Io che lavoro con le parole e cerco di sceglierle accuratamente ho cominciato a riflettere su “amicizia”.
Mi trovo a pensare che sia una parola un tantino amplificata, esagerata, molto spesso bistrattata e forse ingombrante.
Una parola, amicizia, che esprime un sentimento nobile e, forse, duraturo nel tempo, senza condizioni.
Poi lasciando la mente vagare mi sono chiesta: come si applica questo tipo di sentimento alla vita all’estero?
Mi faccio alcune domande da un po’ di tempo e non ho le risposte ma qualche riflessione sì.
Sono abbastanza certa, non in assoluto ovviamente, che se fossi rimasta a Milano, per esempio, mi avrebbe risucchiato la routine anche nei rapporti interpersonali. In particolare nell’amicizia. Non so se mi spiego ma il fatto di girovagare ha un senso per me anche in questo scegliere e scegliersi tra persone simili. Allo stesso tempo trovo stupendo sentirmi libera di non avere legami strutturati ma molto flessibili. Nel bene e nel male.
Superficiali forse? Bene, me lo sono chiesta e non credo. Flessibili non è uguale a superficiali per me.
Riconosco se una persona avrà un posto nella mia vita a prescindere dal fatto che prima o poi andrò via o andrà via. La sua presenza sarà legata più ai ricordi che alla quotidianità, ad un certo punto, ma non sarà la fine. Questo lo so da subito e se all’inizio mi spaventava, ora non più. Nel tempo e, forse, con l’età ho trovato persone che non hanno paura di conoscersi da vicino. Persone che sanno già che in certo arco di tempo ci si separerà. Non per questo però non si comincerà un cammino insieme.
Avrò voglia di rivedere quella persona e anche se so che gli anni che condividerò con lei tra pensieri e momenti finiranno, non ci penso.
Superficialità? No, ancora una volta, non credo. Semplicemente consapevolezza che il “momento” che vivo con quelle persone vale più del fatto che in un posto fisso ci si troverebbe, forse, “incastrati” in una sequenza fatta di parentesi. Parentesi sempre aperte e che non possiamo chiudere perché la routine ci porta ad andare avanti. Non so se mi spiego…
Tutto questo lo trovo rischioso. Poco libero. Probabilmente non è amicizia, per me.
Di certo a quasi 50 anni, tra un paio di mesi, non riesco proprio più ad usare la parola amico o amica. Non me ne dispiaccio sinceramente. La sento appartenente ad un’età in cui ha senso parlare di amore e amicizia con gli occhi a cuore.
Eppure…mi si apre quel cuore quando penso alla volta in cui, a notte fonda, ho chiamato Sona e Verj qui al Cairo perché mio marito non si sentiva bene e Vrej lo ha accompagnato in ospedale. “Arrivo subito, stai tranquilla” mi ha detto al telefono. Dopo 15 minuti era in macchina al mio posto con mio marito perché Vrej parla benissimo arabo e poteva interagire meglio di me con il personale al pronto soccorso. È rimasto con mio marito ben oltre di quando sono potuta entrare in ospedale anche io e si è pure beccato un bel raffreddore visto che in tutta fretta è uscito da casa senza pensare che in ospedale avrebbe trovato l’aria condizionata altissima.
Il giorno dell’intervento di mio marito c’erano loro con me davanti alla porta “pesante” della sala operatoria. La loro presenza, non scontata, per me ha avuto, ha e continuerà ad avere nel tempo un senso profondo e con un posto ben preciso nei miei pensieri.
O come non ricordare, fino a che avrò respiro, la volta che, alla mia prima gravidanza, senza spiccicare ancora una parola di portoghese, Caterina mi rimase vicina in un momento molto delicato della mia gestazione.
O chi, come Ursula, non ha mai fatto della lingua una barriera, e con cui ho sentito un contatto immediato. Parlare con lei e con altre poche donne come lei in questi miei venti anni all’estero, su temi importanti della vita e della famiglia, in inglese e senza che questo fosse un problema, è sempre stata una carezza che rimane appiccicata sul mio volto. Poco tempo fa ci è stata occasione di incontrarci. Senza nessuna titubanza abbiamo fatto di tutto per incastrare 12 ore e vederci. Io che vivo al Cairo e lei, al momento, ad Abu Dhabi.
O il soccorrere un’amica in pieno attacco di panico e per la quale non sapevo cosa fare ma lei aveva lasciato la porta di casa aperta perché “sapevo che saresti venuta in soccorso”.
Credo che soprattutto nei momenti di bisogno le persone che conosciamo in una vita errante si rivelano per quello che sono davvero e non sono sicura che sarebbe stato così se fossi rimasta per sempre in un luogo.
Ho tanti nomi e volti, non tantissimi, che non ha senso citare qui solo perché alla fine le caratteristiche di coloro che mi hanno scelta e ho scelto, mi rendo conto, sono più o meno le stesse. Momenti intensi, si momenti su cui si basa questo mia idea di amicizia.
Non so spiegare ma davvero credo che nonostante io sia legata alla mia giovinezza e alle persone che l’hanno contraddistinta, il sapore delle persone che ho conosciuto in questa vita errante sia molto diverso.
Avere voglia di passare del tempo con loro nonostante sai già che quel tempo ha una scadenza credo che sia, per una come me, un bel miracolo.
Ad onor del vero ho anche pensato che non ho amicizie di vita adulta perché, essendo partita molto presto, non so come sarebbe stato. Se cioè forse mi sarei sentita comunque libera di cambiare anche le relazioni se mi fossero state strette o se invece mi sarei fatta assorbire da una inevitabile routine. Anche se fossi rimasta a Milano.
Insomma questo articolo è tutto e il contrario di tutto perché non è facile dare un nome e spiegare un sentimento, uno stato d’animo. Ne abbiamo discusso e scritto spesso su Amiche di Fuso.
Forse alla fine di questa lunga strada, che non è ancora finita, mi ritroverò con un pugno di mosche in mano, solo io mio marito, forse…ma certi ricordi e le fortissime sensazioni che scatenano tutte le persone che ho CONOSCIUTO mi basteranno.
Ogni tanto scherzo e dico: ma quando torneremo in Italia (se sarà così) ritroveremo gli amici di un tempo? O forse ricominceremo in Italia come abbiamo fatto in tutti questi paesi? Chi lo sa? Ai posteri l’ardua sentenza.
Voi che mi dite?
Valeria, Egitto