Il mese passato vi ho raccontato le brutte abitudini che ho acquisito in oltre 4 anni di vita in Africa (e, tra l’altro, grazie a tutte coloro che hanno coraggiosamente condiviso le loro sulla nostra pagina Facebook).
Questo mese, come promesso, vi parlo delle buone!
Ho smesso di fare shopping inutile
E già, non c’hai i negozi, bella forza. Ennò! Non è solo questo. In realtà quando salgo sull’aereo che mi porta via dall’Angola, penso a una sola cosa (oltre al culatello e alla burrata di cui vi dicevo il mese scorso): Zara. E poi H&M, Mango, Pinko etc. Insomma tutto Corso Vittorio, per farla breve. Sono lì seduta e penso “ahhhhh, domani mi sfondo di shopping”. Già. Peccato che poi una volta nei negozi, mi passi la voglia. Un po’ perché tante cose non avrei occasione di metterle (tipo l’abbigliamento invernale) e poi perché, riflettendoci… a che mi servono? Insomma o è l’Africa o sono diventata vecchia saggia.
Quindi è l’Africa.
Faccio sport re-go-lar-men-te.
In Italia avevo il portafogli pieno di svariate tessere fedeltà che usavo con frequenza. Tutte tranne una. Perché chi di noi nella vita non ha fatto un abbonamento alla palestra e poi non l’ha mai usato? Non so nemmeno io come sia successo: oggi, non solo la mia iscrizione ha finalmente un senso ma mi sono pure unita a un gruppo di corsa che si esercita nel weekend. E, per chi non lo sapesse, correre all’aperto in Africa significa farlo di mattina moooolto presto, onde evitare la calura equatoriale.
I bambini (e i cani): questi sconosciuti!
Ora, questa cosa mi vergogno un po’ a scriverla, ma c’è stato un tempo in cui i bambini (e i cani) stavano a me come il Natale sta al Grinch. Ero una di quelle – bruttissime, lo ammetto – persone che roteano gli occhi se un treenne si siede nella fila davanti a te in aereo o se un pastore abbaia un po’ di più del solito. Ecco, in uno slancio di autolesionismo, in un contrappasso autoinflittomi, in Africa ho lavorato in un asilo e ho preso un labrador. Pazza? Sì, è esattamente questo il termine che hanno usato le persone che mi conoscono meglio. Avevo una tale voglia di cambiamento che ho deciso di stravolgere le mie convinzioni, i miei pregiudizi nei confronti di ciò che non conoscevo (ma giudicavo). Ed è andata alla grande in tutti e due i casi. Ora raccoglierei qualunque cane che vedo in strada e con i bimbi… credo questa foto sia esplicativa, no? (Però il treenne in aereo, possibilmente qualche fila più in là, grazie).
Mangio più frutta e verdura
Con la verdura a dir la verità non ho mai avuto problemi, ne ho sempre mangiata in quantità. La frutta però, no. A parte fragole, frutti di bosco, qualche banana… nah, non sono un’amante. Qui in Africa però ho assaggiato per la prima volta ananas che sanno di ananas, papaya che san di papaya, manghi succosi, maracuja grossi e asprigni (quelli africani sono molto diversi da quelli sudamericani) e avocado finalmente maturi. E son cose!
Ho una diversa consapevolezza del tempo
Non so bene come spiegare questo punto. Mi ritengo una persona piuttosto rigorosa, che ha sempre avuto del tempo una coscienza ben precisa. Nella vita mi sono sempre posta determinati obiettivi da raggiungere in anni diversi; nel lavoro e nello studio delle tempistiche accurate; nel quotidiano odio i ritardatari e, ancor di più, odio essere io stessa in ritardo. Qui sono nel continente del Pole Pole, il tempo è dilatato, è soggettivo. Perché se non è oggi, è domani, o magari dopodomani. È una cosa che agli inizi mi mandava fuori di testa. Ora la accetto, se non completamente, almeno un po’ di più. Non sono padrona degli eventi (o per lo meno non ho su di essi la stessa influenza che avevo in Europa) ma capisco che non posso farci niente e che le cose, se e quando devono accadere, accadranno.
Scrivo. E stavolta di quello che mi piace.
Ho sempre scritto per lavoro. Comunicati stampa, articoli, testi pubblicitari. Peccato che i soggetti non fossero dei più emozionanti: app di comparazione prezzi, cloud computing, piattaforme multicanale per la gestione del cliente… nelle giornate peggiori persino router e modem wireless. Che hai voglia a renderli ‘appealing’. Eppure, a fine giornata, uno o più testi erano sempre pronti. Quando ho lasciato l’ufficio sapevo che lo scrivere, insieme alle chiacchiere alla macchinetta del caffè e ai pranzi dal cinese, sarebbe stato ciò che mi sarebbe mancato di più. Ma poi mi sono detta “ho sempre scritto per ‘dovere’, perché non farlo per piacere, una volta tanto?” Ed eccomi qui.
E ora è il vostro turno: quali buone abitudini avete acquisito nel vostro Paese d’espatrio?
Cristina, Angola
Cristina ha collaborato con Amiche di Fuso da marzo 2016 a novembre 2019
Potete leggere Cristina qui
Io ho imparato a non usare le scarpe a casa. Ma proprio zero, qua in Ungheria si entra anche a casa degli altri senza, si lasciano all’ingresso. Devo dire che ora ogni volta che torno in Italia mi piange il cuore a entrare in casa con le scarpe