Tutto mi sarei aspettata da questo ritorno in Europa, tranne una cosa. Ed ovviamente, quello che non ti aspetti è sempre ciò che accade.
Insomma, mai avrei pensato che la mia bambina, Beatrice, potesse avere problemi di adattamento a scuola. Ma come? proprio la mia bimba che a Taipei, a ventidue mesi, aveva varcato la soglia della preschool dicendo semplicemente “bye bye” al suo papà e a me? Senza una lacrima, anzi, cominciando già a duecento metri dall’entrata, dal passeggino, a indicare la porta tutta sorridente?
La mia bambina che, spostata a Shanghai pochi mesi dopo, aveva replicato la scena di fronte al suo asilo anglo-cinese? quella che si metteva a piangere quando la andavo a prendere, quella a cui ad un certo punto, per disperazione, ho allungato l’orario settimanale?
Sempre la stessa bambina, trasportata a Bali, aveva frequentato un’altra preschool ancora, trovata al volo per far sí che durante quei pochi mesi di permanenza avesse dei bimbi con cui giocare (e liberare la mamma, ai primi mesi di gravidanza e distrutta da un sonno incoercibile).
Il primo giorno di scuola, a inizio settembre, abbiamo camminato tranquillamente fino alla maternelle. Bea rientrava in MS, Moyenne Section, la classe cioè dei bambini che hanno compiuto o compiranno i quattro anni entro fine anno.
Beatrice era entrata in lacrime, sotto il nostro sguardo attonito. Ci eravamo detti che era a causa dei troppi cambiamenti, di questo anno pazzo per tutti e per noi pure, fatto di traslochi, aerei, cambi di programma, quarantene e valigie. Nel quale aveva vissuto in tre case differenti.
E invece, già il pomeriggio venivo chiamata da scuola. La maestra, nonchè direttrice, si diceva inquieta per il suo comportamento oppositivo.
Ora, conosco i miei polli: Beatrice è stata, fin dalla primissima infanzia (direi fin dallo svezzamento…) una bimba dal carattere molto forte. Testarda, decisa, a tratti, devo ammetterlo, capricciosa. Ma a scuola non si era mai posto alcun problema. Anzi, per lei valeva proprio il principio per cui d’accordo, magari a casa non si comportava sempre benissimo, ma a scuola era semplicemente perfetta.
Avevo sempre ricevuto complimenti da maestre estasiate: aiuta nella distribuzione delle bottiglie d’acqua ai compagni, gioca con tutti (anche quando ancora neppure parlava), aiuta la maestra a mettere a posto sedie e banchi, partecipa a tutte le attività.
Cosa era successo? Per settimane ad ogni squillo del telefono sono saltata in aria, pensando che fosse la scuola. Per giorni il papà è andato a prenderla in ansia, perchè quasi sempre veniva fermato dalla maestra, che raccontava di disubbidienza, opposizione, non partecipazione.
Certo, non parlava francese. Ma neppure parlava inglese o cinese nelle precedenti esperienze. La maestra capiva i suoi trascorsi, ma insisteva anche sul fatto che ci fossero delle regole da rispettare. Che la sua collera andava seguita.
Abbiamo discusso, pensato, cercato, riflettuto. E oggi, mentre scrivo, la mia mente è più lucida, soprattutto dopo che ci è stato detto che va molto meglio, che ogni giorno di più si sta integrando, che dobbiamo essere contenti, che il peggio sembra essere alle nostre spalle. Che siamo tutti più sereni.
Quello che crediamo è che il passaggio sia stato doloroso perchè, 2020 a parte, la scuola materna in Francia è una vera scuola. Dove certo si gioca e si colora, ma dove si impara e dove viene richiesto ai bambini di seguire un programma, delle istruzioni.
Una scuola dove non esiste inserimento: persino i piccoli della Petite Section, molti dei quali non avevano mai frequentato un asilo prima, venivano lasciati all’ingresso dai genitori, soli fin dal primo giorno. Persino a me, che non sempre mi trovo d’accordo con l’inserimento infinito all’italiana, sembrava troppo. Difatti, per giorni ho assistito a scene di lacrime e di bambini presi di peso e portati dentro.
