Sono diventati grandi i nostri figli e hanno preso il volo, sono diventati figli lontani: partiti da soli per altre città e paesi.
Quasi non tornano più a casa, ma non perché non stiano bene con noi, solo perché non possono: non hanno ferie, costa troppo tornare a casa, oppure ci sono progetti di vita da costruire che li portano a dover occupare il tempo libero in altri modi.
Sono indipendenti. Si muovono bene nelle loro nuove realtà, ma certe volte hanno ancora “bisogno” di noi.
Altre volte hanno voglia di condividere la loro vita, sia le cose belle sia quelle brutte, o le loro ansie e sentirsi ascoltati e vicini alle persone che vogliono il loro bene prima di tutto. Oppure hanno anche solo bisogno di soldi, se non sono ancora indipendenti economicamente, ma i genitori servono anche a questo….
Noi, quando nostra figlia ha bisogno di noi, lo capiamo da messaggi con chiamata video su Whatsapp, da telefonate inaspettate, quando viceversa di solito risponde brevemente ai nostri messaggi, con un “Tutto bene” su Messenger.
Dai, lo sappiamo. Lo facciamo anche noi con le nostre famiglie lontane. Se tutto va bene poche parole bastano, se no sappiamo che ci sono. Sono pronti ad ascoltarci a braccia aperte, ma si preoccupano.
Non è facile essere genitori da lontano: non è facile essere presenti e defilati allo stesso momento.
Io mi preoccupo.
Per la lontananza sono propensa ad ingigantire le cose, ma preferisco comunque saperle.
Eppure so che ci sono cose che non mi dice, oppure è meglio che io non sappia.
Mia figlia abita in una metropoli, si muove da sola e sono sicura (anzi lo spero) che esca la sera con gli amici. La penso da sola prendere la metropolitana, camminare di notte per quelle strade semibuie ed arrivare da sola a casa.
Se so che è fuori, mi preoccupo; se non lo so, sto tranquilla. Ho fatto mio il motto: “lontano dagli occhi lontano dal cuore”.
Quando sono in USA anche io di solito dormo quando lei torna a casa, ma ero in Italia quando una mattina mi sono svegliata e l’ho vista online. Per lei era l’una di notte.
Era sulla metro che tornava a casa… ebbene le ho tenuto compagnia fino a che non è entrata in casa, chiacchierando con lei, ma nel frattempo tenendo sotto controllo che non “le succedesse niente”, finché non ha richiuso la porta di casa dietro le spalle.
Non le ho detto che la tenevo al telefono per sapere che stava andando tutto bene. Se le fosse successo qualcosa che aiuto potevo darle? Zero. L’ho fatto per me.
Siamo ancora noi (io e suo padre) le prime persone che chiama quando le succede qualcosa, bello o meno bello che sia.
Ci trasformiamo così in consulenti di lavoro, stilisti di moda, psicologi o supporter sfegatati a seconda dei casi.
Se c’è un esame da dare o un’intervista di lavoro, un messaggino di “in bocca al lupo” glielo mandiamo appena prima dell’inizio e aspettiamo che ci dia le sue impressioni quando esce. E lei lo fa.
Ma credo lo faccia perché le fa piacere, non perché glielo chiediamo noi. Abitando lontano potremmo anche non sapere niente di ciò che le succede e vivere benissimo lo stesso.
Ogni tanto ci capita anche di fare shopping “insieme” , al telefono, mentre guardiamo pagine di siti online e ci scambiamo opinioni su un indumento oppure un altro.
Oppure capita che le presti qualcosa di mio (abbiamo quasi la stessa taglia) “ Mamma, te lo metti ancora quel vestito?” “ Mamma, quella sciarpa….”: allora metto tutto in una bustona e le spedisco quello che le serve. A lei fa piacere avere le mie cose e a me fa piacere sapere che mi “ruba” ancora i vestiti come quando era al liceo e dormiva nella camera di fianco alla mia.
