“E ora che faccio?”
Arriva per molte, in espatrio, magari dopo qualche mese, magari dopo qualche anno, il momento in cui si sente l’urgenza o il desiderio di ricrearsi degli spazi tutti nostri. Di riprendere in mano la nostra vita, la nostra identità, oltre a quella di moglie/mamma di.
Magari la nostra identità lavorativa.
Bene. Magari rispetto alla vita che abbiamo lasciato in Italia abbiamo opportunità diverse perché finalmente possiamo inventarci da zero, se il lavoro non ci piaceva o soddisfaceva del tutto.
Magari lo adoravamo, ma dove viviamo, per qualche motivo, che sia la lingua, gli impegni familiari, il mercato del lavoro locale, non possiamo riprendere semplicemente da dove ci eravamo fermate e ricominciare a svolgerlo.
E quindi cosa faccio? Cosa posso fare? E cosa voglio fare davvero?
Questa idea per alcune è elettrizzante. Per altre però è non dico terrorizzante, ma ci lascia come bloccate. Della serie: bella domanda. Non ne ho idea. E più ci penso più mi viene il panico e l’horror vacui insieme.
Aiuto! Non so far nulla! Non so che fare! La mia vita è finita!
Ok, ora sto volutamente esagerando, però ci sono situazioni in cui obiettivamente ci si sente bloccate o impaurite.
Proprio in questo periodo sto preparando dei percorsi di lifedesign, e una delle cose che mi hanno convinta a testarlo e approfondirlo come metodologia di coaching è questo potere creativo e sbloccante, come liberatorio.
Il pensiero che ci sta alla base è: non esiste una unica vita (e chi emigra del resto lo sa bene, no?) o una idea unica per la vita. Esistono molte vite e il bello è che le puoi vivere tutte felicemente e in modo produttivo, non importa dove ti trovi e quanti anni hai.
Molti pensano che esista la grande idea, e che se non la centri, sei fregato. Se fallisci, il tuo treno è passato e non sarai felice.
Nulla di più sbagliato e limitante! Riformuliamo questo pensiero: non esiste l’idea perfetta. Esistono tante idee, e forse averne più di una in un mondo in cui ci sembra ( e sottolineo il ci sembra) che tutti sappiano perfettamente in che direzione stanno andando, ci spaventa. Ci fa sentire confusi e bloccati. Non è così. Pensiamo come designer: più idee abbiamo, più avremo la possibilità di trovare quella che funziona per noi! Non affezioniamoci alla prima idea che ci viene in mente. Raramente la prima soluzione è quella che funziona.
Prima di tutto, non spaventatevi se non avete una passione chiarissima. Sapete che meno del 20% delle persone ne ha o sa di averne una? Tantissimi percorsi di coaching o di personal branding partono da questa domanda, ma il problema è di nuovo che ci blocca. Pensiamo piuttosto a cosa ci dà energia e piacere. O pensiamo a cosa faremmo anche gratis? Cosa ci piaceva quando eravamo piccole?
E nel nostro vecchio lavoro? Cosa ci faceva sentire davvero appagate e soddisfatte. Non deve essere una grande passione, ma una riflessione sulle piccole cose che ci piace davvero fare.
Ora ti propongo un esercizio: fai una specie di diario dei tuoi momenti buoni. Trova qualcosa che ti coinvolge tanto da dimenticarti che il tempo passa ed una che ti dà energia. Scrivile al centro di due fogli e fai per ognuna una mappa mentale. Parti dalla parola che hai scritto al centro della pagina e scrivi per associazione mentale libera una serie di parole che ti vengono in mente. Quando hai finito procedi con un secondo anello. Scrivi velocemente senza fermarti a pensare, la velocità ci aiuta a eludere il nostro censore razionale e creare uno spazio mentale per nuove intuizioni.
In un certo senso ti sto dicendo di abbracciare questa confusione e fartela amica. È il momento di tirare fuori più idee possibili. Anche le più strampalate e improbabili. Più idee significa più intuizioni, più possibilità che ne emerga una davvero buona.
Vi lascio con una citazione davvero azzeccata:
“C’é grande confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”
Buona strada,
Valentina, Svizzera
Che bel post! Arriva al momento giusto: pochi minuti fa (!) ho detto a mio marito che sto facendo pace col fatto di non sentirmi “arrivata”, se anche faccio progetti che poi la vita mi scombina, mi va bene così. Mi destabilizza, certo, magari mi arrabbio pure, però vedo di non prenderla più come un fallimento, una sconfitta.
Negli ultimi dieci anni ho cambiato strada diverse volte: quando parlo del passato, dico “qualche vita fa”; fino a “un paio di vite fa” mi spaventava non sapere bene dove sarei approdata, ora ho capito che fa parte del gioco, fa parte di me…quando non è la vita che cambia, sono io che non so star ferma