Il titolo di questo articolo, volutamente in minuscolo, è tratto da un reportage di Ennio Flaiano sul Canada del 1971.
Condividiamo con voi quetsto articolo di Brunella, amica cara e penna profonda.
“Ottawa è la capitale del Canada”: così recitava il libro di geografia che amavo sfogliare in camera di mio fratello, allora sedicenne, via dall’Italia per un anno di studi all’estero a Juneau, in Alaska, Stati Uniti. Avevo sei anni e fantasticavo sui luoghi più lontani da casa mia, puntando il dito sulla mappa del mondo e tracciando rotte immaginarie. Ero affascinata dall’avventura che stava vivendo il mio fratello maggiore e cercavo di comprendere la distanza fisica che ci separava, osservando la posizione della città in cui si trovava, la forma frastagliata della linea di costa dell’Alaska e la grande estensione del paese e del continente americano, rispetto alla penisola italiana. Nella quarta di copertina del libro c’era anche la riproduzione grafica delle bandiere di tutti i paesi del mondo. Il cerchio rosso sul rettangolo bianco della bandiera giapponese mi ipnotizzava. La foglia rossa d’acero, bordata di bianco e rosso della bandiera canadese aveva per me un fascino simile. Muovendo il dito indice lungo la linea del nord del mondo, da ovest a est sulla cartina, volavo da Juneau, città portuale del Pacifico, verso la costa atlantica e mi fermavo sulla capitale canadese, dal nome strano, di cui cercavo di indovinare la pronuncia.
Quaranta anni dopo a Ottawa sono andata a viverci con la mia famiglia, lasciando l’Italia con un biglietto di sola andata. Mi sono poi ricordata delle mie fantasie infantili su quel nome dal suono misterioso, ottaua, ottava, ottauà, quando ho sentito pronunciarlo dai suoi abitanti: Odaaua…
Ho sempre amato viaggiare. La mia attitudine verso il mondo e il mio spirito libero mi hanno imposto di lasciare la provincia del Sud Italia, che mi soffocava, per iniziare a esplorare altri luoghi e me stessa.
Sono cresciuta a Potenza, in Basilicata, ho vissuto a Pisa, in Toscana, durante gli anni dell’università. Mi sono poi trasferita a Roma, dove ho vissuto per quasi vent’anni.
Ho avuto la fortuna di lavorare, incontrare mio marito e far nascere I miei tre figli nella città più bella del mondo. Roma meravigliosa, difficile, impossibile, maltrattata dai suoi abitanti e dalle moltitudini di turisti, resiste impavida e indifferente nella sua bellezza eterna e unica.
Viverci non è facile. È una città che ti sfianca, come molte metropoli, senza però i servizi e
l’organizzazione necessari per spostarsi da un luogo all’altro, senza poter godere di parchi curati e senza offrire molti servizi a famiglie e bambini.
Quando si torna, dopo un lungo periodo di assenza, a Roma si perdona tutto.
Vagabondando a spasso per la città, con il naso per aria, senza uno scopo, senza pensieri, come un flâneur tra le incantevoli sue bellezze che attraversano i secoli, l’emozione e l’incanto mi hanno tolto il fiato. Questo mi è successo nei pochi giorni che vi ho trascorso. La bellezza di Roma si è sedimentata nella mia memoria e ogni volta in cui vi torno, la percezione dei luoghi, la sua visione reale e non più solo ricordata mi riempie di dolcezza.
Negli anni passati, non avevo mai pensato di lasciare Roma e l’Italia. Non era tra i miei programmi. Le mille difficoltà di un paese bellissimo che fa fatica a diventare moderno, il lento declino economico, l’impossibilità di trovare un lavoro, grazie ai propri meriti e le proprie competenze, se non si è protetti dalla provenienza sociale e dai contatti, hanno fatto pensare a mio marito Steve e a me che valeva la pena provare a offrire opportunità diverse ai nostri figli.
Sono partita e approdata nel nuovo continente, in un paese che non conoscevo e che mi ha accolta.
Ho avvertito subito la presenza pervasiva della natura, nonostante mi trovassi in un contesto urbano. Ho amato subito I grandi fiumi che attraversano Ottawa, il verde ovunque, l’aria pulita, la possibilità di sentirsi in contatto con alberi, animali, acqua, senza dover allontanarsi dalla città.
L’incontro con le persone è stato per me pieno di calore e semplicità. Non ho dovuto fare sforzi, non ho avuto bisogno di formalità. I vicini di casa venivano a bussare alla mia porta per conoscermi, incuriositi dalla novità e dal mio accento esotico. Ero la signora italiana, con il marito americano e i tre bambini che esploravano il quartiere in bici.
Mia figlia Viola andava in giro a cercare altri bambini e raccontare le sue storie dall’Italia. Non avevamo ancora i mobili e la casa era vuota. Mangiavamo con i piatti sulle ginocchia e Mary e Michel ci hanno offerto un tavolo pieghevole. Non avevamo la macchina e Al è venuto a chiedermi se avessi bisogno di andare al supermercato. Mi ha portato in giro, mostrandomi tutti i negozi del quartiere.
I primi anni ho voluto fare una esperienza immersiva della lingua e della cultura canadesi. Non ho cercato altri miei connazionali. Avevo bisogno di abbracciare il nuovo mondo.
“Devi anche abbracciare l’inverno”: le mie amiche canadesi mi dicevano che quella era la vera sfida da affrontare. Ero arrivata con I bambini in piena estate, nel giugno 2019, e avevo potuto godere delle belle giornate, delle escursioni, dei giri in bici e in canoa lungo il fiume. L’autunno mite e incantevole, acceso dai mille gialli, rossi, arancioni, viola e oro degli alberi che perdevano le foglie, stava finendo.
