Mi hanno chiesto: ”Sei più italiana o più americana?”
Di getto mi viene da rispondere: “Italiana, che domanda!”
Poi mi fermo e se ci penso un po’, non è che la risposta sia facile.
Italiana o americana, chi sono in realtà?
Come mi hanno cambiata questi 22 anni di espatrio?
Il mio espatrio non è più un espatrio, visto che nove anni fa abbiamo deciso di diventare anche cittadini statunitensi.
Ancora più con i piedi in due scarpe. Ancora più con sentimenti confusi.
Di certo so che sono una emigrata, il mio nucleo familiare è qui, la mia casa è qui, le mie cose sono qui.
Sono una emigrata fortunata. Sicuramente non sono l’emigrata che sventolava il fazzoletto dalla nave e sapeva di non tornare. Sono partita 22 anni fa per stare qui tre anni. I tre anni sono diventati cinque. Ora sono ventidue e diventeranno … tanti di più.
Torno in Italia spesso, tanto spesso da potermi permettere di avere ancora il parrucchiere in Italia, tra le altre cose. Così spesso da avere ancora cari amici e una bella famiglia che mi aspetta e mi vuole bene.
Però, se penso al mio futuro, esso non è più tanto chiaro.
Nei primi anni mi vedevo con una casa per la vecchiaia in Italia, ora che la vecchiaia non è più così lontana, non ne sono tanto sicura.
Comunque un po’ americana lo sono diventata… un pochino.
Sono americana per alcune cose, italiana per altre. O né una né l’altra.
Fashion
Sono ancora italiana nel modo di vestire. Mi piacciono le cose europee, vesto poco colorato, se vado in un negozio che non sia monomarca, le mie dita riescono ancora a sentire un tessuto di qualità.
Se mi si mettono di fronte 20 indumenti colorati riesco a indovinare il punto di colore che differenzia un prodotto di designer da un indumento meno raffinato. Insomma, non per lodarmi, ma mi è rimasto l’occhio nel comprare e nel vestirmi. Sono però diventata americana nell’uso dei vestiti.
Qui, paese consumista, le cose durano poco, e, anche se le paghi soldoni, valgono generalmente poco. Non sono fatte per essere tramandate. Nell’armadio ho ancora giacche di Armani degli anni 80 e 90. Le ho ancora, ma le metto? Ma figuriamoci! Stanno lì a rubare spazio, ma sono ancora belle e le tengo. Le tengo perchè sono “vintage” per mia figlia. Giacche di Armani però non ne comprerei più. Pur vestendo bene, sono diventata più casual e sportiva nel vestire. Insomma mi piace stare comoda.
Il vecchio detto della nonna: “ Chi bella vuole apparire, un poco deve soffrire!” ? Ma anche no, grazie!
Magari posseggo più cose di quando vivevo in Italia, ma sicuramente spendo meno, anche perché compro nei saldi, che ci sono sempre tutto l’anno. Non compro mai a prezzo pieno.
Sport
Sono più italiana quando tifo alle Olimpiadi. Se ci sono gare in cui competono atleti italiani e americani, non c’è storia: il mio cuore batte per gli italiani. Quando vedo la bandiera bianca rossa e verde salire sul pilone più alto, mi si scioglie il cuore. Naturalmente se non ci sono italiani, provo lo stesso sentimento nel vedere la bandiera a stelle e strisce e canto “The stars spangled banner” a squaciagola. Spero sempre di non trovarmi nella situazione di dover dividere il mio tifo.
Cinema
Sono più americana quando guardo i film: i film doppiati in italiano mi danno veramente sui nervi. Non ci riesco! È una cosa di cui non mi rendevo conto quando vivevo in Italia, ma sentire i dialoghi in italiano con le bocche che si muovono sull’inglese, mi impedisce di entrare nella storia. Meglio, molto meglio lasciare le voci in originale e sottotitolare in lingua. Guardo e mi appassiono per film in francese, spagnolo, arabo, svedese e in qualsiasi lingua, ma la voce di Ferruccio Amendola o Pino Insegno (che riconosco comunque) con la faccia di Stallone proprio no!
Devo dire che ho anche perso un po’ di italianità per quanto riguarda le trame. A parte qualche rara eccezione, trovo i film italiani lenti e con troppi silenzi. Forse perché con la vecchiaia il rischio di addormentarmi davanti alla TV sta salendo in modo esponenziale, un film troppo cerebrale ha su di me lo stesso effetto di un Valium.
Cibo
Sono italiana nel mangiare. Soprattutto perchè cerco la qualità degli ingredienti e la semplicità nei cibi. Compro biologico quando posso e mi emoziono se un frutto o una verdura sono gustosi come quelli del mercatino in piazza ad Alessandria, la mia città. Sono due anni che io e mio marito facciamo un piccolo orto nel nostro giardino. Piantiamo poche piante di pomodori e zucchini perchè lo spazio soleggiato che abbiamo è poco. Recintiamo l’orto per proteggerlo dagli animali selvatici che di notte farebbero festa e quando finalmente riusciamo a mangiare qualcosa di autoprodotto, siamo felici. Però la stagione è corta: i primi pomodori sono maturati ai primi di agosto e a settembre già fa troppo freddo perchè i nostri pomodori sappiano di “sole”.
