Luglio 2020. Sydney. Inverno.
Mentre scrivo, sarei dovuta essere in Italia, a casa, insieme a tutta la mia famiglia e agli amici di sempre.
Avevamo previsto quattro settimane. Stiracchiatissime, perché qui in Australia siamo nel pieno dell’anno scolastico e le vacanze invernali durano poco.
Due settimane di assenza, per gioire di casa, calore e famiglia, ci sembravano accettabili.
Avevamo dei progetti.
Piccole cose, ma che aspettavamo. Mettevamo le crocette al calendario.
Nostro figlio maggiore fremeva da mesi per riabbracciare gli amici.
Voleva stare con i nonni e godersi il mare calabrese.
Finalmente quest’anno avrebbe potuto partecipare a un workshop di teatro: da tre anni aspettava di raggiungere l’età richiesta.
Faceva il conto alla rovescia anche per il campeggio di vela con il compagno del cuore.
Sta crescendo e, se da piccolo si separava da noi un po’ felice e triste della sua autonomia, adesso aspettava carico di sola gioia.
Il piccolino aveva un unico, grande desiderio, che si riassume in tre parole: mare, nonni, cibo italiano.
Per noi, all’orizzonte, c’erano due weekend di soli adulti.
Il primo a Marsiglia per vedere Manifesta, una mostra d’arte itinerante, che si svolge ogni anno in una città diversa d’Europa (lo scorso anno era a Palermo).
L’altro a Venezia con amici fraterni.
Il tempo speso in Europa è sempre prezioso. Per immergerci nel nostro mondo, nel nostro stile di vita. Stare accanto ad affetti solidi, rivederli, ritrovarli, raccontarci, nutrirci… è molto importante per noi.
Quest’anno lo aspettavamo ancora di più.
Il 2020 ha portato grandi prove per tutti.
Avremmo voluto stringere forte i nostri genitori. Volevamo correre a casa, abbracciare le famiglie, accertarci che questo momento non abbia lasciato solchi, ma solo segni.
E invece tutti i piani sono saltati per i confini chiusi.
Non abbiamo scelta di fronte alle scelte dei governi e, per ora, pare che il mondo da sempre più grande, stia diventando sempre più piccolo.
Accettiamo di buon grado tutto.
Siamo fortunatissimi e ne siamo consapevoli.
Siamo in un paese che ci ha permesso una certa libertà , anche durante il lockdown. La vita sta ricominciando in modo normale.
Ci sentiamo sicuri nel caso di emergenze.
È veramente tantissimo.
Il prezzo da pagare, però, è alto. È quello di essere chiusi al resto del mondo.
Per il momento, uscire dal paese, significa non poterci rientrare. Servono permessi speciali, per motivi specifici che riguardano affari, condizioni mediche, interessi nazionali e motivi umanitari.
Tra i rischi della vita expat, credo nessuno avesse immaginato di dover mettere in conto l’impossibilità a viaggiare.
Conosciamo persone rimaste fuori dai paesi ospitanti.
Famiglie rimaste divise tra due continenti.
Persone che hanno perso il lavoro.
Peggio ancora, persone che hanno perso affetti.
Sono ben consapevole di non essere tra quelli che vivono le situazioni più complesse.
Voglio rimarcare una cosa però… perché troppo spesso sento soffocato il diritto a dire che questo mi addolora.
Che sia chiaro:
non è la vacanza a mancare.
Manca l’idea di poter tornare a casa.
Manca la prospettiva del quando sarà possibile.
È un piccolo vuoto di cuore.
Non è mai stato nei nostri piani impiantare la nostra vita all’estero in maniera permanente. Viviamo fuori per lavoro, abbiamo sempre considerato casa l’Italia e la certezza di tornare è sempre stata una delle condizioni mentali che ci hanno reso leggero andare lontano.
Resto consapevole del nostro privilegio perché, alla fine, siamo sempre noi a scegliere dove volgere lo sguardo e io cerco di guardare la realtà con occhi neutri.
Scelgo di osservare la sua faccia che porta doni e non il suo lato che porta mancanza. E questo vuoto di cuore non deve essere per forza qualcosa di negativo.
Può anche diventare uno spazio.
Può diventare un allenamento per guardare il mondo con gli occhi del non attaccamento; che non significa soffocare la tristezza, ma accoglierla e prendersene cura. Dandoci il permesso di sentirla.
Allenarsi a stare nel presente.
Quale occasione migliore per esercitare questo proposito?
Non c’è nulla di più urgente, che vivere e valorizzare la vita. La vedo così.
Oggi scelgo di stare nella pienezza e di accettare le cose così come sono.
Con la consapevolezza che non avrebbero potuto essere in nessun altro modo.
Ma, come mi ha ricordato l’amica di fuso Monica, pochi giorni fa,
“Just because you carry it well, doesn’t mean it’s not heavy”
Â
Manuela, Australia
Non avrei potuto scrivere di meglio.
Ciao
Roberta, Singapore
Grazie di cuore per leggermi e farmi sentire la tua vicinanza!
manuela
Ciao Manuela, in tanti la stiamo vivendo esattamente come te.. e tu sei ancora più lontana di noi. Grazie della tua riflessione comunque positiviva che appoggio completamente. Siamo comunque fortunati nonostante le rinunce. Ti abbraccio
Silvia, Singapore