In Francia si tiene molto al gruppo, alle regole e al seguirle come requisito fondamentale del saper vivere. Una compattezza che spesso poi ritrovo anche negli adulti, in una certa mentalità che mi era sempre piaciuta anche, per certi versi.
Mi sembra ci sia meno tolleranza verso i capricci dei bimbi, e per una testarda come la mia, che arrivava da esperienze asiatiche, dove la dolcezza estrema con cui venivano accuditi i più piccoli spesso mi stupiva. Mi sono venute in mente le scenate di Bea quando non voleva venire via da scuola, o quando si arrabbiava perché non era il suo adorato papà a venirla a prendere. Mi sono tornate in mente le maestre cinesi e il loro allungare un cioccolatino, le maestre balinesi e le loro infinite pazienza e tranquillità.
E mi sono scontrata con un mondo in cui la maestra semplicemente ci diceva che “non è lei che decide”. Mi sono confrontata con altre mamme con bambini piccoli a scuola in Francia e ho avuto lo stesso feedback. Giá dalla materna vige una certa severità.
Intendiamoci: non voglio assolutamente dire che le maestre francesi siano poco affettuose coi bambini, ma sicuramente c’è una certa rigidità in più. Inoltre credo un altro lato da prendere in considerazione sia anche il fatto che ci troviamo in una cittadina, diciamo pure un paesello se confrontato alle metropoli in cui abbiamo vissuto. Qui non c’è un ambiente di espatrio, dove molte insegnanti si trovano spesso a confrontarsi con bambini delle più svariate provenienze che magari a cinque o sei anni sono già al terzo trasloco, o alla quarta scuola.
I bambini stranieri sono molti: italiani, portoghesi, nordafricani. Ma vengono tutti inseriti nel sistema Francia, se cosí si può dire.
Noi stessi a casa ci siamo impegnati a non far passare più certi capricci. Ci siamo analizzati, e, seppure ci fossimo resi conto che non eravamo d’accordo col modello francese in tutto e per tutto (anzi, rimangono ancora molte perplessità), per una serie di ragioni eravamo spesso stati troppo indulgenti con Beatrice.
Abbiamo spesso tollerato alcuni eccessi di collera e alcuni comportamenti alla luce del fatto che fosse comunque una bambina che era stata sballottata fin da piccola dietro ai nostri traslochi. Al suo carattere. Al fatto che fin da piccolissima fosse spesso malata e dunque estremamente coccolata. Insomma, gliene abbiamo fatte passare qualcuna di troppo.
Dall’altro lato, non ero d’accordo con un modello che tendeva ad uniformare tutti i bambini in questo sistema in cui le parole più usate erano “regole”, “stare nel gruppo” e “seguire il gruppo”. Sono profondamente convinta che i bambini vadano capiti e valorizzati anche nei loro lati meno piacevoli, senza forzature. Ma capisco anche che qui, in classi da venticinque bambini (a volte fino a trenta) non sempre ci sia spazio per un progetto personalizzato (come accadeva nelle preschool precedenti, dove non erano mai più di nove o dieci, e con due o tre maestre…).
Sono state settimane intense, che spero davvero siano terminate. Forse però le nostre lacrime non sono state versate invano: devo ammettere che, dopo due mesi e mezzo, mi ritrovo con una bambina sicuramente sempre dal forte carattere, ma molto più ubbidiente, che ascolta molto di più.
Non posso sapere se tutto questo sarebbe avvenuto comunque o se questo impatto molto forte a livello scolastico sia stato davvero determinante.