Mi sono mancati per anni cibi che qui non trovavo. Ora si trova molto di più oppure io mi sono abituata a farne a meno. Forse non sono più italiana come una volta.
Mammitudine
Sono stata una mamma all’estero. Ho cresciuto mia figlia lontana da tutti i condizionamenti che avrei avuto se fossi stata in Italia. Ho adottato tutte le abitudini americane che mi potevano semplificare la vita. Canottiera, cos’è? Capelli bagnati? Ma sì , vai pure. Quella maglia tanto bene con quei pantaloni non sta, ma chissenefrega!
Sui vantaggi e gli svantaggi di essere mamme all’estero vi rimando al post di Nadja Arba qui che ha perfettamente descritto la nostra situazione.
Sono però ancora adesso una mamma italiana perché, nonostante ormai mia figlia sia grande e lontana, mi piacerebbe avere sue notizie costantemente e molte volte controllo su Messenger a che ora era su FB per sapere se sta bene, oppure le mando un messaggio per farmi rispondere. Se non lo fa per alcune ore vado in paranoia e … (non ne sono fiera, ma lo faccio) comincio a mandarle messaggi sul telefono, instagram, whatsapp e messenger, solo perché mi risponda. Di solito mi manda a c….e, ma io sono felice perchè so che sta bene. D’altra parte mia mamma lo fa con me!
Vita pratica
Sono diventata americana perché qui le cose pratiche della vita sono più facili da gestire.
Gli americani hanno strani orari di lavoro. Non tutti fanno il classico orario 8-17 e gli uffici riflettono questo. Le banche sono aperte il sabato mattina, gli uffici postali rimangono aperti anche dopo le 18. Nessuno deve prendere mezza giornata di ferie per andare a cambiare un’utenza o per ritirare una raccomandata. I negozi poi non ne parliamo! Si fa tutto per telefono ed io a questa facilità sono ormai abituata.
Sono anche diventata americana perché vedo qui il rispetto della cosa pubblica che in Italia non c’è. Per molti italiani fuori dalla propria porta non è più casa loro e si comportano di conseguenza. Buttano cartacce, lasciano la spazzatura dove capita. Qui no. Anzi (e lo dico con certezza per averlo visto con i miei occhi) certe volte le case sono più ordinate e tenute bene fuori che dentro. I parchi sono puliti, i bambini possono giocare senza pericoli. La gente sorride. La gente fa i complimenti. Insomma tante piccole o grandi cose che fanno vivere bene. Quando torno in Italia io applico la mia americanità: per esempio sorrido alle persone. Nessuno mi restituisce il sorriso anzi mi sembra che il sorriso incuta timore e sospetto.
Sono americana e mi dispiace esserlo in questo caso perché vorrei che in Italia fosse lo stesso.
Amicizie
Sono rimasta italianissima nei rapporti personali. Noi italiani siamo un bel popolo, siamo gli amici sinceri che tutti dovrebbero avere. Siamo di compagnia,senza aver bisogno dell’aiuto dell’alcool per esserlo. Se una persona ci piace, e ci stiamo bene insieme, la cerchiamo, le telefoniamo.
Qui sono più riservati, amano il loro tempo in solitaria. Devo quasi sempre telefonare io ad un’amica per fare qualcosa. Se chiedo perché non chiamano mai loro, mi dicono per non disturbare. Ma se chiamo io sono sempre disponibili. Questo mi lascia perplessa perché a me piace star sola solo se sono triste o malata.
Lavoro
Nel lavoro non sono ancora americana, ma mi sto applicando. Devo ancora imparare del tutto a stare zitta e contare fino a 1000 prima di aprire bocca. Qui, quello che per noi sarebbe un pacifico scambio di opinioni diretto, prende le sembianze di un balletto in punta di piedi. Non esiste il “NO”, non esiste il “secondo me non è giusto”, ma esiste il “ringrazio per la tua esperienza di cui farò tesoro…” ( ma che non userò mai…). Però le idee vengono ascoltate e se sono valide vengono considerate anche se sei l’ultima ruota del carro. Solo bisogna aspettare e non partire come razzi impazziti a lamentarsi…
E potrei andare avanti ancora a pensare ad ogni singolo gesto che faccio, ad ogni pensiero che mi passa per la mente ogni singolo giorno.
Probabilmente in ogni cosa che faccio le mie due nazionalità sono ormai mischiate ed inscindibili. Non sono più italiana o più americana. Sono italiana e americana nello stesso momento.
E voi, se vi ponessero la stessa domanda, cosa rispondereste? Siete più italiani o siete più________?
Claudia, Wisconsin
Ha collaborato con Amiche di fuso da settembre 2015 a dicembre 2019. Potete continuare a seguirla su Un’alessandrina in America