Londra ha iniziato a vestirsi di Union Jacks, come vengono chiamate qui le bandiere del Regno Unito, subito dopo la fine del Ramadan. Nel giro di qualche settimana, sono sparite le scatole di biscotti commemorativi dei settant’anni di regno di Elisabetta II e sono comparse le edizioni speciali per l’incoronazione di suo figlio Charles, fissata per Sabato 6 maggio.
Il profilo di Charles, in Italia, e stato dipinto sempre in maniera molto semplicistica. Chiamarlo Carlo, ora che è diventato re, invoca un poco lusinghiero riferimento a De Andre che canta di Carlo Martello e del suo maleducato approccio al sesso femminile. E in fondo di lui si è sempre parlato come di un personaggio superficiale, debole, sfigato, attaccato alle gonne della madre, e per questo poco a suo agio nel contesto monarchico e poco amato dai sudditi. In realtà, sono proprio le sue dichiarate opinioni (politiche e non) che lo hanno reso una figura meno neutra della madre e quindi più soggetta ad antipatie. Come la sorella Anne, ha provato ad alzare la testa contro alcuni arcaismi della monarchia e, in particolare, la visione del matrimonio.
Al fianco di Charles, come regina consorte, c’è Camilla Parker-Bowles. La sua ragazza storica, che fu sposata a Andrew Parker-Bowles per mettere uno stop alla storia d’amore col principe, in quanto lei non era considerata all’altezza. Quella che tutti consideravano una cotta passeggera è stata capace di durare nei decenni, sopravvivendo a due matrimoni falliti e decine di crisi mediatiche, riuscendo finalmente ad ottenere il benestare della famiglia reale. Anche qui, la stampa italiana ha sempre dipinto Camilla come un’arrampicatrice sociale e Charles come un incorreggibile fedifrago, e nemmeno oggi riesce a rendere omaggio alla solidità di un rapporto che dura da quasi cinquant’anni, a una donna che ha saputo sfidare una delle famiglie più potenti del mondo lasciando che il tempo giocasse a suo favore, e a una coppia che ha saputo essersi fedele nella cattiva sorte ben prima di aver potuto sperare nella buona.
Si è parlato di Lady Diana, che oggi sarebbe potuta essere regina. Se solo il suo matrimonio con Charles non fosse stato un diversivo male architettato da una famiglia che non aveva capito l’animo di nessuno dei due. Diana è stata la vittima più fragile di una dinamica che ha tentato di piegare tutti e tre: ma la Principessa Triste non aveva nessuno a cui appoggiarsi. Si è parlato anche di Harry, presente di sfuggita, seduto in terza fila e ripartito per gli Stati Uniti il giorno stesso: tra chi lo ha definito un “adolescente rancoroso” e chi li ha lodato per il coraggio di presentarsi, sembra che la stampa inglese continui a manifestare un bisogno impellente di parlare degli eccessi (veri o immaginati) dei reali minori.
Charles eredita il trono a 73 anni, dopo che la sua intera vita è stata scrutinata dai tabloid. Nessuna aura di mistero attorno a lui, ma curiosità su che tipo di re sarà: l’età avrà mitigato la sua visione moderna della monarchia e il suo desiderio di farne una istituzione più al passo coi tempi?
A vedere l’incoronazione, sembra di si.
Si è detto sui tabloid che Londra era in fermento per l’incoronazione. L’Inghilterra, forse si. Di sicuro Londra è stata invasa da turisti e sudditi venuti a cogliere uno spiraglio della parata, sotto una pioggia fine ma incessante. Ma fuori dalla zona di Westminster e Buckingham Palace, la vita scorreva come al solito. Col mio club di nuoto abbiamo osservato il maxi schermo dal lato opposto della Serpentine, dopo la solita gara del sabato mattina, anche se io mi sono fatta tagliare la strada da un paio di convogli formati da una decina di moto della polizia, due auto di bodyguard e un veicolo diplomatico diretti all’Abbazia. La mia amica Elena non ha dormito a causa degli elicotteri che circolavano senza sosta sul centro dal venerdì pomeriggio. Ma il fermento era dato anche dalle decine di proteste dei britannici repubblicani, molti dei quali sono stati arrestati tra venerdì e sabato. E dalla speranza di approfittare dell’ondata di turismo per fare un po’ di soldi, con un’inflazione alle stelle, una crisi abitativa che spinge sempre più persone fuori dalla capitale e una crisi dei mutui dietro l’angolo.