L’inverno canadese è lunghissimo – dura da novembre a metà maggio – e concede poche tregue.
Mi chiedevo cosa significasse l’espressione “abbracciare l’inverno”. Le amiche, conosciute alle riunioni mensili della scuola dei miei figli, hanno iniziato a invitarmi fuori a pattinare sul ghiaccio e sciare di fondo. Ci sono chilometri e chilometri di piste da sci lungo il fiume e in aree verdi limitrofe ai quartieri residenziali di Ottawa. Quando la temperatura scende molto sotto lo zero, il canale Rideau, che attraversa il centro città, si ghiaccia completamente e diventa una lunghissima pista di pattinaggio: la più lunga del mondo!
Ottawa è una città governativa, di ministeri e uffici pubblici. La sua borghesia ha fama di essere WASP: è un acronimo che significa White Anglo Saxon Protestants. Sonnolenta dal punto di vista artistico e culturale, Ottawa ospita solo un milione di abitanti, che vivono in un’area urbana piuttosto estesa. Il bel centro cittadino ospita il Parlamento del Canada, che ha sede in un complesso di tre edifici, costruiti negli anni sessanta del XIX secolo in stile Gothic Revival di epoca vittoriana. Tre estati fa, prima della pandemia, ho partecipato a delle lezioni gratuite di yoga, che si tenevano ogni mercoledi mattina sul prato verde di Parliament Hill, la collina su cui è situato il parlamento. Il prato era pieno di persone che arrivavano con il proprio tappeto da ogni parte della città, per fare yoga insieme.
La Torre dell’orologio, la Peace Tower, assomiglia molto al Big Ben di Londra. Il Canada è tuttora parte del Commowealth e il legame storico con il Regno Unito influisce su molti aspetti della società della cultura canadesi. A Ottawa ci sono molti musei. Tra i più interessanti, la National Gallery of Canada, che ospita una vasta collezione di arte antica europea, una interessante collezione di arte moderna e contemporanea canadese, americana e europea e una sezione dedicata all’arte indigena. Il museo nazionale della storia accoglie i visitatori con enormi saloni, dove sono esposti altissimi totem in legno, testimonianza delle culture indigene. Il museo si trova a Gatineau, la città francese sull’altra sponda del fiume Ottawa, linea di confine tra la provincia francofona del Québec e la provincia a prevalenza anglofona dell’Ontario.
Montréal e Toronto sono le grandi città cosmopolite dell’Est canadese. Incarnano rispettivamente l’anima francese e inglese del paese. C’è stata una guerra tra coloni inglesi e francesi alla fine del ‘700 e poi una guerra di indipendenza nel 1812 che gli inglesi hanno vinto contro gli americani, alleandosi con i coloni franco-canadesi e anglocanadesi e gli indigeni. Alla fine degli anni Settanta, in seguito alle dichiarazioni secessioniste del governo del Québec, circa sessantamila anglofoni si sono trasferiti a Toronto. Oggi francesi e inglesi si tollerano cordialmente (o si detestano amabilmente), in una relazione difficile da comprendere per i non canadesi.
Entrambe le città sono molto belle, vivaci e interessanti e vale la pena visitarle. Ho avuto modo di
tornare diverse volte a Montréal, invece ho visitato una volta sola Toronto, ma mi riprometto di
tornarci. Ottawa, Toronto e Montréal sono piene di italo-canadesi di diverse generazioni e accolgono immigrati da ogni parte del mondo. Il tasso di disoccupazione è molto basso, il Canada è in piena crescita economica ed è ricco di acqua e di risorse energetiche naturali. Per ora sembra proprio incarnare il sogno di un paese del futuro, in cui la globalizzazione si declina nel modello di una una società inclusiva e altamente avanzata. Questo processo storico naturalmente non è stato privo di battute di arresto o di problemi, ma il Canada attuale sembra davvero comporsi di una società civile che funziona.
Sono felice di vivere qui. Conosco bene l’inglese e ho iniziato a studiare il francese. In questa mia
esperienza linguistica immersiva, ho capito però che quello che mi manca di più del mio essere italiana è proprio la lingua. Me ne manca il suono, la familiarità, la comunicazione.
Ho iniziato a fare lezioni private di italiano e ho scoperto che insegnare la mia lingua mi piace molto. Non è solo grammatica: per me è bello poter condividere un po’ della storia, della cultura, del costume del mio paese.
Brunella, Canada
Cara guest, ho vissuto per 4 anni in Canada anch’io: Halifax, Nova Scotia. Condivido tutto ciò che racconti, l’unica differenza era che nel lungo inverno le temperature haligoniane non scendevano sotto i -18, quindi piú accettabili! Per il resto, non volevamo tornare… Mia figlia é stata molto formata dalla “multi-cultura” canadese, tanto che non é rientrata in Italia ma é andata all’università a Londra, nonostante avesse solo 17 anni! In Canada tutto é molto piú civile e tranquillo. Unico neo: la sanità!!! Non funziona affatto. Bello che sia tutto pubblico, ma i tempi sono infiniti e la prevenzione non esiste (almeno, cosí in NS) cosí si vede tanta gente che non sta bene e si trascina malattie a lungo. Buona permanenza, con un pizzico di nostalgia❤️
Hai proprio ragione, la sanità qui non funziona. Grazie e buona fortuna! Brunella Buscicchio, Ottawa, Canada
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