un ampio ventaglio di eventi, incontri e scambi che stimolano continuamente nuove idee e riflessioni. Tra mostre, spettacoli, conferenze e la varietà di persone che si incontrano, c’è sempre qualcosa di nuovo da esplorare e discutere. Questa dinamicità non solo arricchisce la vita quotidiana, ma crea anche un senso di appartenenza e vitalità unico. E tutto questo ha un sapore dolce che posso dire di conoscere bene ormai. È consolatorio.
Il sapore, nuovo, a cui mi devo abituare è quello amaro che accompagna ogni rientro ricco di vulnerabilità.
Valeria, Il Cairo