Spesso mi viene chiesto: “Insegni italiano?” “Come è insegnare italiano all’estero?”
Non credo ci sia una risposta unica ma piuttosto una serie di esperienze.
Ad un anno di distanza dall’inizio della mia avventura all’Università di Badr al Cairo non vedevo l’ora di riascoltare quel vociare di studenti in attesa di entrare in aula. Non vedevo l’ora di sentirmi dire: “Prof come va?” e quando io lo chiedo loro qualcuno risponde: “Alla grande!”.
Sorrido sempre di fronte a questa risposta perché molto spesso è il frutto o di libere traduzioni o viene proposta da applicazioni di insegnamento di lingua italiana on line ma, ad essere sincera, non la uso. Agli studenti però piace!.
Insegnare a giovani adulti stranieri non è l’idea che avevo in mente quando ho lasciato la società di consulenza per cui lavoravo a Milano.
Cosa mi frullasse in testa quando io e mio marito abbiamo scelto di vivere all’estero so di certo che non lo sapevo. Ripeto: so che non lo sapevo. Sembra un giro di parole ma nella sostanza ho solo creduto che fosse la scelta giusta da rimodellare e confermare nel tempo.
Pagina di diario
Qualche giorno fa ho riletto alcuni appunti di diario in cui scrivevo le sensazioni provate all’arrivo della notizia che avevo superato i colloqui per insegnare all’Università al Cairo.
Scrivevo:
“Quando è arrivata questa novità nella mia vita ho subito pensato a lei.
A quella ragazzina che giocava ad insegnare italiano o storia o geografia nella sua camera, dietro una scrivania, ad alunni immaginari.
Aveva un registro scolastico vero che il papà le aveva procurato; i nomi degli studenti erano quelli dei compagni di classe ed ecco perché li conosceva a memoria.
Il sogno di quella ragazzina NON era di insegnare.
Poi però la vita ha fatto il resto.
Dopo aver lasciato Accenture per questa vita da Valegirovaga – quella ormai donna ha cominciato a specializzarsi per insegnare italiano agli stranieri adulti.
Poi nel suo girovagare è arrivata una richiesta di collaborazione come madrelingua italiana all’ “Academia das linguas de Madeira “circa 18 anni fa, al primo estero!
Poi ha proseguito con l’insegnamento come volontaria, con gettoni di presenza o contratti a terine in associazioni, scuole, istituti italiani di cultura in costante formazione per farlo al meglio.
Poi è arrivata al Cairo e passa un treno che prende al volo e ora insegna 3 corsi in italiano nel dipartimento di italianistica all’università di BUC Badr University in Cairo.
Quella ragazzina ora entra in aula, facendo l’appello seduta ai bordi di una cattedra e non dietro perché così guarda meglio e in faccia i suoi alunni reali e non immaginari.
Poi si guarda allo specchio con una punta di orgoglio, entusiasmo e tenerezza.
Poi pensa che un cerchio si è chiuso anche se lei non se lo sarebbe mai immaginato.”
Con il senno di poi..
Ecco, questo scrivevo circa un anno fa ed è davvero così: quando ripenso a questi passaggi neanche troppo consci della mia vita all’estero confermo a me stessa che in fondo vale sempre la pena mettersi in gioco. Così ho fatto: nell’università in cui insegno al Cairo sono la “prof madrelingua” e quasi tutti gli eventi che propongo al fine di far interessare sempre più gli studenti alla lingua italiana vengono accolti più che bene.
Uno dei più interessanti è stata una lezione sulla musica italiana più ascoltata e famosa nel mondo insieme al musicista Simone Alessandrini che ho invitato in università e con cui, lavorando per due giorni senza sosta, abbiamo creato un momento di aula e divertimento per gli studenti. Inutile dire che la canzone di Toto Cutugno, “L’italiano”, che non potevo non presentare, la canticchiavano tutti.
Per non parlare della presenza unica e davvero incredibile della scrittrice Stefania Auci che ha presentato il suo libro “I leoni di Sicilia” in quanto era stato tradotto proprio in quei giorni in arabo ed era al Cairo per la presentazione dello stesso in diverse librerie . Potevo perdere l’occasione di invitarla in università?
Fino all’evento che mi ha , in maniera diretta, regalato più emozioni: la giornata della lingua italiana in cui i ragazzi hanno presentato alcuni dialoghi o sketch preparati da loro della durata di circa 5 minuti e il cui lavoro ho guidato e supervisionato.
Cose che ho imparato nell’insegnare italiano
Se è vero che sembra tutto molto bello e che tutto fili liscio, ci sono alcune cose che ho imparato.
Per quanto riguarda l’ambiente di lavoro e il rapporto con i colleghi, soprattutto i più giovani, ho capito che è vitale mettere SUBITO in chiaro che sarò lì a tempo determinato, che prima o poi me ne andrò 😉 , e che non c’è motivo di “temere” la mia presenza.
Un’ altra problematica riguarda la lingua: a volte sono, inevitabilmente, tagliata fuori da discorsi o semplici chiacchiere in arabo.
Mi pesa? Di tanto in tanto.
Non è sempre facile lavorare con giovani adulti stranieri nel mondo dell’insegnamento.
Non sono piccoli.
Non sono abbastanza adulti da poter contare su un confronto sempre produttivo.
Spesso sono permalosi.
A volte addirittura mi rispondono in modo per me inaccettabile e in una frazione di secondo devo decidere come agire.
Quando ci sono i lavori di gruppo mi odiano di certo perché scompiglio le carte della loro comfort zone amicale.
Sento di avere una responsabilità che va oltre l’insegnamento soprattutto per le ragazze.
A volte non hanno scelto di studiare la lingua italiana liberamente ma perché è stata loro imposta dai genitori.
Le classi sono prevalentemente femminili e questo non è un vantaggio al netto di tutto, per diversi motivi.
Devi continuare a insegnare in italiano usando il meno possibile la lingua veicolare anche quando li vedi smarriti e che non stanno capendo una parola di quello che stai dicendo.
Tuttavia poi, SEMPRE , ad ogni fine di lezione, mi dicono:”Prof, la lezione è stata buona..cioè bella!”. Si correggono. Sorrido. Mi rivedo. Stanca ma felice. Raccolgo i miei appunti, consegno le presenze alla bidella, spengo luci e aria condizionata e torno a casa.
Buon anno accademico a me e a loro che sono il futuro.
Valeria, Il Cairo