Ve la ricordate? La mia amica Marilena, quella che è espatriata da sola. Quella che dalla Polonia è finita in Giappone dopo varie vicissitudini. Del vivere li ce ne ha parlato in un divertente post, ma cosa si prova a tornare a casa, anche solo per le vacanze, dopo tutto quello che ha passato? Io me lo sono fatta raccontare di persona, voi leggetelo qui e ditemi se provate le stesse cose quando dopo un lungo tempo, finalmente, prendete l’aereo per rientrare a casa.
Il mio rientro a casa dopo nove mesi in Giappone è stato faticoso sotto tutti i punti di vista.
Una trasferta durata 26 ore filate durante le quali ho preso tutti i mezzi di trasporto esistenti esclusi nave , funicolare e bicicletta (ma giusto per le dimensioni delle valigie).
Negli ultimi giorni prima della partenza scalpitavo all’idea di rivedere finalmente la mia famiglia e i miei amici. Durante il viaggio mi faceva commuovere il solo pensiero di riabbracciare mia madre e quando, mentre guidavo, ho chiaramente visto il mio paese ai piedi della montagna che lo separa dal mare che tanto amo, mi sono dovuta fermare per respirare un attimo ed affrontare quell’emozione che vivo un poco ogni volta che rientro, ma questa volta con una potenza mai provata.
Eppure una volta a casa all’inizio era strano… Abbracciavo i miei cari, parlavo con amici e conoscenti che si fermavano a salutarmi e baciarmi e tutti volevano racconti e avevano notizie, eppure io mi sentivo come se stessi guardando dall’estero qualcosa di cui non facevo parte.
Probabilmente ero stordita dal jet-lag, spossata dal viaggio e da tutte le cose di cui dovevo occuparmi mentre mi trovavo in patria, ma la cosa mi ha fatto un po’ male all’inizio. La paura di finire con il non appartenere a nessun luogo mi accompagna dal mio espatrio in Polonia. La sensazione di appartenenza che provavo di solito rientrando a casa era fondamentale per il mio equilibrio psichico, mi ricaricava per il prossimo periodo di ‘esilio’.
Piano piano però ho iniziato a notare un cambiamento, delle scintille di calore accese da una battuta di mia sorella su qualcosa che solo noi possiamo capire, dalla risata argentina di mio zio che ho sempre trovato esilarante di per se, dal modo caotico e caloroso con cui riempiamo le stanze. Lentamente il calore si è esteso agli amici, a quelli che hanno fatto i chilometri per potermi salutare. A quelli che mi aspettavano a braccia aperte per mostrarmi casa loro, a quelli che hanno rubato tempo alle loro famiglie durante le feste pur di stare con me, ai vecchi amici che non vedevo da anni.
Alla fine ero avvolta da una sensazione di amore universale, completamente conquistata dai miei vicini di casa, dalle battute del macellaio, dai modi bruschi e sbrigativi degli impiegati che solo nella provincia di Nuoro riescono ad essere cortesi e allo stesso tempo a farti perfettamente percepire che sei ad un passo dal cazziatone (lo sei sempre, per definizione, in quanto cliente).
Ho riscoperto il senso di sicurezza che viene dal padroneggiare perfettamente la lingua del luogo, dopo mesi di semi analfabetismo mitigati dall’uso dell’inglese che, sebbene io padroneggi ad un livello superiore alla decenza, non è certo la mia lingua madre. Ho passato una fase di stupore generale in cui mi meravigliavo di come le cose venissero risolte più agevolmente di come ricordassi. In cui il disordine organizzato che costituisce spesso il nostro paese non mi dava più così fastidio. Ho iniziato ad avere l’impressione che le interazioni umane in Italia siano più facili, più dirette e a capire che era questo che mi mancava.
Mi è mancato l’umorismo, il sarcasmo, le battute irriverenti, persino le parolacce (in Giappone ci sono pochissime parolacce e non si usano granché)!
Del resto il Giappone è un paese povero di abbracci. Per me in particolare, visto che non ho un compagno lì, ma in generale non si vedono molti abbracci in giro, se non verso i bambini.
Insomma, per quanto inizialmente mi sentissi alienata e distante, il mio paese mi ha saputo riconquistare, imporre quella sensazione di appartenenza che per un attimo credevo di aver perso. Ho iniziato a sentirmi meno grassa, a rendermi conto che in realtà ho perso un po’ di peso. Su questo certamente ha influito la capacità di trovare vestiti che mi stavano, indicanti una misura psicologicamente accettabile.
Al culmine della mia gioia mi sono ritrovata ad auto-complimentarmi delle mie doti di autista dopo un parcheggio in retromarcia in salita da manuale!
Allora ho iniziato a godermi davvero tutto: la mia famiglia, gli amici, il cibo, il clima mite che mi ha accolto quasi come una coccola nonostante fosse pieno inverno, il mare, l’odore dell’aria… E mentre ero assorta in questa beatitudine la mia vacanza è finita e sono dovuta rientrare in Giappone.
Per rendere leggermente più umano il percorso ho passato una notte a Roma da mia sorella. Un ultimo sorso di affetto e familiarità.
Arrivata in Giappone mi sembrava tutto troppo grande e troppo freddo. Per almeno una settimana mi sentivo come se stessi vivendo in una realtà parallela, con la sensazione perenne di essere l’elemento discordante nel quadro che mi si presentava davanti. Col passare dei giorni però la quotidianità si è imposta, con il lavoro urgente da terminare e le varie incombenze di cui occuparmi. Ho smesso di sentirmi strana, e mi sono riappropriata dei mei spazi.
Ho ricominciato a notare le cose che amo di qui. La natura curata come se fosse un dipinto per esaltare le bellezze di ogni stagione, l’ordine, la pulizia, la fusione tra antico e modernissimo che qui sembra proseguire senza sforzo.
Ho iniziato a notare il sorriso di bentornato che mi viene rivolto ogni volta che torno in un posto che frequento abitualmente, a scambiare cenni di saluto con le persone che incontro spesso sulla via del lavoro. Mi ha commosso accorgermi che l’insegnante di Yoga ha imparato alcuni dei comandi in inglese per farmi seguire meglio la lezione. Ormai, se non è soddisfatta della mia postura, viene e mi mette cerimoniosamente in posa lei. Sono tutte cose che, sebbene non riesca esattamente a sentirmi a casa, non mi fanno sentire un elemento alieno e respinto.
Sicuramente qui la mia casa non risplende dell’affetto dei miei cari e forse il cielo non è altrettanto azzurro e l’aria non è altrettanto profumata. Però anche il Giappone è un paese dai colori accesi e brillanti. Certamente non ha l’irruenza dell’Italia, ma muovendosi con la sua grazia sottile può anche riuscire a conquistarti. Con educazione, come da costume nazionale.
Marilena, Giappone
Bellissimo post, vivo in UK da due anni: sicuramente non e’ un mondo distante dal nostro come puo’ esserlo il Giappone, ma mi sono ritrovata nella commozione che si prova a tornare a casa. Grazie!