In questi primi tre mesi dell’anno, per motivi di lavoro e personali, mio marito è stato nuovamente spesso assente da casa. Per essere una che stava in un paesello francese alla frontiera di Ginevra, sola senza aiuti e auto, senza compagnia nè reale nè virtuale (tempi antecedenti l’avvento di whatsapp e dei gruppi Facebook), con prima una e poi due bimbe piccine, mentre lui era via due terzi del tempo e spesso nei weekend perchè andava per lavoro in Medio Oriente, la cosa non avrebbe dovuto turbarmi più di tanto. Ho fatto per quattro anni la mamma full time e il vicepapà e solo con il trasferimento a Houston abbiamo cominciato a essere genitori alla pari e intercambiabili per la stragrande maggioranza del tempo.
Come dice il maestro Yoda fare o non fare, non c’è provare. Mio alleato è la Forza e un potente alleato essa è.
Invece, sono arrivata sfinita ad ogni sera, ad alzarmi semisfinita al mattino pensando solo alla giornata davanti. E soprattutto ho ceduto quasi giornalmente al lato Oscuro: collera e paura, voce alterata e time out, non certo quello che vorrei essere come madre.
E’ vero, le bambine sono fisicamente più indipendenti ormai, si vestono, si fanno il panino, si lavano i denti da sole etc., e anche il piccolo di casa ormai non è più da imboccare ed è incredibilmente sveglio e cauto per la sua età . Però io sono una e loro sono non due, ma tre e, per di più, sono anche più vecchia e non dormo da quel dì.
Soprattutto, gli equilibrismi sono diversi: una volta dovevo usare le mie energie per cucinare o far i lavori domestici e contemporaneamente evitare che piccole uomine ragno capitombolassero da luoghi impensabili. Adesso qualunque cosa faccio con le mani il mio cervello è bombardato continuamente da un numero variabile da uno a tre vocine che profferiscono in contemporanea domande come perchè la densità gassosa dell’anello di Saturno è diversa dalle nuvole del cielo di Londra, come mai tutti sanno che Babbo Natale vive in Lapponia ma nessuno sa dove vive la Befana, dov’è il pupazzetto di Gecco.
Lavo e asciugo capelli correggendo errori di grammatica o fornendo spiegazioni di sinonimi e contrari in tre lingue diverse. Qualunque cosa stia facendo o supervisionando, ad ogni istante può partire l’allarme mammadovequello mammaleimihadetto mammaluimihafatto. In tutto questo, mi sforzo di trovare del tempo per ascoltarli singolamente, perchè ognuno di loro è a uno stadio diverso, ha bisogno di attenzione per motivi diversi e, soprattutto, ha tempi diversi per agire e reagire se ci sono dei dubbi o dei problemi da affrontare. Anche l’interazione con il mondo esterno di amici e scuola comporta impegni pratici (compiti, progetti, playdates) e criticità emotive che vanno affrontate all’occorrenza e il prima possibile.
Lo sapevo che non saremmo rimasti a fare travasi montessoriani per sempre. Sapevo anche che, essendo tre, sarebbe stato difficile trovare il modo di dare equamente un po’ di attenzione a ciascuno ogni giorno, cosa per me prioritaria, anche se il rovescio della medaglia è che per dare più tempo possibile a loro, si creano dei livelli di entropia domestica che mi crollano addosso nelle ore in cui le grandi sono a scuola e il piccolo non ha bisogno di me perchè gioca da sè contento. Roba che mi sveglio di soprassalto con l’incubo della email che annuncia “gentile signora, domani viene l’ispettore dell’agenzia per verificare il buono stato dell’appartamento”!
E alla fine della casa devastata, del fatto che non mi pettino non mi trucco e non mi vesto abbinata da tempo immemore perchè già far pipì senza il corteo è un successo, del fatto che ormai cucino e quindi mangio sempre le stesse cose perchè non ho più la forza di pensare a nulla di diverso quando entro in negozio a far la spesa (passando metà tempo a occuparmi che i miei figli non occupino il passaggio agli altri, il mio obiettivo primario è pagare e uscire prima possibile), del fatto che riesco a vedere mezza mostra su dieci di quelle che Londra mi offrirebbe e così via, non mi importa più di tanto, perchè quando è nata la mia secondogenita e ho guardato la mia prima che aveva nemmeno due anni, ho capito profondamente dentro di me, che va davvero veloce, come dice una mia amica, i giorni sono lunghi ma gli anni sono corti. Ci sarà di nuovo un giorno in cui avrò modo di pensare a nuovi orizzonti, politiche ambientali, romanzi di nicchia, ombretti di moda e quant’altro. Nel frattempo mi dedico e mi godo questo presente di manine appiccose, curiosità illlimitata, abbracci caldissimi e tanto, tanto, tanto, casino e sonno in quantità uguali.
Yoda, insomma.
Sì, fino alle 18.
Perchè a quel punto, scatta dentro di me l’insostenibile leggerezza di essere Lord Vader, una contro tre, e la consapevolezza che se non comincio per le 18 a marciare e imporre una direzione nel bellissimo mondo frattale dei miei bambini, col cavolo che per le nove e mezzo c’è speranza che almeno le grandi dormano e di conseguenza il piccolo verso le dieci. Il che corrisponde al mio piano ottimale di sopravvivenza perchè a quell’ora ho ancora un’ora di autonomia da sveglia per sentire che il mio cervello si raffredda e si calma, e riuscire anche a produrre qualche forma di pensiero ininterrotto su argomenti ALTRI, visto che essendo via mio marito, non c’è nessun adulto in casa che mi parla e mi obbliga a uscire dal circolo vizioso Saturno/Befana.
