Michigan, novembre 2019 – Probabilmente questo articolo non dirà nulla di nuovo alle mogli espatriate di lungo corso però, se ti stai accingendo a leggere questo post, probabilmente avrai ricevuto anche tu una telefonata da tuo marito che, con nonchalance, ti ha parlato di un possibile trasferimento dall’altra parte del mondo per un indefinito periodo di tempo.
Forse eri al lavoro, oppure in palestra, magari stavi ritirando tuo figlio dall’asilo oppure eri in fila alla cassa del supermercato. Insomma, qualunque fosse l’attività cui ti stavi dedicando, quella che ti era sembrata essere una giornata qualunque, si è trasformata in una delle più incasinate della tua vita.
Perché diciamocelo: che la si prenda bene o che la si prenda male, una notizia del genere cambia la vita.
La mia telefonata è arrivata una mattina di maggio mentre ero in ufficio: “Mi hanno proposto un trasferimento di due o tre anni in USA” dice mio marito dall’altra parte del telefono. SBADABOOM. SHOCK. SILENZIO. Nei tre secondi che probabilmente sono passati prima di rispondergli credo siano passati nella mia testa 258.999 pensieri. Tutti ovviamente contrastanti.
In tutta onestà una notizia del genere non arriva quasi mai totalmente inaspettata. Almeno nel nostro caso, io e mio marito parlavamo da anni di volerci trasferire, ma quando ricevi questa benedetta telefonata, che rende reali e concreti pensieri ed elucubrazioni che sino ad allora erano rimasti solo tali, ragazze, la cosa cambia davvero!
Se fino a un minuto prima pensavi solo agli aspetti romantici della cosa, improvvisamente vengono alla mente solo i risvolti negativi.
“Come farò con il lavoro?” “Sarà giusto separare i nonni dalla loro piccola nipotina?” e viceversa “Non saremo egoisti a privare nostra figlia dell’affetto dei nonni?” “Ce la faremo economicamente?” “Come faremo a lasciare famiglia e amici e ritrovarci soli in un paese sconosciuto?” “Saprò affrontare i cambiamenti e sarò sufficientemente forte da non farmi prendere dall’ansia?” E via così, potrei scriverne a decine.
Ansia, smarrimento, disorientamento e confusione sono sentimenti con cui, in misura diversa, ogni espatriato deve fare i conti.
CULTURAL SHOCK è un termine utilizzato proprio per descrivere questi stati d’animo provati da coloro che si trovano a dover affrontare un improvviso cambiamento dello stile di vita. Il termine è stato coniato dall’antropologa statunitense Cora DuBoisnel 1951, mentre nel 1954 il canadese Kalervo Oberg ha rielaborato la teoria secondo la quale lo shock culturale sarebbe catalogabile come “malattia professionale”, completa di fasi e relativi sintomi.
Sul sito www.internations.org – una community internazionale che unisce persone che vivono e lavorano all’estero, si può leggere un interessante articolo al riguardo, dove si analizzano, numeri alla mano, come il Cultural Shock possa contribuire in maniera significativa al fallimento delle esperienze di lavoro all’estero.
Nel periodo compreso tra i sei mesi ed i due anni, il 25% dei lavoratori espatriati, il 20% delle assunzioni internazionali ed il 31% delle mogli di espatriati provano sentimenti di infelicità a causa del Cultural Shock. Fortunatamente poi le percentuali si abbassano drasticamente per coloro che superano di due anni di espatrio. (https://business.internations.org/insights/culture-shock-mainly-affects-relocating-spouses)
Insomma è un dato di fatto: il CULTURAL SHOCK colpisce tutti coloro che si trasferiscono in un paese lontano. E’ importante quindi riconoscerlo e assorbire il colpo nel migliore dei modi, mantenendo un pensiero positivo, creando connessioni, tenendo la mente aperta.
Nella mia esperienza personale ho trovato molto utili i sette consigli di Amanda Thompson pubblicati su www.goabroad.com(https://www.goabroad.com/articles/culture-shock-stages) su come affrontare il Cultural Shock che ho vissuto alla fine del 2018, trasferendomi con mio marito e mia figlia di due anni in Michigan (USA).
Eh sì perché alla fine, dopo quella telefonata di maggio, dopo mille pensieri, dopo decine di liste fatte con l’elenco dei pro e dei contro, abbiamo fatto le valigie, ritenendo che per noi la scelta migliore fosse di vivere questa incredibile esperienza.
Il primo passo fatto per superare il Cultural Shock è stato accettare il cultural shock. Ho accettato come mi stessi sentendo senza cercare di mostrarmi forte a tutti i costi. Ho preso consapevolezza dei sentimenti che stavo provando e ho trovato qualcuno con cui parlarne.
Datti tempo! Mi sono presa il mio tempo, non sforzandomi di essere felice ma cercando di creare connessioni e legami con altre persone per ricreare un ambiente familiare nel nuovo posto in cui mi trovavo. Da espatriato potrai costatare personalmente che sarà più facile stringere legami con altri espatriati che in brevissimo tempo diventeranno la tua “nuova famiglia”.
Esci di casa! Io sono uscita a piedi per tutto l’inverno per far addormentare mia figlia con il passeggino, anche se fuori nevicava e faceva freddissimo (in Michigan la neve arriva a novembre e va via ad aprile e si arriva fino a -20°!),
Programma viaggi! Uno dei vantaggi dell’essere espatriato è trovarsi dall’altra parte del mondo e poter visitare con molta facilità luoghi lontani che ora non sono più così tanto lontani. L’esperienza di un viaggio quando sei espatriato ti farà incontrare nuova gente, vedere nuovi posti ma soprattutto ti farà provare la sensazione di tornare “a casa” al rientro dal viaggio, il che non è banale se ci pensi un attimo.
Diventare moglie di un espatriato può non essere sempre facile, ma se accetti la sfida e ti prepari ad affrontare anche i momenti down, la scelta sarà vincente.
Sono Claudia, espatriata in Michigan da ottobre 2018 insieme a mio marito e mia figlia di due anni. Ho messo in stand-by una carriera nel campo della Comunicazione e dell’organizzazione di eventi ed ho messo un oceano tra mia figlia e i suoi amati nonni.
“We travel not to escape life, but for life not to escape us” (cit.).
Claudia