Sono circa dodici anni che siamo in espatrio, e abbiamo vissuto in alcune grandi città dell’Estremo Oriente, per poi trovarci ora nel Golfo, a Doha, Qatar. E se ogni esperienza è stata diversa, ogni città ci ha regalato qualcosa o messo qualche ostacolo davanti, una sola è stata la costante della mia esistenza nel corso degli anni: i Francesi.
Avete letto bene, i Francesi. Sempre, comunque, ovunque, non importa a quale latitudine, li abbiamo trovati, e mica pochi, e super organizzati.
Come vi avevo già raccontato, siamo legati a doppio filo con la Francia: ho scelto per i miei bambini la scuola francese, le nostre famiglie vivono lì, la nostra casa è lì, e un giorno forse racconterò la storia di emigrazione della mia famiglia materna. La Francia è un paese che mi piace, che ammiro per moltissime cose, di cui adoro la cultura e anche un certo modo di fare che, lo so, per molti Italiani non è…simpaticissimo.
Parlando bene la lingua, mi sono ritrovata sempre a frequentare moltissimi Francesi, e l’ho sempre trovato una ricchezza, una comunità in più dove trovare amicizie. Anche a migliaia di chilometri dall’Europa.
Ma questo non mi ha impedito di notare come i Francesi siano ovunque, spesso in gran numero, e come siano davvero molto, molto più organizzati di noi.
Ma… perché? Cosa li rende sempre una comunità attiva, con delle strutture a mio avviso funzionanti, ahimè, più delle nostre?
Questi sono i miei pensieri e le mie riflessioni: sentitevi liberi di essere in disaccordo, o di aggiungere le vostre impressioni.
Anzitutto, il dinamismo e una visione molto “normalizzata” dell’espatrio. La Francia è una grande potenza, i Francesi, nonostante si lamentino spesso e volentieri, si vedono e si percepiscono come cittadini di un grande paese, con aziende importanti ovunque e cittadini che per queste aziende lavorano.
Il senso di comunità: dove ci sono due Francesi, c’è un pezzetto di Francia. E dunque via con la scuola, la biblioteca, l’istituto di cultura, le associazioni. A questo mi sento di aggiungere uno stato che supporta enormemente (dalla mia prospettiva italiana) queste realtà. Un esempio su tutti, la scuola. Un bambino francese non deve mai essere privato della scuola, e della possibilità di rientrare nel sistema educativo nazionale.
Un passato colonialista, e una mentalità che segue (ovviamente in senso positivo, se mi passate il termine). Ovunque arrivino, ricreano una piccola Francia. I loro punti d’incontro, i loro riferimenti culturali. Il Carrefour, la boulangerie con la baguette migliore, o quella che a gennaio prepara la galette des rois.
Una voglia di ritrovarsi e stare insieme: mi è capitato molte volte di sentire italiani che non vogliono frequentarne o incontrarne altri quando sono all’estero, a volte addirittura evitando i propri connazionali. Molto meno ho sentito gli stessi discorsi dai cittadini d’oltralpe. Forse perché noi siamo più individualisti, e ci sentiamo un po’ più dimenticati quando siamo fuori dall’Italia?
Un senso di appartenenza molto naturale: educare i propri figli ad essere cittadini del mondo ma francesi prima di tutto, perché verrà naturale un giorno rientrare e far loro frequentare università a Parigi, Lione, Aix en Provence, mentre molti più italiani mirano a facoltà in Uk o Stati Uniti?
Il concetto di francofonia: qualsiasi attività, organizzazione, è aperta a tutti, purché francofoni. Non si parla mai di club del libro francese, di comunità cattolica francese, di associazione culturale per francesi: ma sempre di francofonia. Parlare francese ti fa appartenere a qualcosa, ed è un qualcosa a cui i vari governi hanno dato un peso enorme.
Mi è capitato di sentirli definire chiusi: non è vero, perché viaggiano ed espatriano in maniera più flessibile di moltissimi italiani. Sono meno ansiosi su moltissimi punti. Ma hanno certamente un senso identitario fortissimo: loro sono i Francesi, non importa se in Gabon, in Vietnam o in Groenlandia.
Identità forte che spesso viene presa per spocchia, per la loro tipica grandeur. Certo, a volte è anche vero, ma osservandoli mi dico che non è cosí brutto avere delle radici cosí forti. Però sapendo far crescere i propri rami con cosí grande naturalezza ovunque nel mondo.
Parlo per quello che ho sentito e osservato, certo, e non pretendo di avere la verità in tasca, consapevole che le mie siano analisi di una banale spettatrice.
Qualcuno mi ha raccontato che anche i Tedeschi per certi versi sono simili, ma purtroppo non ho mai toccato con mano, non parlandone la lingua.
Raccontatemi le vostre esperienze!
Veronica, Qatar
Vivendo in Francia ormai da quasi 8 anni posso solo confermare ciò che dici! Sono sicuramente un popolo difficile da governare proprio perché unito, esprimono molto più liberamente le loro idee senza timore in molti ambiti che possono variare dai convegni , alla scuola, al lavoro. Hanno sicuramente anche un educazione più libera, con meno ansie e con prospettive per il futuro. E ciò che mi colpisce ogni volta che un francese incontra un altro non è la frase: da che regione provieni? Ma è magari cosa ti ha spinto a venire qua e questo già vuol dire tutto.
Scusami per questa risposta tardiva! Assolutamente: molte meno ansie! lo vedo tantissimo coi bimbi.