In un post scritto lo scorso anno, vi avevo raccontato che, appena arrivata a Melbourne, mi ero iscritta ad un corso per ottenere una certificazione che mi sarebbe servita poi per cercare lavoro. In quel post, alla fine scrissi che ero stata contattata da una scuola elementare e che a breve avrei iniziato.
E così è stato!
A febbraio è iniziata la mia fantastica avventura in una Primary Catholic school, non solo come Learning Support Officer, ma anche come Language Support. Quindi, non mi occupo solo di sostegno ai bambini con disabilità, ma mi occupo anche del supporto all’insegnamento della lingua italiana.
Qui ho conosciuto l’approccio Teachers as Co-learners (TCL).
Questo approccio prevede che tutti gli insegnanti e gli studenti studino la lingua target della scuola, nel mio caso l’italiano. Quindi, l’insegnante in classe non insegna l’italiano, ma lo impara insieme ai propri studenti. Vi starete quindi chiedendo quale sia il mio ruolo in tutto questo. Ecco, io sono colei che “insegna” la pronuncia corretta ad insegnanti e studenti, propone nuove parole, frasi, canzoni o giochi. Insomma, io ci metto l’Italianità, mentre le teacher (quelle che collaborano) ci mettono le tecniche di insegnamento e creano una routine.
Infatti, un’altra cosa fondamentale dell’approccio Teacher as a co-learner è l’esposizione frequente alla lingua target. Ogni giorno dovrebbe essere dedicato del tempo all’italiano in quanto diversi studi hanno dimostrato che un’esposizione frequente alla lingua aiuta l’apprendimento della stessa. Per questo, ogni giorno, le teacher (uso il femminile perché tutte le insegnanti della scuola sono donne) dovrebbero dedicare circa 15 minuti all’italiano.
Altra cosa molto importante è il ruolo dell’intera comunità scolastica che deve utilizzare parole e/o frasi chiave nella comunicazione di ogni giorno. Proprio per questo parte degli annunci a scuola vengono fatti in italiano: “Attenzione per favore…”, ” Buon pomeriggio bambini ed insegnanti…”. E via così… Inoltre, al mattino, quando i bambini arrivano a scuola, io li accolgo con un “Buongiorno!” e alcuni anche con un “Come stai?”.
Confesso che questo mio primo anno scolastico è stato meravigliosamente sfidante.
Ho vissuto momenti impegnativi e carichi di tensione, perché io non sono un’insegnante, non ho un background da insegnante e mi sono ritrovata a dover “insegnare” italiano a bambini, ma soprattutto alle teacher.
La sfida più grande sono state proprio loro! Conoscerle, entrarci in sintonia, far accettare ad alcune l’insegnamento dell’italiano e farmi conoscere. Ricordo che, la cosa che più mi spaventava, era l’idea di dover stare in piedi davanti ad una classe di bambini a parlare in inglese spiegando l’italiano.
Prima di iniziare a lavorare mi ero studiata bene l’approccio Teacher as co-Learners ed avevo più o meno capito qual era il mio ruolo. La Preside mi aveva ripetuto più volte che io non ero l’insegnante, ma solo un supporto all’insegnante e quindi dovevo stare tranquilla. Io non avevo la responsabilità di insegnare, ma dovevo solo supportare le teacher con la mia pronuncia e italianità.
Un giorno però mi ritrovai in una classe in cui la teacher mi lasciò sola rifiutandosi completamente di collaborare, preferendo starsene seduta alla sua scrivania a fare le sue cose piuttosto che ascoltare le mie parole in italiano imparando a sua volta la corretta pronuncia. In quel modo, oltre a mancare di rispetto a me, stava fornendo un esempio sbagliato ai suoi alunni, ma io non potevo farci nulla. Fu durissima riuscire ad attirare l’attenzione dei bambini, mantenere un tono di voce sicuro e far passare l’insegnamento dell’italiano come una cosa divertente e non noiosa.
Oggi, che siamo praticamente alla fine dell’anno scolastico, conosco ormai le insegnanti, quasi tutti i nomi dei bambini della scuola, i punti di forza e le debolezze di ogni singola classe e ciò che preferiscono fare. Insomma, oggi mi sento molto più sicura di ciò che sto facendo, ma confesso che ho ancora tanto da imparare!
Una delle cose che più mi piace di questa scuola è che, circa il 70% del personale (teacher, segretarie, LSO), ha background italiano. Quindi sono australiani ma nati da genitori italiani. Solo una maestra è nata in Italia ed è arrivata qui quando era una bambina. Tutto ciò sicuramente aiuta con l’insegnamento della lingua italiana e spesso mi ritrovo a scambiare qualche battuta in italiano, a ridere di modi di dire dialettali o sognare la bellezza della nostra amata Italia. Ma vi confesso che le mie insegnanti preferite, quelle con cui lavoro meglio perché da loro ricevo un supporto totale, sono due donne che non hanno un background italiano.
Molti dei bambini che frequentano la scuola dove lavoro hanno cognomi italiani, o nomi (spesso storpiati) italiani perché i nonni sono emigrati in Australia dall’Italia tanti anni fa. È bello poter trasmettere a questi bambini un po’ di italianità in più rispetto a quella che già vivono in casa.
Essere italiana mi ha regalato la possibilità di ampliare la mia esperienza.
Oggi non lavoro solo per ciò che avevo studiato, ma svolgo un qualcosa che proprio non mi aspettavo e la cosa straordinaria è che mi sta piacendo tantissimo!
Credetemi che sentire cantare a squarciagola i bambini di prima elementare “Il coccodrillo come fa?”, essere fermata dai bimbi di foundation perché vogliono sapere come si dice in italiano una cosa, oppure sentire cantare felici insegnanti e ragazzi di quinta elementare la canzone di Benji&Fede “Dove e quando” è davvero un’emozione grande.
Il mio prossimo obiettivo è insegnare a tutti gli studenti della scuola una preghiera in italiano per la messa scolastica di fine anno a dicembre. Vi farò sapere com’è andata…
Drusilla, Melbourne