Lavorare è una delle più grandi condanne e fortune della nostra vita. Sono ben pochi coloro che possono permettersi di non lavorare, molti di più quelli che un impiego lo cercano ma non lo trovano. Se mi seguite da un po’ saprete che, dopo la fine del mio PhD, ho passato un lungo momento di sconforto in cui sembrava proprio che la ricerca del lavoro giusto per me fosse un’epopea senza fine.
Grazie al cielo il periodo buio è finito e, da 9 mesi, ho trovato ormai la mia stabilità in un ruolo che non rientrava tra quelli che agognavo, ma in un’organizzazione che è nei miei sogni da quando ero bambina. Nessuno di voi infatti saprà che quando ero giovane sognavo di studiare medicina per diventare pediatra e poter lavorare all’estero con Medici Senza Frontiere. La vita poi si è messa di mezzo e ho lasciato perdere medicina a favore invece di relazioni internazionali. Ma, come in uno strano scherzo del destino, la mia strada mi ha comunque riportato a MSF, con cui 9 mesi fa ho trovato finalmente impiego.
Non potete capire la mia felicità e soddisfazione per essere riuscita, finalmente, ad essere assunta in quest’organizzazione che ho sempre portato sul palmo della mano. Come vi accennavo prima però, mi sono dovuta anche confrontare con la consapevolezza che il ruolo per cui sono stata assunta – supporter relations representative – non era quello che avrei scelto.
Ma si può essere soddisfatti al 100% del proprio lavoro?
Questo è quello che io e mio marito ci siamo chiesti recentemente. È possibile trovare un lavoro che abbia solo aspetti positivi? A mio avviso, purtroppo no. E allora diventa una questione di priorità e occorre chiedersi cosa conta di più per noi. Il lavoro individuale, la squadra/i colleghi, la compagnia o lo scopo finale del lavoro? Conta di più la soddisfazione personale durante le 8 ore lavorative o la qualità di vita che questo lavoro ci permette?
Personalmente mi trovo in una situazione in cui il mio lavoro quotidiano non è dei più gratificanti o eccitanti che ci siano in circolazione. Sicuramente non rispetta il mio percorso di studi né il livello della mia educazione.
Lavoro però con colleghi splendidi, che stimo e ammiro, e con cui è un piacere lavorare 5 giorni alla settimana. E già questo è un’ottima cosa dato che sono le persone con cui passo la maggior parte del mio tempo da sveglia.
Lavoro all’interno di un’organizzazione che supporto e ammiro al 100% da quando ero ragazzina. Rispetto e supporto il lavoro che MSF fa, il suo operato e la sua missione in tutto il mondo. Quanti altri possono dire lo stesso della compagnia/organizzazione per cui lavorano? Io so con certezza che, se avessi accettato il lavoro presso il Dipartimento d’Immigrazione australiano, non avrei certamente potuto dire la stessa cosa. E non solo per l’atroce politica che l’Australia riserva ai rifugiati. Ed è proprio questo che mi motiva ad andare al lavoro ogni giorno, anche se per le successive 7 ore e mezzo faccio magari un lavoro che, se avessi potuto scegliere, probabilmente non avrei mai fatto.
Ma la vita è fatta di scelte e, in ambito lavorativo, è quasi impossibile trovare un impiego che ci soddisfi al 100%. Se la mansione ci piace, magari i colleghi ci stanno antipatici. Oppure i colleghi sono splendidi, ma abbiamo qualche dubbio sulla compagnia. Se la compagnia ci soddisfa, magari la paga non è alle nostre aspettative.
Insomma, è difficile trovare un equilibrio che ci renda completamente felici. Ma io devo dire che, nonostante qualche riserva iniziale legata alla mia mansione specifica, sono assolutamente soddisfatta del mio lavoro. Certo, ho qualche ambizione non raggiunta che ogni tanto mi fa prudere le mani, ma al momento non sto minimamente prendendo in considerazione la possibilità di lasciare l’organizzazione per trovare un “lavoro migliore”. Perché? Ve lo dico subito!
Perché mi piace lavorare in una ONG e per MSF in particolare?
