La casa è grande e accogliente.
Paola mi riceve sulla soglia, sorride felice. Io, con una focaccia in mano venuta neanche tanto bene, mi acquieto di fronte al suo sorriso.
Si vede che mi aspettano perché Fulvio, suo marito, mi ha preparato una torta ed i loro tre figli già conoscono il mio nome quando li saluto.
Daniele, il più grande, mi guarda e sorride. Nei suoi occhi ritrovo lo sguardo aperto e gioviale della sua mamma. Si agita, muove le mani ed io sento che è il suo modo di darmi il benvenuto nella loro casa.
Parto quindi dal sorriso di questa famiglia. Una famiglia che ha saputo trasformare un evento complicato in una possibilità per tutti, che ha saputo cogliere nell’ambito di una fatica reale costante ed a tratti anche dolorosa un rilancio, un nuovo progetto, una nuova vita possibile.
Paola e Fulvio si sposano. Lui è un ingegnere, lei un avvocato ed anche giudice onorario. Vivono a Milano, sono felici.
Nasce Daniele prematuro e presto scoprono che qualcosa non va. La diagnosi è nefasta e dolorosa e loro capiscono all’istante che nuovi scenari complicati si stanno aprendo davanti a loro.
Si dice che la parte più dolorosa di avere un bimbo con gravi disabilità, a parte la fatica quotidiana, consista nel dimenticare il futuro che si era immaginato per sé e per la propria famiglia e lasciare andare sogni e piani. Spesso è proprio un lavoro faticoso perché rivedere aspettative e desideri a volte lascia nudi e disarmati.
Non è il caso di Paola e Fulvio. Paola inizia una ricerca sfrenata sulla malattia, studia, approfondisce e scopre che a Houston c’è una speranza per suo figlio. Una stella.
A Houston è in corso una sperimentazione su bimbi affetti da Paralisi Celebrale Infantile.
Daniele ha bisogno di trapiantare le cellule staminali di Margherita, sua sorella più piccola.
Paola, con la forza di un gigante, stravolge le sue ambizioni e convince il marito a cambiare vita, cambiare aria, dare una reale possibilità a suo figlio di sorridere, di muovere qualche arto, di vivere.
Nel febbraio del 2015, Paola e Fulvio attraversano l’oceano con i loro tre bimbi, una carrozzina per disabili e un carico importante con su scritto: speranza.
L’America, terra di sogni e grandi illusioni, è però un grande mare e Paola e Fulvio capiscono quasi subito che l’unica via che hanno è portare questo mare dentro di loro.
Chiedo a Fulvio come funzionano le spese mediche per Daniele qui, sapendo che è un tema molto critico. Lui si prende qualche secondo e con voce pacata ma ferma mi dice : ”l’America è un’onda gigante, un mare in tempesta. L’unica possibilità che hai è cavalcarla quest’onda, domarla, addomesticarla. Ho studiato il sistema , ottimizzato le risorse, gestito i pagamenti, le possibilità, fatto pace con i miei conti”.
Ed io gli credo. Perché nel loro modo di parlarmi, di guardarsi, nel buffo alternarsi di Paola di rubare la parola al marito e nello sguardo dolce di Fulvio spazientito, come ogni uomo sulla terra, io ho visto la normalità.
“Daniele ha fatto a tutti un regalo pazzesco”, mi dice “Ci ha regalato la possibilità di una vita diversa, di far imparare ai suoi fratelli un’altra lingua, di vivere in una casa dove, dati gli spazi ampi, possiamo muoverci più facilmente , di avere spazio per parcheggiare la nostra auto e caricare la carrozzina senza intralci, dove strutture specifiche ci aiutano nella vita di tutti giorni a far crescere Daniele sereno”.
La conversazione con loro è piacevole ed intensa. Io a tratti mi commuovo insieme a loro e senza farne mistero, ogni tanto gli occhi si gonfiano.
Fulvio mi mostra una foto stupenda. La sorella che porta a passeggio con i suoi amici suo fratello maggiore in carrozzina.
È molto fiero di questa foto ed ha ragione ad esserlo. A 13 anni si fa fatica a governare la disabilità, a gestirla con i pari ed in quel gesto lui ci vede, ed io concordo, un passaggio fondamentale della consapevolezza di Margherita.
Chiedo al fratellino piccolo di avvicinarsi a me. Si chiama Alessandro, ha un caschetto meraviglioso e fa il timido. Gli chiedo di raccontarmi una cosa bella ed una cosa che gli dà fastidio di Daniele. Abbassa lo sguardo. All’improvviso mi guarda dritto e dice “ lui ogni tanto sputa“. Ridiamo tutti, è vero Daniele ogni tanto sputa e mica è tanto bello avere uno che ti sputa accanto. Poi si ammutolisce e non riesce ad andare avanti. Allora io lo rassicuro. Gli dico che sono certa che saprà trovare una cosa bella sul fratello maggiore. Che ci può pensarci, abbiamo tempo.
Torno a casa, con una gratitudine immensa nel cuore per l’opportunità che ho avuto di conoscere questa famiglia pazzesca. Di conoscere il loro sacrificio senza remore, il loro dolore senza pietismo, la loro speranza senza illusione.
Il giorno dopo mi arriva un messaggio di Paola. Sembra che alla fine la mia focaccia sia piaciuta. Ma soprattutto mi scrive per dirmi che ha un messaggio da parte di Alessandro, il loro piccolo.
“Mamma, puoi dire alla signora di ieri che ci ho pensato e che la cosa più bella di Daniele è che lui sorride sempre. Che lui è sempre felice”.
Io, invece di essere felice, ancora una volta mi scopro commossa.
Diletta, Houston