Siamo partiti, siamo noi quelli che hanno deciso di andar via. Chi ha inseguito un sogno, chi l’amore, chi una proposta allettante ed un pacchetto. Chi vede tutto bello, chi tutto brutto e si è pentito.
Lo sappiamo bene, l’expat ha sempre una strana visione delle cose: diventa patriottico quando si allontana dall’Italia, perché vede tutto attraverso la lente della lontananza. Oppure ipercritico: dove sta lui funziona tutto meglio, mica come in Italia!
A volte è depresso e scontento: è partito per lavorare, solo per quello, per necessità, perché chi viene da certe zone purtroppo non pensa neppure ad un pacchetto expat o all’housing allowance, ma ad avere un contratto, contributi dichiarati, una pensione un giorno. Ci sono i supponenti, sgraziati rappresentanti che non ci fanno onore: quelli per cui è tutto bello, i cui figli maneggiano facilmente tutte le lingue con le quali si trovano in contatto, si adattano subito e non fanno capricci, quelli per cui traslocare è ormai uno schiocco di dita.
Nel mare magnum dell’espatrio, sono sempre un po’ sballottata. Noi non siamo cervelli in fuga: avevamo un buon lavoro, un tempo indeterminato, buoni stipendi e la nostra famiglia vicino (nonché l’Italia, tanto che io, in Francia, non mi sono mai sentita emigrata o straniera). Siamo partiti allettati dall’idea di mettere qualcosa in più da parte, fare anche un po’ di carriera e uscire da un ambiente che ci sembrava polveroso.
Un anno, poi vediamo.
Beh, ormai facciamo due dai.
A fine febbraio 2018 saranno sette anni che siamo in Asia (volutamente non conto la Francia, come detto sopra). E la stanchezza si fa sentire. Ma che fare?
Alcuni amici meditano di tornare, per lo meno in Europa, altri restano dove sono perché nonostante tutto hanno una buona qualità di vita. Il Marito ha una bella rete qui, e altrettanto belle possibilità di evoluzione.
Ed io?
Io non so quello che voglio. Io rumino. E cambio idea ogni giorno.
Devo ammettere che la nascita della nostra bambina ha completamente trasformato il mio mondo: prima per me i giorni, i mesi passavano velocemente, tornare dalle vacanze a casa era brutto, ma come per incanto poco dopo era già ora di partire. I viaggi asiatici mi eccitavano, tutto era scoperta.
Ora il tempo è lungo, cola lentamente come una goccia che scava, a poco a poco, che erode le giornate che sono piene di tante cose da fare ma improvvisamente vuote degli affetti, di quello che poi conta veramente.
Ci sono giorni in cui proclamo convinta che questo è l’ultimo anno, che poi si fanno le valigie. Poi vado a dormire e rumino ancora un po’, e dopo qualche ora passata a girarmi sono di nuovo dell’idea che restare sia giusto. Quando la bimba andrà a scuola e sarò più attiva anche le mie giornate saranno di nuovo veloci e piene di impegni! E poi, quante possibilità si aprono a noi in questo continente in piena espansione!
Mi sveglio la mattina e a colazione ci sono i prodotti che i nostri genitori ci hanno portato quando sono venuti a trovarci… e all’improvviso sale la nostalgia: che bello poter andare più spesso alla libreria della mia cittá! Al mercato! E volare in tutta Europa con biglietti così economici!
E potrei continuare cosí all’infinito; tanto che Marito aspetta che io mi fermi, e fermi l’onda dei miei pensieri. E lo aspetto anche io.
E se qualcuno è sulla stessa barchetta a ondeggiare con le onde, me lo dica.
Veronica, Taipei
Cara Veronica, anche se non sono expat mi riconosco in parte in quello che dici.
Credo che molto dipenda dall’essere mamma, a cui si aggiunge la particolare condizione che ti accompagna da un po’ di anni.
Anch’io, quando i miei figli erano piccoli (ora hanno 5 e 3 anni, sono sempre piccoli, ma molto è cambiato), mi ritrovavo a vivere giornate piene e vuote allo stesso tempo: il tempo trascorreva a singhiozzi e tutti i miei progetti o pianificazioni erano obiettivi inarrivabili e spesso incomprensibili. Come dici tu, “l’onda dei pensieri” era continua.
Ora la nebbia si sta diradando, ma continuo a ondeggiare: ci vuole tempo. Anch’io ho accanto un uomo paziente, che sa aspettare e rispettare i miei tempi più di quanto io non sia disposta a tollerare.
Datti tempo e cerca di cogliere la bellezza di questi giorni: secondo me non sono completamente vuoti degli affetti e di ciò che conta veramente…hai la tua famiglia e la possibilità (per me è un privilegio) di occupartene!