Dicevo, sono le 18 e scatta l’ora di infilarsi mentalmente il casco di Lord Vader e iniziare a dire che bisogna raccogliere i giochi, che è l’ora di lavarsi, che i capelli devono essere asciugati tutti bene torna qui, che è l’ora di apparecchiare, che è pronto da mangiare, che non ci si alza finchè si ha finito tutti, che se vogliono fare yoga con Jamie okay ma solo 1 episodio oppure se vogliono vedere i cartoni okay ma non sia quello che i cartoni. E ogni cosa va ripetuta minimo sindacale tre volte, perchè più crescono e meno mi ascoltano e, soprattutto, se hanno passato troppo poco tempo fuori a giocare (cioè qui a Londra quasi sempre visto l’inverno che stiamo avendo) il livello di energia frustrata interiore è tale che sembra di camminare dentro il ciclotrone del Cern, da qui la necessità del casco.
Io sono brava a giocare, a creare, a inventare, a proporre, a partecipare, a ascoltare, a leggere storie, a fare mille cose che nel mestiere di mamma mi tornano utili, ma fare Lord Vader no, non mi viene naturale e per questo motivo mi consuma tantissimo. Ogni volta che devo ripetere la stessa richiesta, sento la mia voce e penso dentro di me che sono una palla assurda e per forza che non mi ascoltano, mi detesto quando devo richiamare all’ordine e mi viene la tristezza interiore quando mi tocca imporre time out e restrizioni perchè non c’è nessuna ragione valida per arrivare ai ferri corti: si arriva alla sera che hanno avuto il meglio che ho potuto, tra giochi attenzioni playdate mangiare buono etc, non gli è mancato nulla, ho fatto del mio meglio, loro son stati felici, potrebbe essere una serata bellissima con tante coccole e letture prima delle sante nanne, e no, deve andare tutto in vacca perchè gli viene in mente che non vogliono lavare le mani zozze di laqualunque prima di mangiare, o si son messe a tirare i capelli per una stupida incomprensione.
Così fuori mi devo irrigidire e imporre la disciplina, dentro vado in pezzi e ciao Yoda, calma interiore e serenità : quando finalmente dormono mi risuonano nelle orecchie tanto le risate delle 16 quanto le urla delle 19 e le lacrime delle 21, mi sento consumata di quella fatica che non ha trovato una legittimazione del tipo sono a pezzi ma ne è valsa la pena, no sono a pezzi e basta. Mi levo il casco e respiro col rantolo, insomma. Dormo male e mi sveglio peggio. E si ricomincia.
Poi arriva la settimana di break vacanziero e di colpo torniamo a essere in due e gli spazi all’aperto sono quelli delle Alpi e anche la casa vacanze in affitto permette molto più spazio per gli umori del momento a tutti, rispetto alla trappolina di flat londinese, il casco di Vader non serve più e mi riassorbo nella dolce fatica quotidiana, quella da mamma che arriva la sera strisciando a letto distrutta ma felice.
Si torna a Londra, riparte il marito e ritorna l’ora di Lord Vader: ed è lì che ho pensato di scrivere questo post. Non sono i tre bambini, non è la mancanza di aiuti, non è tutte le cose da fare. Quello che mi sfinisce è dover ripetere da sola le cose nell’indifferenza totale, finchè non metto il casco e lo ripeto con la veemenza che farebbe scappare duecento soldati dell’Imperatore. Leading by fear e pensare che in casa non ho nemmeno un maloox. Fa ridere a scriverlo, ma è pateticamente così.
Senonchè lo scorso weekend sono andata a Varsavia con i trettrè e mi son fatta il weekend da mamma sola full time lì. Anche loro erano così felici di essere a casa, nella nostra città . Nessuno ha litigato, nessuno ha fatto capricci e tutti hanno dato spontaneamente una mano a me, che non ho dovuto non solo ripetere, ma nemmeno chiedere, mai, nulla. Sembrava di essere in un musical, tutti felici, sorridenti, insieme e appassionatamente. Un caso? Forse, ma mi obbliga a riflettere su come anche per i miei bambini sia più facile sentirsi in equilibrio nel posto che sentono casa, piuttosto che altrove.
Siamo tornati da tre giorni: finora non ho ancora fatto Lord Vader nemmeno una volta, mio marito torna sabato. Quanto durerà l’effetto Varsavia? Sono loro che sono più tranquilli o sono io che essendo tornata a casa per quei tre giorni, sono a mia volta più tranquilla e quindi più paziente?
Beh, vediamo oggi alle 18.
(Tutte le illustrazioni sono tratte dal libro “Goodnight Lord Vader” di Jeffrey Brown; dello stesso autore sono disponibili anche altri libri illustrati sulle avventure del povero Lord Vader in qualità di papà di Leia e Luke)
Valentina Inghilterra
Ha collaborato con Amiche di Fuso da luglio 2014 a giugno 2018
Gli antichi dicevano repetita iuvant….forse è per questo che i figli ci costringono a ripetere più e più volte la stessa richiesta, o forse anche gli antichi avevano problemi di gestione dei figli.
Comunque leggere che non sono la sola a destreggiarmi in situazioni simili mi consola: evidentemente se i bambini non mi ascoltano il problema non sono io! 😉