Spesso su Amiche di Fuso parliamo di un argomento sempre caldo, le radici italiane, ovvero l’essere e il sentirsi, chi piu’ chi meno, italiani. Tutto questo ha a che fare inevitabilmente con il nostro percorso di vita, con l’educazione e i valori che ci sono stati trasmessi, con la sensibilità che abbiamo più o meno affinato su alcuni temi rispetto ad altri.
Poche settimane fa ho avuto, in occasione delle mie vacanze italiane, il piacere di re-incontrare Laura, una mia cara amica dell’università con cui abbiamo da sedici anni un legame forte e particolare. Laura è nata e cresciuta a Buenos Aires, in Argentina, ma il suo legame con l’Italia, il suo “sogno italiano” come potrei definirlo (e capirete poi perché), è sempre stato fortissimo. Figlia in terza generazione di italiani, Laura è cresciuta legatissima alla sua nonna e al suo papà Marcelo, recentemente mancato, e attraverso la loro testimonianza ed amore incrollabile per le loro origini ha preso nel 2020 una decisione radicale: quella di lasciare alle spalle lavoro stabile ed affetti per ricominciare da zero in Toscana, a lato del suo attuale marito, Elvido, e del suo bellissimo bambino di quasi due anni, Gennaro Lucas.
Laura è positiva, esplosiva, innamorata della vita come solo i latinos sanno essere. Per lei aver avuto la possibilità di studiare e poi di trasferirsi in Italia è stato non solo realizzare un sogno personale, ma anche chiudere un ciclo biologico cui tutta la sua famiglia sentiva di appartenere. Oggi ho deciso qui, su Amiche di Fuso, di intervistarla e di portarvi una versione “altra” e allo stesso tempo autentica di quello che deve essere un po’ la sostanza di tutto questo groviglio, il sentirsi italiani:
- Cara Laura, sei arrivata in Italia nel 2020, allo scoppiare di un momento storico mondiale particolarissimo, quello della pandemia. Durante questo periodo molte problematicità ma anche punti di forza, di ogni stato europeo, sono stati messi a nudo. Puoi raccontarci i tuoi inizi in Italia? Quali sono stati i momenti/ le cose più belli/e ma anche più brutti/e che hai vissuto?
Sono arrivata in Italia quindici giorni prima che la pandemia iniziasse. Incredibilmente, mentre la pandemia stava per scoppiare, stavo per riscoprirmi incinta.
Il caos e la paura del momento furono tali che i supermercati vennero presi d’assalto: non c’era nulla sugli scaffali. In quei giorni ho dovuto pure salutare mio padre, arrivato con me in Italia per conoscere i futuri consuoceri; un padre che di lì a poco non sarebbe mai tornato (il suo ultimo viaggio).
Trasferirmi in Italia ha significato per me approdare alla mia, anzi alla nostra seconda casa, ma anche in un certo senso tornarci. E dico “tornarci” perché i miei nonni erano veramente italiani. In Argentina ci sono arrivati nel 1950, scappando dagli orrori del Secondo Dopoguerra. Inizialmente si era mosso un fratello, poi un altro ancora, del mio nonno. Infine si decise anche lui, con la mia giovane nonna appresso e un neonato di pochi mesi (mio zio) in braccio. Il viaggio avvenne via mare e durò un mese, una fatica nutrita dalla speranza di iniziare una vita migliore. Quella stessa speranza che nutrono oggi molti italo-argentini guardandosi indietro. Paesi come l’Italia, la Spagna il Portogallo hanno una storia che si intreccia moltissimo con quella dell’America Latina e per questo molti latinoamericani considerano costantemente questi paesi europei un riferimento.
Lo e’ stato per molto tempo anche per me e concretizzarlo in un momento così delicato…direi abbastanza difficile: vivere l’entusiasmo di poter iniziare una vita nuova in Italia con mio marito, nutrire l’esigenza di formare una famiglia con lui, ma vedere al tempo stesso il mondo capovolgersi, poi lentamente spegnersi. Alcune cose, grazie alla digitalizzazione, mi sono risultate estremamente semplificate (es. il registro di residenza), altre estremamente complicate (es. il riconoscimento della mia patente di guida). A causa del Covid molti documenti non mi furono riconosciuti e dovetti iniziare la procedura completamente da zero!
Dall’altro lato la pandemia mi donò una gravidanza tranquilla, accompagnata dalla presenza (quasi) costante di mio marito, e l’arrivo di Gennaro Lucas fu solamente tra noi due, senza il rumore e le risate della mia famiglia, che mi mancarono moltissimo. Ricordo ancora con tenerezza quando ai sei mesi di vita lo portai a spasso all’aria aperta e, sotto il clima delle prime riaperture, spalancò i suoi occhioni al mondo che si rischiudeva.
La mia attuale opinione sull’Italia rimane irrimediabilmente legata al periodo della pandemia, nel bene e nel male. In un certo senso e a causa di Covid e maternità, in questo paese mi sto ancora assestando e “sto apprendendo”. Ci vuole tempo per decifrare una società, il suo sistema, la sua gente. Tutto fa tutto: il clima, le ore di luce, quello che mangiamo, che facciamo, ciò che ci definisce. E anche gli italiani hanno abitudini loro, molto legate al contesto e alla storia che hanno vissuto e vivono. Da immigrati, bisogna essere presenti e rispettosi nei confronti di tutto questo.