Il poter lavorare per una causa e per rendere questo mondo un posto migliore è stata in assoluto la mia motivazione principale per scegliere di lavorare in una ONG, e soprattutto per MSF. Chi sceglie di lavorare in questo settore accetta tutta una serie di “svantaggi” – soprattutto economici – per la causa appunto. Motivazioni etiche, morali o politiche spingono noi impiegati di non profit verso l’organizzazione che più ci rispecchia e rappresenta i nostri valori. Tutti noi che lavoriamo nel non profit lo facciamo dovremmo farlo spinti dalla voglia di migliorare la società in cui viviamo, per combinare senso e reddito, e fare la propria parte per un mondo migliore.
È vero che lo stipendio è spesso limitato, così come sono limitate le possibilità di aumento, ma è altrettanto vero che spesso molte non profit offrono altri benefit per indorare la pillola. Ovviamente questi cambiano da organizzazione a organizzazione, ma per quel che è la mia esperienza i benefit possono essere di due tipi: economici o fisici.
Per quanto riguarda il primo tipo, il più importante benefit è il cosiddetto “salary sacrifice” che ti permette di rinunciare a parte del tuo stipendio per pagare mutuo, affitto, la retta del nido o semplicemente per pagare la spesa e altre spese personali. In questo modo si riduce lo stipendio annuo tassabile, il che vuol dire più soldi in tasca a fine anno!
Altri benefit economici possono essere assicurazioni sulla vita o la cosiddetta “Salary Continuance” che protegge il tuo stipendio in caso tu non fossi in grado di lavorare per malattia o infortunio. Oppure un rimborso spese per il tragitto casa-lavoro o per l’iscrizione in palestra.
Dal punto di vista “fisico”invece, alcune non profit offrono corsi gratuiti di solito all’ora di pranzo, come corsi di lingua, yoga, etc. oppure opportunità di seguire training e workshop esterni per migliorare i propri skills lavorativi. Insomma, meno soldi nel portafoglio sì, ma tanti altri benefit che compensano pure!
Infine, l’aspetto più bello a mio parere, del lavorare in una ONG – e nella mia in particolare – è, oltre al fatto stesso di lavorare per una causa importante e per il bene comune, quello di lavorare con persone di valore. Non solo idealisti e sognatori, ma uomini e donne che dedicano il loro tempo e la loro carriera per creare un mondo migliore. E, credetemi, questo ti fa sentire davvero bene la mattina quando entri in ufficio. I miei colleghi di prima e di adesso sono persone in gamba, gran lavoratori e persone di talento che potrebbero lavorare per qualsiasi grande compagnia. Ma scelgono invece la realtà del non profit perché vogliono essere attivi per la causa in cui credono. Gente davvero stimolante e motivante!
Insomma, il mondo delle non profit è un universo parallelo che funziona con regole sue e lavorarci ha i suoi vantaggi e svantaggi. Non posso certo considerarmi un’esperta, ma dopo quasi 2 anni e 2 ONGs under my belt, questo è quello che ho imparato sul lavorare in una ONG.
Se mi piace? Certamente! Se vorrei continuare a lavorarci? Lo spero proprio!
E voi che mi dite? Avete esperienza con una non profit?
Claudia, Australia
Claudia ha collaborato con Amiche di Fuso da dicembre 2014 a novembre 2019.
Potete leggere Claudia qui
Complimenti Claudia per il risultato raggiunto!
Io non lavoro per una ONG, ma dopo aver
provato a lavorare in uno studio di architettura in Western Australia facendo progetti da “palazzinara” di cemento lungo la splendida costa bagnata dall’oceano indiano, ho mosso mari e monti per cercare di lavorare a favore dell’ambiente.
Cosi ora lavoro come consulente ambientale e mi occupo prevalentemente di “pattumiera”, probabilmente non la massima aspirazione dopo 5 anni di architettura, ma io sono felice di poter dare il mio piccolo contributo, cosa che purtroppo per mille motivi al di sopra di me non mi era possibile come architetto! E sono fiduciosa che ascoltare il proprio cuore, dia sempre i suoi frutti 😉
Ti capisco e penso che tu abbia fatto un’ottima scelta. Vivendo in Australia siamo molto più consapevoli dell’importanza dell’ambiente e sono molto fiera del tuo nuovo ruolo nel settore. Così come del mio lavorare per un mondo migliore. Sono solo piccole gocce in un mare enorme, ma da qualche parte bisogna pure cominciare!