L’incoronazione è costata 100 milioni di sterline, in un Paese in cui i disoccupati prendono una settimana di stipendio per ogni anno di servizio in quell’azienda, e 70 sterline a settimana di disoccupazione. La cerimonia, durata due ore, prevedeva la consegna di “bracciali della sincerità e saggezza” il “cucchiaio dell’incoronazione” e l’ “asta dell’equità e della pietà” oltre a un paio di quelli che qualcuno a tavola ha definito “guanti da forno” facendomi ridere cosi tanto da scordarmi di prendere appunti sul loro significato simbolico.
Fin dal suo primo discorso, Charles ha suggerito di volere imitare lo stile di regno della madre. Tuttavia, il suo carattere e i suoi interessi si fanno strada nella struttura arcaica in cui muove i primi, non certo agognati passi: da capo della chiesa anglicana, ha celebrato la multi religiosità del Regno Unito dichiarando di voler essere considerato un “difensore di Fede, non della Fede (anglicana)” perché l’esclusività religiosa “pone molti problemi”.
Alcuni lo chiamano il Climate King, il Re del Cambiamento Climatico, a causa della sua passione per la natura e il rewilding, e la sua indisposizione verso il cambiare costantemente i vestiti (che porta finché non sono lisi). Ma un Climate King per essere tale, dovrebbe riconoscere ad alta voce il ruolo che il colonialismo ha avuto e ha tutt’oggi nel perpetrare le ingiustizie climatiche. E per quanto sieda su un trono riciclato, si faccia rammendare le tasche delle giacche e abbia scelto una sobria (e poco gustosa) quiche vegetariana di fagioli e spinaci come piatto dell’incoronazione, la sua figura e la sua incoronazione non stanno in solidarietà con le migliaia di persone sfruttate dall’istituzione che rappresenta, e con la natura soffocata dal capitalismo ossessivo del Paese su cui regna.
Ho visto la cerimonia dell’incoronazione su YouTube, e per la maggior parte del tempo mi è sembrato qualcosa che poteva stare succedendo ovunque: finche non ho sentito il rumore degli elicotteri e li ho visti sfrecciare fuori dalla mia terrazza sopra Hyde Park, e mi sono accorta di essere davvero, per la seconda volta in pochi mesi, a pochi chilometri da un evento storico.
Quanto durerà la monarchia in Regno Unito?
Non si sa. Di sicuro, chi pensava che sarebbe collassata a causa di un re anziano, riluttante e autocommiserante, non ha capito il valore di continuità che l’istituzione monarchica offre a un Paese che negli ultimi decenni ha visto, oltre che una continua rivoluzione tecnologica, anche il tramonto della sua potenza internazionale e coloniale. Tra i giovani, solo il 30% pensa che la monarchia serva a qualcosa, ma non perché gli altri siano necessariamente contro: una percentuale altrettanto altra, semplicemente non sa dirsi se servono o meno. Il che ci ricorda che la crisi politica è una malattia che tocca tutta l’Europa, unita o meno, e che vede i giovani sempre più distaccati da un sistema che non si cura di loro ne del loro futuro.
Il sole è tramontato sull’incoronazione: l’inflazione è ancora alta, e le strade attorno al Palazzo hanno riaperto. Domenica gente si è riversata nei parchi per approfittare dell’unico giorno di sole. Ci vorrà tempo per capire come evolverà lo spirito monarchico dei britannici, ma finché la crisi non sarà superata o così profonda da non lasciare alternative, continueremo a sentire intonare i non-londinesi “God save the King”.
Elisa, Londra