È un gioco di continui equilibri, tra l’essere presenti e non esserlo troppo. La sentiamo di solito una volta la settimana, ma ci sentiamo più spesso se ci sono cose fuori dalla routine.
Altrimenti magari ci scambiamo un messaggio, oppure a me basta vedere il puntino verde vicino a Messenger o una sua foto su instagram stories e so che sta bene.
Mi domando se questo modo di vivere l’avere i figli lontani e da soli sia la normalità, se io sia “troppo” oppure “troppo poco”.
Quando andiamo a trovarla, ci porta a visitare i suoi luoghi e abbiamo conosciuto i suoi compagni di casa e colleghi di lavoro.
Non mi sembra di essere troppo invadente, ma mi piace condividere le cose belle (ma anche essere la spalla su cui mia figlia si può ancora appoggiare se deve essere consolata).
Non è facile avere figli lontani, lasciarli andare e sto imparando. Sono ormai 6 anni che non vive più a casa, e sono ancora qui che dico: “sto imparando”.
Chissà se ce la farò mai.
Claudia, Wisconsin
Ha collaborato con Amiche di fuso da settembre 2015 a dicembre 2019. Potete continuare a seguirla su Un’alessandrina in America
Che bella riflessione! I miei figli sono piccoli, ma già spero per loro un futuro ricco di opportunità e che li porti a fare quello che li renderà felici: metto in conto che, se a loro andrà, si allontaneranno…lo spero! Forse spero che riescano a fare quelle esperienze che io non ho potuto/voluto fare. Sento già che sarà difficilissimo saperli lontani e le parole che usi rendono bene la difficoltà di stare in equilibrio: da un lato li spingi…dall’altro vorresti trattenerli…
E` un balletto: cerchi di esserci, ma di non essere troppo invadente….io pero` ci riesco meglio di mio marito, che se nostra figlia non risponde ad un messaggio o ad una telefonata si agita immediatamente. Ce la farai, vedrai! ( ma metti in contro qualche “mammmmaaaa” stizzito comunque, perche` si rimane sempre mamme e la voglia di dare qualche consiglio, anche se non richiesto, rimane…;-) )
Bellissimo articolo… parola di figlia lontana da mamma e papa’ 🙂
Grazie Nicole!
Bello leggere queste riflessioni così profonde, sono la mamma di una figlia lontana da solo un mese e sembra già un secolo. Ogni giorno mi esercito ad imparare ma le lacrime sono facili e la mancanza e tantissima…
Imparerò a convivere con questo enorme senso di mancanza che sembra una voragine, e qui tra il cuore e lo stomaco..ma anche negli occhi e nell’udito…mi manca la sua persona e la sua voce.
Benedico ciò che non ho mai pensato inutile, la comunicazione moderna, che abbatte le lontananze.Posso vederla e sentirla, quando vuole e decide lei, con pazienza aspetto il momento per sentirla vicinissima anche se così no è…
La mia ragazza è a Granada, in Spagna, noi a Napoli.
Penso che sia colpa della Sardegna se non la vedo…in fondo Granada è proprio qui di fronte a Napoli…un’idea stupida che mi aiuta a sorridere.
Giuseppina, sai che ti capisco! Mi fa piacere che le mie riflessioni, scritte con il cuore, siano di aiuto a chi sta vivendo la stessa mia situazione. Io penso sempre che la lontananza talvolta sia il “piccolo” prezzo da pagare per vedere i nostri figli felici ed appagati. Forse noi italiani siamo ancora ora poco abituati a queste partenze: una mia amica era in panico perche` il figlio si spostava di 30 km…..ma qui in USA e` talmente improbabile che un figlio rimanga nello stesso luogo dove e` nato, che il distacco deve messo in conto gia` quando a 18 anni vanno all’universita`. Vedo e sento dai tg italiani e tramite il mio blog dalle voci di tanti giovani expat, che lo spostarsi sta diventando sempre piu` comune anche in Italia, e forse e` solo un bene! Un caro abbraccio!