Kambili é una ragazzina nigeriana, vive ad Enugu con i genitori ed il fratello. Kambili non viene da un villaggio africano, la sua non è una storia di Africa nera e povertà. Il padre di Kambili possiede aziende, un giornale indipendente, è stimato dalla comunità per l’aiuto che dà ai suoi compaesani, per la beneficenza fatta, per essere una delle persone più in vista della parrocchia.
In un clima di tensione politica, Eugene, padre di Kambili, ha il coraggio di possedere un giornale indipendente dal potere, che si batte per la democratizzazione del paese. Il suo cristianesimo è puro, integerrimo: è stato convertito ancora bambino, dai Padri Missionari, e ha ripudiato completamente la religione dei suoi antenati.
La loro casa è magnifica, circondata da alte mura, fiori meravigliosi, una casa dove si cammina su moquette morbida, dove ci sono televisori e stereo.
Questa perfezione nasconde un segreto orribile; quelle televisioni, quello stereo non vengono mai accesi da Kambili, o da suo fratello, dalla loro madre. La loro vita è scandita da tabelle severissime, orari dettati da questo padre padrone. Ogni moto di ribellione, ogni minima infrazione o voto non eccellente sono puniti con percosse e torture. La mamma di Kambili e Jaya tornerà dall’ospedale, dopo un pomeriggio di botte, con una pancia drammaticamente vuota.
È solo quando, a causa della situazione politica troppo pericolosa, i due fratelli si trasferiscono dalla zia Ifeoma per un periodo, che scoprono che cosa sia la vita di una famiglia modesta ma piena d’amore, che cosa sia la tenerezza che alberga nelle case degli altri, che cosa sia una Fede che sia Gioia e Condivisione, non paura, pentimento, punizione. Kambili e Jaya conoscono finalmente da vicino la zia, insegnante universitaria, i cugini, il nonno anziano e ancora legato alla religione animista (che dunque il padre impedisce loro di frequentare).
Il finale porterà la libertà, anche se a caro prezzo, anche se attraverso enormi sofferenze.
L’ibisco viola è stata una bellissima scoperta per me, insieme alla sua autrice, la nigeriana Chimamanda Ngozie Adichie (classe 1977), tanto che mi sto organizzando per recuperare gli altri suoi scritti. Ci racconta un’Africa che non conosciamo davvero, fuori dai soliti stereotipi; una Nigeria che freme di attività e novità, di un periodo politico di fermento e crudeltà. Ma è anche un romanzo di formazione, attraverso il personaggio di Kambili, timida e paurosa, che si scoprirà forte e resistente.
Insomma, spero davvero vi piaccia.
Veronica, Taiwan
Ho letto un altro libro della stessa autrice, “Half of a yellow sun”, che ho trovato un po’ pesante e difficile da leggere, sopratutto nella prima meta’. Ma questo sempre molto piu’ avvincente, percio’ andro’ a cercarlo!
Ti piacerà sicuramente Claudia!
Chimamanda Ngozi Adichie mi piace moltissimo e questo libro l’ho letteralmente divorato…
Io sia questo che Americanah… è stata davvero una super scoperta per me che sono davvero ignorante in merito agli scrittori africani!
Io la amo!!!
Anch’io ho letto Americanah, meraviglioso.
Ho letto anche Dovremmo essere tutti femministe e Cara Ijeawele, ovvero 15 consigli per crescere una bambina femminista, che sono saggi sul femminismo.e consiglio a tutti.
Questo mi manca, lo leggerò sicuramente!
Anche tu fan di Chimamanda! Ho letto anche io Dovremmo essere tutti femministe, e ho cara Ijeawele nel cassetto!