Family&Kids Libri

Leggere “The Help” in espatrio a Hong Kong e trovarci le maid

Written by Veronica Marocco

Durante la mia vita a Hong Kong mi sono confrontata per la prima volta con un fenomeno finora sconosciuto (almeno per me, senza figli a quel tempo, in arrivo dalla Francia): la figura della maid, o helper.

Non che non conoscessi le figure di governanti, autisti e maggiordomi di cui la maggior parte dei clienti dell’albergo dove lavoravo sembrava disporre a profusione: ma la maid era qualcosa di più.

A Hong Kong la maggior parte delle helper viene dalle Filippine. Per un compenso di meno di 500 euro al mese (l’ultima battaglia, per 5000 HKD al mese, è del settembre 2016), più vitto e alloggio, lavora in casa vostra 6 giorni su 7, senza praticamente orari.

E se per le famiglie expat questo significa spesso fare pulizie, stirare, recuperare i bimbi a scuola e portarli alle varie attivitá, per le famiglie cinesi significa… tutto, compreso cucinare tutti i pasti e fare la spesa: questo per molte si traduce in giornate di lavoro che iniziano all’alba e finiscono al tramonto. Questo vuol dire vedere bambini incollati alla loro maid mentre la mamma passeggia più avanti guardando le vetrine, o mentre i genitori mangiano al ristorante.

Questo vuol dire nessun diritto, molti doveri, spesso neppure il permesso di prendere una bevanda dal frigo.

Vuol dire che molti appartamenti sono provvisti della maid’s room, cioè una stanza grande come un ripostiglio (anche se in mancanza di questa, spesso dormono in cucina). Oltre il danno, la beffa: a differenza di tutti gli altri stranieri con un working visa, le maid hanno un visto speciale, che non permette loro di diventare permanent resident dopo i canonici sette anni di residenza nell’ex colonia inglese. Insomma: hanno cresciuto generazioni di bambini, aiutato famiglie, spesso rimangono a vivere decenni in città e magari non hanno davvero più nessuno nella loro terra d’origine ad aspettarle, eppure… arrivederci e grazie. Pensionati provenienti da paesi poveri del Sud Est asiatico non ne vogliamo.

Tutta questa introduzione per dirvi che certi libri, se letti in determinati contesti, regalano una chiave di lettura diversa del mondo che ci circonda.

Fu la mia amica Gaia, uno dei miei legami più belli rimasti in questa città, a suggerirmelo: “Vero, leggiti The Help, e vedi se non ti ricorda qualcosa… quando vedi le maid qui”. E le dico grazie, perché non ci avrei pensato senza la sua sensibilità.

The Help è un romanzo a tre voci: Aibileen e Minny, due domestiche afroamericane, ed Eugenia detta Skeeter, ragazza bianca di buona famiglia, a sua volta cresciuta da Clementine, nanny e governante nera, che un giorno ha misteriosamente lasciato la sua famiglia.

Il romanzo di Katryn Stockett è ambientato a Jackson, Mississippi, nell’estate del ’62: potete facilmente immaginare quali siano le problematiche delle domestiche afroamericane in un simile contesto geografico e temporale.

Aibileen è una donna buona e onesta, che ha sofferto molto nella vita; Minny ha la lingua lunga e nonostante le sue capacità innegabili come cuoca viene continuamente licenziata. Skeeter è… una sorta di nerd ante litteram, una Jo March del profondo Sud: dotata di una sensibilità rara, vuole diventare scrittrice e non è a caccia di un buon matrimonio come le amiche. Tre donne che potrebbero non incontrarsi mai, o che potrebbero farlo solo in un contesto lavorativo, con un rapporto gerarchico molto forte. Ed invece collaboreranno ad un “progetto segreto”, la loro piccola grande rivoluzione.

The Help è un libro forte e semplice che mi ha dato da pensare ad alcune situazioni che vivo quotidianamente in Asia, e che per noi europei a volte sembrano appartenere al passato.

Per noi la tata o la signora che viene a fare le pulizie diventano rapidamente dei membri della famiglia, delle persone che lavorano per noi ma del cui prezioso aiuto siamo consapevoli non potremmo stare. Questo non accade in città come Hong Kong e Singapore, ma anche qui a Taipei (dove le leggi sono ancora diverse e scoraggiano fortemente le famiglie ad impiegare domestiche filippine o indonesiane) e nelle grandi città di questo immenso continente in espansione, dove si può affermare senza tema di smentita che una buona fetta dell’economia cittadina e del benessere di molte famiglie si basi anche sul fatto di poter disporre di manodopera a basso costo anche per quanto riguarda l’aiuto domestico (anche se forse le cose stanno cambiando, complice il boom economico di alcuni paesi: è recente un articolo del South China Morning Post che annuncia che presto Hong Kong potrebbe far fronte ad uno shortage di manodopera filippina). Per molti anni vi ho letto una mentalità, ahimè, razzista da parte della comunità cinese, ma in generale nel contesto culturale asiatico, dove è innegabile che spesso il principio del “siamo tutti uguali di fronte a Dio e alla Legge” non sia stato per nulla assorbito.