- Sin da piccola il tuo legame con l’Italia è stato fortissimo. Chi o cosa nel tuo percorso ha maggiormente influito su questo aspetto? Hai dei ricordi particolari relativi a qualche persona/ evento/ situazione in questo contesto? Il tuo caso in Argentina è in qualche modo isolato o pensi ci siano molti argentini come te legatissimi alla cultura italiana?
Mia nonna e’ stata fondamentale in tutto questo. Era una donna solare e in gamba. Soprattutto non smetteva mai di ripetermi quella frase
Che bella e’ l’Italia e che belli sono gli italiani, Laura!
In Argentina quasi la metà della popolazione ha discendenza italiana ed e’ forse la comunità di migranti piu’ grande. Spesso queste radici vengono coltivate fortemente, in famiglia ma anche fuori. Frequentiamo scuole e comunità italiane cattoliche, ci riuniamo in grandi gruppi nelle festività per cucinare l’asado (non la pasta), ci piace il calcio e parliamo praticamente gridando, forse a volte piu’ spesso di un italiano medio. Abbiamo valori intoccabili, quello della famiglia e dell’amicizia, viviamo le relazioni come parte integrante del nostro essere. Argentini e italiani sono praticamente cugini, ma in emisferi diversi. Per questo su tanti aspetti siamo simili e su altri un po’ diversi.
- Che immagine ti è stata trasmessa dell’Italia e che cosa hai dovuto “rivedere” durante le tue esperienze di studio e recentemente di vita? Pensi che la realtà italiana che ti è stata raccontata corrisponda ancora a quella con cui hai quotidianamente a che fare?
L’immagine che mi e’ stata raccontata dell’Italia si e’ dimostrata, al mio primo viaggio nel 2006, obsoleta. Naturalmente i miei nonni mi avevano raccontato di una realtà post guerra molto critica e fatta solo di distruzione, da cui questo paese ha saputo rialzarsi dignitosamente. Quell’anno di esperienza universitaria fu meraviglioso; i compagni di studio, la laurea, le esperienze. Poi, dietro la facciata, anche la percezione di alcune crepe, ferite che la storia ha comunque lasciato tra la popolazione. Insomma, la mia visione sulle cose e’ cambiata ma non penso abbia potuto perdere sicuramente quel connotato positivo.
- Vivere a lungo in una situazione geografica ti permette di conoscerla in maniera approfondita, anche attraverso le sue criticità. Questo accade in Italia, in Argentina, in Germania, in ogni paese europeo: in ogni tipo di “convivenza” l’incanto ad un certo punto finisce e chi più chi meno entra in una fase di adattamento o di estrema insofferenza rispetto al proprio contesto. Il tuo trasferimento in Italia è stato dovuto anche ad alcuni aspetti che non ti piacevano dell’Argentina? Se si, quali? Potresti raccontarcene meglio a riguardo?
L’Argentina e’ un grande paese, che 70 anni fa donò a milioni di migranti europei la possibilità di iniziare una vita migliore. Vale la pena conoscere l’Argentina per chi la abita: una popolazione simpatica, di cuore, che da valore a famiglia ed amici, che gode a pieno di un buon asado, di un mate, di una partita di calcio vissuti insieme. E il dulce de leche…te lo proponiamo in tutti i formati e in tutte le maniere!
Sfortunatamente la decadenza dell’autorità politica e’ così forte da pregiudicare diritti universali: l’educazione pubblica, la sanità, la sicurezza civile. Lo strumento della corruzione sembra essere riconosciuto pubblicamente. Le mie radici e il non accettare questo ordine delle cose mi hanno spinta a tornare in Italia. Qui ho la possibilità di vivere in un contesto tranquillo, sereno, dove la criminalità non e’ all’ordine del giorno, dove non devo vivere in uno stato di costante paura e soprattutto dove mio figlio può crescere sano e sicuro. Per me questo vuol dire moltissimo, e bisogna provarlo sulla propria pelle per capirlo.
- Italiani ed argentini hanno molte similitudini ma anche differenze, cosa ne pensi? C’è qualcosa della cultura argentina che già noti non essere presente in Italia e che ti potrebbe mancare in futuro? Nonostante tutto quello che ti sei lasciata alle spalle, pensi ne sia valsa veramente la pena?
L’Argentina mi mancherà sempre e non poco. Arrivando in Italia durante la pandemia il contatto umano e’ venuto meno, ma ritornando alla normalità ho riscoperto gli italiani spesso freddi, distaccati. Nella cultura argentina il contatto fisico e’ un fattore importante; quando salutiamo un amico, non lo salutiamo, lo abbracciamo. Gli argentini si abbracciano, si baciano, si stringono. Il contatto pelle a pelle e’ fondamentale nel sentire ma anche nel confermare alcune relazioni. La pandemia ha messo molto di questo da parte, nella mia vita, e penso che spesso mi mancherà. La mia famiglia e mio figlio rispondono sicuramente all’ultima domanda e penso che il futuro difficilmente ne cambierà la risposta.
Queste domande sono state poste a Laura a due anni dalla sua scelta di trasferimento, e penso sarà bello, un giorno, rileggere insieme le risposte e capire quanto potrà essere cambiato o meno. Di una cosa sono però abbastanza certa: Laura è una persona che sull’ultimo punto difficilmente cambierà di opinione. Quando nella vita ci cresci, con un sogno, e lo porti dentro veramente, non c’è ostacolo che possa far crollare te o ciò che pensi. E questo è tutto ciò che riassume anche lei. Grazie Laura per condividerti e per far capire quanto sia importante non dimenticare e dare valore alle nostre radici.