Cara Laura, è vero, coi bimbi piccoli cambia tutto, e quando crescono comunque ovviamente portano altro lavoro ma completamente diverso (e forse piu stimolante) di quello da fare con un piccolino. Ed è vero che a volte dimentico quanto sia un privilegio potermi godere la piccola, presa dalle mille cose da fare e da lei che magari ha una giornata no…!
Fai altri figli! 😀 io al terzo mi sono fermata e le mie giornate sono tutto fuorché vuote e lente!
A parte gli scherzi, purtroppo quando arrivano i figli la mancanza della famiglia si fa sentire come un pugno nello stomaco, pure se non sei expat, ma lontana 700km da casa!
Non so quanto ha la tua bimba, ma penso sia ancora piccolina. Crescendo, interagendo con altre lingue e culture le sensazioni che avrai non possono che essere positive. Noi siamo rientrati dalla Francia dopo 4 anni, i bimbi erano quasi più francesi che italiani e non ti dico quanto questa ricchezza li stia aiutando. E quanto la nostra voglia di muoverci all’estero ancora una volta aumenti!
Immagino che vivere in un altro continente sia difficile, moltissimo, ma non credere che il rientro sarà una passeggiata. Datti tempo, fai benissimo, ma non scoraggiarti. Comunque questi sentimenti di solitudine con i figli piccolini arrivano sempre, anche se sei a casa tua.
Ahahaha no basta! A posto cosi! Ed e vero che certi sentimenti arrivano anche a casa, pero forse e piu facile distrarsi. Insomma, staremo a vedere!
Ciao Veronica,
sono expat da 25 anni e, come te ho una figlia che Quest’anno si laurea. Ricordo come se fosse ieri di quando è nata, della vita che tutto a un tratto si è incasinata e, ricordo benissimo quanti momenti malinconici ho vissuto perché mi mancavano moltissimo i miei genitori, quelli di mio marito e i familiari e amici per condividere.
Al contrario di te però, non ho mai pensato di rientrare in Italia. Si, l’Italia aveva molto deluso me e mio marito ( lui è un cervello in fuga).
A distanza di tanti anni però, posso dirti che la mia bambina ha visto i nonni almeno una volta l’anno ed ha un ricordo meraviglioso di loro 4. Si sente italiana al 100% anche se in Italia ha vissuto solo pochissimo tempo.
Siamo una famiglia molto ma molto unita.
Essere lontano da tutti ti porta ad arrangiarti, a fare affidamento su forze che sono quasi tutte tue e ti porta ad essere unito.
Attualmente io sono in Cina e lei a Londra. Ci sentiamo tutti i giorni e siamo molto più unite noi di tante altre mamme e figlie che hanno sempre vissuto vicino a tutti i loro familiari.
Tieni duro Veronica. Non voler rientrare. Vedrai che passati i primi due anni entrerai nella fase ‘scuole internazionali’ e ti si aprirà un mondo…..
Un caro saluto
ANNA
Cara Anna, grazie per questo commento…dal futuro :-)))
In realtà il mio desiderio non e tanto quello di tornare in Italia, ma in Europa: belle città, alcuni paesi sono molto allettanti per qualita della vita, poche ore di volo da casa e tutte le cose di cui sopra. Pero sono ancora ben consapevole che l’Asia è cosi in espansione in questo momento che…sono solo pensieri! Anche se comunque fra qualche anno mi piacerebbe non spostarmi piu, o almeno non cosi di frequente.
Anche io in Asia da 6 anni con due bimbe. Faticoso. Tu diventi il loro mondo e loro il tuo. Non ci sono alternative, affetti, nonni, zii, cugini. Poi loro crescono e vanno a scuola e tu ti ritrovi piu’ libera. Ma la nostalgia di casa non passa. Io vorrei per loro qualche “radice” in piu’ , emotiva, familiare e culturale e qualche dragone in meno.
Ciao Maura, grazie per il tuo commento. Ho vissuto a Hong Kong circa 3 anni e 8 mesi e leggendo i tuoi post mi sono ritrovata in tante cose. Complimenti per il tuo blog! Veronica
Molti sono convinti che in Italia non ci sia nessuno che ha un buon lavoro e un buon contratto ed escludono a priori che si possa decidere di andare all’estero per motivi che non siano la disperazione del “non ho lavoro” o “non ho un lavoro come si deve”
L’anno scorso ero dipendente di una società svedese e una persona mi disse che ero sciocca a non trasferirmi a Stoccolma e restare in Italia perchè in Italia fa tutto schifo sarà vero, ma con uno stipendio svedese in Italia me la passavo meglio che con lo stesso stipendio in Svezia
A parte questo “pippone”, comprendo il ruminare perenne!
Ahahah ruminare sempre e comunque!
Capisco bene il tuo punto di vista, e capisco come molte cose del mondo expat vengano ancora travisate: come appunto la decisione di partire (o di restare) non legata al discorso “scappo da una situazione disastrosa”.
Veronica