E’ vero, si sprecano gli aneddoti (capitati purtroppo anche a molti amici) di ragazze filippine mai rientrate dalle vacanze, o fuggite con soldi e gioielli: ma questo mondo è per loro una giungla nella quale a volte non ci sono molte regole da rispettare. Basta una rapida ricerca su Google, sulle pagine dei maggiori quotidiani asiatici on line, per trovare storie di abusi e maltrattamenti, di non rispetto della dignità umana: come fossimo ancora nell’estate bollente del 1962, nel profondo Sud americano, e Minny e Aibileen non ci avessero ancora insegnato nulla.

 

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Author

Veronica Marocco

Amante dei viaggi e dei libri, con la mia laurea in Lingue e il mio lavoro in hotel, sapevo che prima o poi sarebbe arrivata l'occasione di partire! Quello che non avrei mai immaginato invece, era partire dalla Francia per fare tappa ad Hong Kong, Tokyo, Taipei, Shanghai. Dopo un breve "Francia-bis", ripartire poi per Doha e, infine (per ora) Marrakech. Nel frattempo, da due siamo diventati quattro, e le nostre avventure non sono ancora finite!

6 Comments

  • A me hanno inquietato le maid a Dubai, impegnate a pulire la casa e preparare la merenda ai bambini expat mentre le mamme si facevano margarita con le amiche in piscina. Non oso immaginare cosa significhi dormire sul pavimento di una cucina senza poter prendere un succo dal frigo.

    È proprio vero che l’occidente è una bolla fuori dalla quale c’è una giungla a cui siamo totalmente impreparati.

    • Ciao Elisa, vero, lo penso spesso. Il fatto che per noi ormai sia acquisito il rispetto che si deve a chiunque, indipendentemente dal livello sociale, e quando qualcuno si comporta diversamente viene solitamente criticato. Questo e’ anche quello che mi manca di piu’ dell’Europa: quel senso (almeno per me) di uguaglianza no matter what (anche se so che magari non e’ cosi o che l’Europa ha i suoi difetti) al quale si aspira, idea lontanissima dalla mentalita’ asiatica, che pure ha dei lati positivi.

  • Bellissimo tema!

    Comunque ci sono svariati aspetti legati al fenomeno delle maid di HK!

    Intanto sono centinaia di migliaia (avevo letto il numero preciso ma non me lo ricordo), per di piu’ dalle Filippine ma anche dall’Indonesia.

    Poi lavorano appunto 6 giorni su 7 e vivono, come spieghi molto bene, a casa dei datori di lavoro.

    Per cui non hanno spazi propri, il che si traduce nel fatto che si ritrovano in comunita’ molto visibili la domenica perche’ si “accampano” ovunque si possa e sia tollerato per mangiare, socializzare ecc.

    Motivo per cui, ad esempio, noto come molti centri commerciali siano progettati senza panchine / sedie liberamente occupabili.

    Sono convinto che esista un tripadvisor delle maid con i posti migliori da occupare la domenica!

    Altro aspetto poi quello che lega le maid anche alla prostituzione,che storicamente e’ ben visibile in zone come Wan Chai, ma non solo.

    Per non parlare del fatto che esistono guide (soprattutto rivolte ad uomini cinesi della Repubblica Popolare) su dove e come sedurre le maid durante il riposo settimanale.

    Saluti da HK

    • Saluti alla mia bella Hong Kong!
      Hai ragione, sono molti gli aspetti ma mi sono concentrata su quello che poteva essere pertinente alla mia recensione…purtroppo sul fenomeno maid si potrebbero aprire capitoli a profusione, e tutti tristi.
      Io stessa quando lavoravo a Landmark a Central la domenica ero spesso arrabbiata: i bagni erano a dir poco inagibili perche l’equipe delle pulizie era off e comunque non avrebbe neppure cercato di rimediare allo sfacelo dato dalle maid che campeggiavano sotto per strada e che avano bisogno dei bagni, durante la giornata. Se pero mi mettevo a pensare a quell’unica giornata di riposo, passata su un marciapiede bollente…

  • Il tuo racconto sulle maid filippine a Hong Kong mi ha fatto subito pensare alla loro condizione in Italia. Conosco più di una famiglia che è ricorsa al loro aiuto e tutte mi hanno detto che invece le tate filippine che vivono in casa pretendono il rispetto rigoroso degli orari di lavoro, dei giorni di riposo (di solito lavorano fino all’ora di pranzo del sabato, poi vanno via e ritornano il lunedì mattina), richiedono una camera e un bagno solo per loro e non prendono meno di 700 euro al mese (ma questo è il prezzo di qualche anno fa per cui forse va rivisto al rialzo). Mi rendo conto che per venire qui in Italia, però, devono fare un viaggio molto più lungo.
    Sulla storia che a volte spariscono dopo le ferie posso confermare che è vero, è successo anche ad alcune persone che conosco che la tata, una volta tornata in patria per le vacanze, non si sia più fatta viva o ne abbia approfittato per cambiare lavoro senza avvisare.

    • Grazie per il tuo commento, in effetti in Italia esiste comunque una regolamentazione molto piu’ “corretta” che giustamente le lavoratrici desiderano essere rispettata. Il problema di HK e’ che se le filippine o indonesiane vengono pagate 500 euro al mese e spesso si ritrovano in schiavitu’, e’ perche la legge stessa lo permette e le tutele non esistono.

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