Insomma, quando si dice mixed feelings…
Veronica, Francia
Veronica ho letto tutto d’un fiato il tuo post e mi e’ salito un groppo in gola. Abbiamo vissuto esperienze molto simili, e molto, troppo , dolorose, nei nostri anni in Francia, quando i miei due figli piu’ grandi hanno frequentato maternelle e primaire. Quanto sofferenza, quanta poca comprensione e zero empatia per ” l’essere bambino”, pochissima comprensione del bilinguismo e troppo “militari” come dicevamo noi. “moi je suis la loi” mi disse una volta la maestra quando le spiegai che mio figlio non amava dare i baci all’ingresso la mattina e che per lui era una sofferenza, ma lei diceva che quella era la regola, e lui doveva rispettare le regole. Guarda potrei raccontare per ore ma poi mi verrebbe da piangere. Da 5 anni siamo in Inghilterra e , nonostante i difetti del sistema scolastico (come tutti del resto) i miei figli sono rinati, felici, sono rispettati come esseri umani “bambini”, c’e’ un’attenzione pazzesca alle emozioni, c’e’ empatia e rispetto. Hanno riacquistato tutta quell’autostima che le maestre avevano distrutto. Ti abbraccio e spero di cuore che andra’ meglio per la tua bimba.
Grazie Fabiana, come ti ho gia detto sulla pagina Facebook, avevo letto molti dei tuoi vecchi post sulla scuola francese e avevo capito la tua ansia… per ora non abbiamo molta scelta ma grazie davvero. Un abbraccio.
Leggo questo post e mi ritrovo in pieno. Abbiamo 5 figlie. In casa ci sono delle regole per ovvi motivi. Con 5 creature se non siamo un poco rigoroso, è il delirio. Cambiamo paese ogni anno. La nostra figlia maggiore ha 13 anni e ha cambiato casa 15 volte e 10 volte la scuola. Non mi interessa farmi amici. Ma ritengo la scuola francese la peggiore in assoluto di tutte quelle che abbiamo frequentato. Per metodo, piano di studi, approccio. Tieni conto che la abbiamo frequentata a Parigi, in un quartiere ricco di varie nazionalità, le mie figlie sanno il francese. Mai mai mai più. Abbiamo frequentato sempre scuole molto valide sulla carta. Quando ci trasferiamo, diamo importanza alla sanità e all’istruzione più che al luogo stesso. Ma potrei scrivere un libro sulle motivazioni che ci hanno fatto dire mai più scuola francese. Non so per quanto tempo starai in Francia, finché è la materna, porta pazienza. Ma se siete espatriati per vocazione, valuta se continuare gli studi alla scuola francese. Noi abbiamo fatto molta fatica a rientrare negli standard della scuola successiva. Scusami la durezza, ma in questo periodo di pandemia mondiale, ci siamo accorti di quanto la cultura delle nuove generazioni farà la differenza.
Grazie! Mi informerò presto per un’altra scuola, privata, vicina a casa, della quale dicono molto bene. Purtroppo siamo in una cittadina piccola e le scelte non sono moltissime!
Io forse sarò fuori dal coro, ma a me la scuola francese manca. Passare dalla Francia a Roma è stato poi uno shock incredibile, un po’ rientrato ora che siamo in Friuli (mentalità un po’ più “tedesca”), sarà che siamo militari nell’animo e nella professione (io ex), ma a noi le regole francesi a scuola sono sempre piaciute! Forse siamo stati fortunati con la scuola, piccola in una città medio grande, ma anche le maestre erano magnifiche, solo la direttrice che teneva i piccoli era più rigida, ma per il resto tutte molto carine.
E, sinceramente, i miei figli erano molto più equilibrati lì che in Italia, infatti da quando siamo rientrati sono molto meno gestibili perché imitano quello che li circonda secondo me.
Grazie per questo commento. Come dicevo nel post, anche se non sono del tutto in accordo con la metodologia, anche io mi ritrovo con una bambina sicuramente piu equilibrata ed ubbidiente. A volte mi dico che forse il “lavoro sporco” se lo sono accollati loro, avendo io cmq una figlia poco incline alla disciplina… anche se siamo passati attraverso una grande ansia.
Guarda, io conosco la scuola francese del passato attraverso i racconti di mio marito, non quella presente, quindi non so dirti. Pero’ quella italiana, perfetta a nido e materna, alle elementari non mi piace per nulla e dire che è rigida è riduttivo. Io poi sono una da regole abbastanza ferree, per gestire tre figli da sola, perciò il “metodo francese” in teoria ma non l’ho mai sperimentato con i miei figli.