E così è capitato. Siamo una famiglia in transito. Dopo più di tredici anni in giro per il mondo senza fermarci e senza passare in Italia per più di tre settimane, adesso ci ritroviamo nel limbo degli expat in attesa di destinazione.
Il 2018 è stato complesso e faticoso come vi ho raccontato nel post precedente, ma mi ha insegnato tanto. Non ero però forse pronta ad uno stop così improvviso.
Cosa vuol dire essere in transito? Vuol dire che siamo in attesa di destinazione. Vuol dire che chissà per quanto tempo abbiamo l’opportunità di goderci la nostra casa e la nostra famiglia come non capitava da anni. Vuol dire però anche riabituarsi ad una vita che non è più la nostra, a ritmi che forse avevamo dimenticato e riprendere routine che non ci appartengono.
Si sta bene però in transito, sapete? La nostra casa, la nostra terra, la nostra famiglia. Luoghi che mi hanno visto crescere e che mi hanno accolto con amore. Anche per i miei bimbi è casa, anche se non ci hanno praticamente mai vissuto. Ma si accorgono della nostra felicità , del nostro essere rilassati e sicuri, vedono il nostro sorriso e sorridono anche loro.
Non è sempre facile eh. Riprendere quello che si era lasciato tanti anni fa. Guardarsi attorno e capire come muoversi. La burocrazia, regole cambiate, e la scuola, e cercare un operatore telefonico o semplicemente ricordarsi che qui non c’è l’orario continuato nei negozi e che tutto riapre nel pomeriggio inoltrato. Tutte fesserie eh, ma capitemi. Venire qui in vacanza d’estate quando tutto è rilassato non è come viverci.
Per quanto staremo in transito?
Non ne ho idea. E’ probabile che mio marito venga assegnato ad un altro progetto presto e noi possiamo seguirlo o stare qui. La decisone non è facile. I bambini sono stati “sballottati” da uno stato all’altro in meno di un anno, lasciando amici e luoghi che erano casa. La più grande era visibilmente stufa, e arrabbiata. Arrivati qui in Sardegna l’ho vista rinascere. Casa, amici , famiglia. Il mare.
Mi ha detto: “Ok mamma, io rimango qui. Voi andate pure.”
Li abbiamo iscritti a scuola, non sapendo quanto lunga sarebbe stata l’attesa.
Felicità . Entusiasmo. Gioia pura. Da parte di entrambi. Non avevano mai frequentato la scuola italiana e direi che l’esperienza sta dando ottimi risultati! Si sono integrati benissimo e nonostante qualche “problema” di metodo hanno recuperato tutte le lacune nella loro lingua madre che non avevano mai “studiato”.
Relax. Lo vedo nei loro volti. Sono sicuri, vivono in un ambiente in cui non hanno mai vissuto ma si muovono come se fossero qui da sempre.
Insomma. Ripartire non sarà facile. Ci godiamo questo momento di transizione e prendiamo tutto il meglio di quello che la nostra terra ci offre.
Avete qualche consiglio per noi? Vi siete mai trovati in questo limbo?
Nadja, in transito
E invece per noi il rientro è stato tutto fuorché qualcosa che definirei rilassante. Ma per noi è diverso: mio marito comunque continua a lavorare, se non addirittura più di prima, siamo a Roma, tragica per distanze e spostamenti, comunque lontani da amici e parenti in una realtà decisamente poco family friendly…
Stiamo meditando per questo un periodo di lontananza, tornare a casa mia, mentre lui farà il pendolare…che vite ci siamo scelti, mi chiedo sempre che impatto ha tutto questo sui nostri figli…