Ci sono delle volte che la vita ti scorre davanti come in un film. Che puoi nettamente vedere la fine o un passaggio importante perché è tutto chiaro difronte a te all’ improvviso. Nello stesso tempo i ricordi riaffiorano impazziti, si mescolano, fanno un disordine immenso eppure capisci il senso di molte cose. Capisci dove hai fatto bene, cosa avresti potuto fare meglio, la vera importanza di alcuni passaggi della vita tua e dei tuoi cari.
Questa è stata per me la mia prima Graduation Americana. Quella del mio ragazzo più grande. L’avevo vista solo nei film ma si sa, nei film è tutto finto.
Invece ieri era tutto straordinariamente vero.
C’era l’orchestra della scuola che suonava concentrata e fiera il che dava già un senso di grande cerimoniosità. Con le note di Pomp and Circumstance i maturandi hanno fatto l’ingresso nella sala adibita all’evento.
I ragazzi erano tutti molto emozionati. Sui loro volti l’incoscienza degli anni più belli, ma anche la gioia di un capitolo che sta per chiudersi.
Alcuni per schivare l’imbarazzo accennavano balletti improbabili, altri salutavano i genitori che si sbracciavano incontrollati, i più miti incedevano fieri nel loro cammino. Si respirava una grande emozione. Il Principal, più o meno l’equivalente del nostro Preside li ha accolti tutti con un gran sorriso e con un discorso degno dei classici discorsi americani. “ Siamo molto fieri di voi, il futuro è nelle vostre mani, voi potete cambiare questo mondo con il vostro intuito ed il vostro coraggio. La vostra ambizione vi aiuterà. Siate brave persone”.
Io, che sono una che le parole le pesa molto bene spesso rimango perplessa di fronte a questa attitudine americana di autoesaltarsi, autoglorificarsi però devo ammettere che durante momenti importanti il valore delle parole, dei gesti, di questa cerimoniosità a tratti eccessiva risulta davvero coinvolgente e motivante finanche per me.
Perché tutti abbiamo il diritto nella vita a sentirci speciali anche se pensiamo di non esserlo. E tutti lo diventiamo se a guardarci, a dircelo, è la persona giusta.
In un gesto che a me pare improvviso ma è evidente che non lo è, sempre come in un film, un diplomando si alza in piedi ed intona un canto a cappella. Sbucano dai lati delle ragazze in abito nero e lo accompagnano nelle note. I ragazzi cantano, noi battiamo le mani a ritmo. È una grande festa.
Prende la parola la Valedictorian, figura di cui ignoravo l’esistenza. È colui o colei che si è distinto per meriti accademici in tutto in corso di studi. Ha il volto di una ragazza bruna molto bella. I suoi tratti ricordano l’India ma lei racconta di aver vissuto negli Stati Uniti tutta la sua giovane vita. Ha una parola dolce per tutti. Ringrazia i professori, i collaboratori scolastici, i compagni e non dimentica i suoi genitori per aver creduto in lei sempre, anche nei momenti in cui lei stessa faceva fatica. Io per osmosi materna mi commuovo, i suoi genitori sono certa che nascosti tra la folla, avranno giustamente gli occhi pieni di orgoglio.
La Valedictorian conclude con un riferimento alla strage di Uvalde. È troppo sveglia questa ragazza da non sapere che la strada è lunga, che per sradicare alcune culture insane ci vuole tempo. Lo dice a voce chiara, lo sguardo si fa intenso ma il tema è delicato e lei sa, a giusta ragione, che proprio sui nostri spalti qualcuno non la pensa proprio come lei e che magari proprio oggi non applaudirà affatto il suo discorso.
La cerimonia volge quasi al termine e la proclamazione avviene attraverso il rito di passaggio del ciondolo del cappello da un lato all’altro. Da destra verso sinistra come le pagine di un libro.
Credo rappresenti appunto la chiusura materiale di un capitolo, il passo, la traversata dalla scuola al mondo adulto. Da oggi non si scherza più, da oggi la scuola non li proteggerà più, da oggi il futuro è davvero nelle loro mani.
“ Congratulations Class of 2022 “
La voce è solenne e gli applausi festosi e coinvolgenti.
Poi tutti fuori per il famoso lancio dei cappelli, e abbracci, foto e grandi sorrisi.
Vedo volare i cappelli nel cielo, che è azzurro ma ha alcune nubi. I cappelli volano a diverse altezze come a diverse altitudini sarà la vita di questi ragazzi a seconda di quanto decideranno di lanciarsi.
Due cose rimangono per me importanti di questo lancio che li porterà lontano. La prima è non perdere mai d’occhio la felicità nelle cose che si fanno, non sottovalutarla mai. La seconda la prendo in prestito dalle parole del Preside che ha fatto tanti discorsi importanti oggi. Sulla vita, sul futuro, sulle persone che incontreranno sul loro cammino. E tra le mille raccomandazioni ha concluso dicendo :“Ricordatevi di chiamare vostra madre almeno una volta al giorno “. Hanno riso tutti.
Io invece, come la più classica delle mamme italiane, ho applaudito concorde.
Diletta, Houston