Costruirsi il proprio futuro mattone dopo mattone? Come la nostra Serena, anche Francesca e suo marito hanno iniziato a pensare ad una vita fuori dall’Italia e si son rimessi prima a studiare e poi a cercare un lavoro che li portasse dove volevano: una volta arrivati son voluti rimanere non con poche difficoltà, ma si è pronti a tutto per il proprio posto nel mondo, giusto?
Ho 38 anni – quasi 39 – e giusto giusto ieri abbiamo festeggiato il nostro ottavo anniversario in Cina, paese pieno di contraddizioni e così distante dalle nostre radici culturali Italiane.
Per iniziare credo sia giusto spiegare che noi non siamo expat forzati, ma è stata una scelta fatta come coppia. Abbiamo cercato volontariamente un azienda che prevedesse una residenza all’estero (ai tempi eravamo aperti a quasi qualunque luogo con preferenza su oriente e estremo oriente), quindi una scelta frutto di una storia di coppia e di volontà di mettersi in gioco e di vivere fuori dal nostro contesto sociale solito. Perché? Perché fin dall’inizio come duo ci siamo sempre stimolati ad andare oltre le nostre normali occupazioni (un esempio: insieme ci siamo iscritti all’università per studiare lui giapponese e io invece ebraico e arabo) e i nostri limiti sociali, senza mai forzarci ma sostenendoci e spronandoci vicendevolmente.
In tutto ciò abbiamo sempre avuto la fortuna di avere alle spalle famiglie comprensive con annessi colloqui skype a orari improbabili, recuperi in aeroporti ad orari molto più improbabili e soprattutto la certezza di esserci gli uni per gli altri nonostante le distanze.
Il 13 ottobre 2008 è la data che segna il nostro arrivo in Cina e per la precisione a Huizhou, cittadina ai tempi di medie dimensioni, per la Cina si intende, nella provincia Cinese del Guangdong.
Vivere in Cina fuori dalle grandi metropoli comuni ai milioni di expat ha i suoi lati positivi e negativi, potrei dilungarmi ora ma non credo sia ora il momento, sappiate solo che ai tempi eravamo tra i soli 15 stranieri che vivevano in città e gli unici con una bambina di 22 mesi.
In città non esisteva nessuna struttura ospedaliera che avesse personale parlante inglese, nei supermercati non esisteva latte fresco, per non parlare di burro o altro! Insomma i primi 6 mesi sopravvissi solo perché appunto era stata una scelta fatta con coscienza e volontà.
Poi…poi è diventata casa, nel vero senso del termine: con amici, che alle volte si trasferivano ma con i quali ci si poteva ritrovare in giro per il mondo, e una nuova avventura lavorativa per me.
A questo punto però l’azienda ci aveva chiesto di rientrare ma per noi l’esperienza cinese era ancora in corso e quindi abbiamo scelto di saltare nel buio!
Mio marito era senza lavoro, se non collaborazioni sporadiche, ma siamo riusciti a sopravvivere e abbiamo tenuto duro, fino a che, 2 anni fa, una nuova proposta e una relocation China to China.
Ora siamo nella provincia del Jiangsu, città di Gaochun o meglio quartiere, in quanto paese a statuto speciale inserito nella città di Nanjing ma a 70 km da essa e con un suo autonomo municipio.
Sempre più campagna e sempre più solitari, siamo i soli stranieri che vivono qui e ancora capita che ci fotografino mentre camminiamo.
Quindi nuove avventure e nuove emozioni.
In tutto ciò abbiamo cresciuto una figlia che per forza maggiore ha sempre e solo frequentato scuole cinesi (dalla scuola materna all’attuale scuola elementare), che parla cinese come una cinese e che ci fa spesso vedere, tramite i suoi punti di vista, lati della vita expat non proprio comuni.
Alla fine devo dire che anche volendo essere sintetica non ci sono riuscita…sorry about that! Dopo tanti anni sento il desiderio di condividere le mie esperienze da expat non di lusso ( nessuna azienda ne attuale ne precedente ci ha mai messo a disposizione autisti, contributi scuole, traduttori o altro, solo lo stipendio e i bonus casa) in un ambiente molto diverso dal nostro.
Francesca, Cina.
Gentile signora, una curiosita’. Nel suo racconto, e’ implicito che voi parliate cinese abbastanza bene: in concreto, come lo avete imparato? quanto tempo c’e’ voluto? Grazie e buon proseguimento!
Buongiorno Francesco in realtà il nostro cinese è a un livello intermedio, lo parlo fino a che si rimane su temi semplici e all’ inizio eravamo proprio quasi a zero. Si impara dovendo sopravvivere e una parola al giorno…ancora adesso prendiamo lezioni. Avere una figlia da gestire aiuta molto nel cercare di capire cosa accade intorno a te. Poi che questa figlia si vergogni mostruosamente del tuo accento e altro sono dettagli
Macché prolissità! Anzi! Aspetto con ansia tanti bei post dettagliatissimi sulla vostra esperienza cinese, sarebbero un regalo bellissimo per noi che non conosciamo quella cultura e mai potremo conoscerla direttamente, perché l’esperienza di un viaggio non è come quella di viverci.
Grazie Mila per l’entusiasmo! Se hai domande specifiche sarò ben lieta nella mia prolissità di rispondere! La Cina da tanto ma porta anche tantissimo ai limiti la tolleranza verso il diverso… anche se qui i diversi, alieni, siamo noi.