Han Kang è una giovane scrittrice sudcoreana (è nata nel 1970) ed è balzata agli onori della cronaca per aver vinto, con questo romanzo, il prestigioso Booker Prize. In Italia è edita da Adelphi, casa editrice da sempre simbolo di qualità, raffinatezza, ricercatezza dei suoi autori.
Il romanzo “La vegetariana” si divide fra tre voci: il marito, il cognato, la sorella della protagonosta, Yeong-hye, la quale a sua volta è una donna più che normale, quasi banale, senza nessuna qualità particolare se non quella di essere una figlia e una moglie docile e remissiva. Yeong-hye non si è mai imposta, mai ribellata, fino al giorno in cui, in seguito ad un sogno grottesco e pieno di simbolismi, decide di smettere di mangiare carne. Questa la sua unica rivolta nella vita, una rivolta che non viene accettata dalla società che la circonda, che le attira incredibilmente, le prese in giro dei colleghi (e consorti) del marito, la rabbia del padre, uomo severissimo e violento, il disprezzo del marito.
Inizialmente siamo spaesati: nel mondo contemporaneo, chi si stupisce più di una scelta alimentare diversa? La realtà del romanzo però è un’altra: la protagonista smetterà, nel giro di qualche mese, di mangiare del tutto, svelando dietro ad un’apparente scelta etica un dolore inesploso che cova da anni dentro di lei.
Il marito, il classico impiegato asiatico che fa le ore piccole in ufficio e il cui interesse sembra solo essere attirare la benevolenza del capo, prima non la capisce, poi la brutalizza, infine la scaccia dalla propria vita. Il cognato, artista in crisi nella vita come nel piano professionale, ne è attratto fortemente; la sorella sembra l’unica che, nonostante non riesca a penetrare nell’intimità di Yeong-hye, le mostra davvero affetto, unica ad occuparsene.
Il romanzo è breve e densissimo, e mi ha fatto un po’ rimpiangere il non essermi mai interessata veramente alla cultura sudcoreana, alla sua società (oltre a quello che, a causa del vicino del Nord, sta accadendo in queste settimane). Vivo in Asia da anni, eppure non ho mai prestato grande attenzione a questo paese: piccolo, circondato da giganti come Cina, Giappone, Russia (la parte settentrionale della penisola coreana), un paese che alla fine della guerra con il Nord, (guerra mai formalmente terminata), straziato e con un Pil pari a quello dei paesi africani più poveri, oggi è una delle quattro Tigri asiatiche e vanta un prodotto interno degno delle società occidentali (un nome su tutti, Samsung, ma anche Hyundai, Lg, Kia…).
Chi ci è stato, fra amici e conoscenti, sia per periodi brevi che in espatri più lunghi, la descrive come una società complessa e complicata, competitiva all’ennesima potenza, e i coreani come sbrigativi e workaholic, duri in ogni aspetto del business. In questi giorni il disaccordo fra le due Coree è tornato attuale più che mai, anche se a Seul sembrano ormai abituati a questa tensione continua tanto da non farci più caso (ma con i sistemi d’allarme sempre all’erta: forse mi sbaglio, ma non credo ci siano molte metropolitane al mondo in cui si possano trovare distributori di maschere antigas, con buona pace del rischio incendi).
Io aspetto di visitarla, se ce ne sarà occasione, voi cosa sapete davvero della Corea del Sud? conoscevate Han Kang?
Veronica, Taipei
Il libro sembra interessantissimo. Il migliore amico del mio fidanzato qui a Londra è sudcoreano, e definirlo complicato è il minimo 🙂
Ahahah Elisa mi consolo allora 🙂
Questo titolo me lo sono segnato: da recuperare al più presto. Per quanto riguarda l’affermazione “nel mondo contemporaneo, chi si stupisce più di una scelta alimentare diversa?” beh su questa non mi trovo d’accordo. Io per gusti ho rinunciato a mangiare carne: a me non piace, la trovo disgustosa e mi pare che puzzi. Anche il pesce come le uova non sono molto presenti nella mia alimentazione. La cosa strana che mi succede spesso è questa: se dico che non mangio pesce mi si chiede se non mi piace, se dico che non mangio carne, con fare scandalizzato mi si apostrofa con “Ma sei vegana???”. E questo purtroppo succede a molte amiche ed amici che hanno fatto scelte alimentari alternative a quella abituale italiana. Secondo me siamo ancora molto lontani dall’accettare serenamente chi fa scelte diverse dalla nostra anche se solo in campo alimentare. E questo è un peccato. Una cosa buffa: visti i miei difficili gusti alimentari [non mangio nemmeno la pastasciutta e la pizza l’ho ridotta al minimo sindacale per mantenere la linea], quando esco a cena con gli amici propongo sempre ristoranti etnici [dal messicano al giapponese all’indiano al cinese…] proprio perchè per me è più facile trovare qualcosa di buono e delizioso da mangiare 🙂
Ciao Lara, il tuo commento mi colpisce davvero, perchè le sensazioni che descrivi sono molto simili a quelle provate dalla protagonista… sono felice che il mio suggerimento possa essere utile per te!
Per quanto riguarda i pregiudizi e le domande scomode, devo essere sincera, ma non me lo aspettavo. Forse perche qui in Asia, nei paesi che ho visitato, varie tendenze alimentari sono accettate tranquillamente. Mi sono io stessa ritrovata a Hong Kong ad un tavolo ad una cena di matrimonio con onnivori, vegetariani, vegani, nepalesi che non mangiavano manzo, malesi che non mangiavano maiale…e per tutti c’era una soluzione e per nessuno ci si stupiva! Forse in Europa e Usa certe scelte vengono percepite come piu “strane”.