Se c’è una cosa che gli italiani portano sempre con sé ovunque vadano, è la loro lingua. Ma non è solo una questione di comunicazione quotidiana. No, è molto di più. È una connessione profonda con la patria, con le radici, con la cultura che ci ha plasmato fin dall’infanzia. Ed è proprio questa connessione che prende vita in modo vivido quando ci trasferiamo all’estero e creiamo il nostro “lessico famigliare”.
Ma non ci portiamo dietro solo la nostra di cultura. Il lessico famigliare per chi, come la mia famiglia, si sposta ogni tot di anni da un paese all’altro, può essere formato da frasi, parole, modi di dire che sono entrati nella nostra casa nel tempo grazie alle varie culture i cui ci siamo immersi. Cosa intendo esattamente? Beh, immagina una sorta di glossario personalizzato, fatto di parole, frasi e espressioni che solo tu e la tua famiglia capite. È come un segreto condiviso, un legame che vi tiene saldi anche quando siete a migliaia di chilometri di distanza dalla vostra terra natale.
La frase che da titolo a questo articolo mi sta tornando prepotentemente negli ultimi tempi. A partire dal libro omonimo, passando sempre per un altro libro letto di recente grazie al consiglio della mia amica (di Fuso ma non solo) Manuela, ” Archivio dei bambini perduti” di Valeria Luiselli e arrivando infine su “Autobiogrammatica” di Tommaso Giartosio che ho letto per il Premio Strega.
La scrittrice Natalia Ginzburg, nel suo libro “Lessico famigliare”, ci offre uno sguardo intimo sulla sua famiglia e sulle parole che li definivano. È un viaggio attraverso i ricordi, le emozioni e le relazioni che si intrecciano nel tessuto del linguaggio familiare. Ma cosa c’entra tutto questo con noi expats italiani?
Ecco il punto: quando ci trasferiamo in un paese straniero, inevitabilmente portiamo con noi non solo le nostre valigie, ma anche le nostre tradizioni e il nostro modo di essere, ma ci fondiamo con il posto dove siamo e cerchiamo di trarne il meglio. Questo spesso passa attraverso il linguaggio e alcuni modi di dire che ci risuonano bene anche se non sono “nostri”.
Il lessico famigliare diventa così un ponte tra il passato e il presente, tra la terra d’origine e la nuova casa. È attraverso queste parole che raccontiamo ai nostri figli le storie della nostra infanzia, le tradizioni della nostra famiglia e i valori che ci sono stati trasmessi da generazioni. È un modo per mantenere viva la fiamma della nostra identità italiana, anche quando siamo immersi in una cultura diversa. Ma usiamo le parole come ponte per il nuovo paese, per entrare meglio in connessione con la nostra nuova vita.
Non è solo una questione di conservazione del passato. È anche un modo per costruire il futuro dei nostri figli. Crescere in un ambiente bilingue o multilingue non è solo vantaggioso dal punto di vista pratico, ma offre anche una prospettiva più ampia sulla vita e sul mondo. Ecco perché molti expats italiani si sforzano di trasmettere ai propri figli non solo la lingua italiana, ma anche il senso di appartenenza e di radici che essa porta con sé.
Ed è una cosa preziosa e importante. Una lingua va oltre le parole, è un intero mondo. Quando uso il sardo li porto indietro con me in un epoca antica, in fondo verso le loro radici. Qualche parola è intraducibile e la conoscono solo in quel modo. E la capiscono. Sanno tutto il significato di quel modo di dire che va oltre il senso letterale. Sanno il mio stato d’animo, mi visualizzano nel mio vero essere e leggono la mia anima più vera.
Se uso qualche espressione araba ridono, perché in genere si tratta di esortazioni a fare qualcosa velocemente o capiscono che non farò mai quello che mi hanno chiesto (provate ad indovinare di che espressioni si tratta)!
Spesso uso il rumeno o il bulgaro per alcuni modi di dire che ho imparato li e che sono perfetti nella loro semplicità. Spesso mi richiedono il significato, sorridono e ripetono le frasi a bassa voce per interiorizzarle. Non vi capita mai di farlo? Ripetere alcune parole in una lingua o un dialetto per sentire come risuonano nella vostra testa? Io amo il suono delle parole. Amo le lingue e tutto quello che gli sta intorno!
E lo spagnolo? Certo aiuta il fatto che abbiamo tutti vissuto insieme in paesi dove quella e’ stata la lingua giornaliera per vari anni, quindi alcune espressioni le abbiamo fatte nostre e non c’è modo di scacciarle!
Insomma, casa nostra è una piccola Babele dove pero tutto fila liscio, non ci sono incomprensioni e ci apriamo al mondo con la chiave universale che tutti abbiamo: le parole.
Voi avete un vostro “lessico famigliare”?
Nadia, Australia