Sono nata e cresciuta a Torino, ho sviluppato per la mia città un amore viscerale, la amavo quando negli anni ’80 e ’90 era conosciuta come una città grigia e triste e ho continuato ad amarla dopo, dopo le olimpiadi del 2006, dopo la sua “rinascita”. Casa è sempre stata Torino per me. Certo, ho amato altri luoghi – New York, Lisbona, Parigi – ma di città– casa ne ho avuta sempre e solo una.
E poi mi sono trasferita. Sono arrivata a Lussemburgo il 29 giugno del 2015, erano anni che immaginavo/temevo di dover fare questo passo, e quel giorno l’ho finalmente fatto, con una pancia di 8 mesi, una figlia di 6 anni e mio marito.
Non sapevo come sarebbe andata, quando abbiamo deciso di partire non ho ragionato molto sui pro e sui contro, mi sono semplicemente lasciata trasportare dalle mille pratiche burocratiche, le novità al supermercato, gli angoli da scoprire ogni giorno. Non ho pensato che in quel momento non stavo abbandonando solo la mia città, ma stavo abbandonando la mia casa, il mio sistema di punti di riferimento e di sicurezze. Non ho pensato che qualcosa sarebbe cambiato dentro di me, in un punto profondo, non ben identificabile, ma che ha a che fare con la serenità e l’equilibrio.
L’ho capito qualche giorno fa. Ero andata a comprare delle cose in Belgio (qua è così: nel giro di un giorno puoi andare a fare commissioni in Belgio, in Francia e Germania) e, tornando, ho visto il cartello “Lussemburgo” con tutte le stelline intorno, e poi l’altro cartello, quello con scritto Luxembourg patrimoine mondial de l’Unesco, e mi sono sentita per la prima volta a casa. Non so bene cosa sia successo, credo che c’entri quel punto non ben identificabile dentro di me, so solo che in quel momento mi sono sentita parte di quel territorio in cui stavo entrando.
So che ci sono expat che non riescono mai a sentirsi davvero a casa nel paese in cui vanno a vivere. So che ce ne sono altri che si sentono a casa in ogni luogo in cui mettono piede. Per me è stato qualcosa di improvviso, qualcosa su cui non avevo mai davvero ragionato. Forse c’entra il fatto che in questo paese sia tutto molto facile. Parliamo di uno stato che conta 500.000 abitanti, di cui solo 100.000 nella capitale. E parliamo di un posto in cui il 55% della popolazione è straniera , quindi arrivare qua non è come andare ospite a casa di qualcuno, ma è come entrare in un ostello in cui c’è gente di tutti i colori. Gente che come te ha altre radici, sa come possono essere difficili i primi tempi, e ha voglia di aiutarti.
Sì, il cielo è spesso grigio, ci sono giorni in cui Guia mi chiede se il sole sorgerà o no, piove spesso e l’estate è corta, molto corta. Ma io qua sono a casa.
Questo non vuol dire che abbia dimenticato Torino: semplicemente ho trovato un’altra casa. Ho trovato un sistema di punti di riferimento, di sicurezze e di affetti che – per ora – mi fa stare in piedi, in equilibrio. Adoro tornare in Italia, adoro il mio essere italiana, eppure questo piccolo stato più piccolo della Valle d’Aosta oggi è casa mia.
Forse è come con i figli: finché ne hai uno, non ti sembra possibile di poterne amare un altro allo stesso modo. Poi arriva il secondo, e magari il terzo e il quarto, e ti sembra ovvio, ridicolmente naturale, amarli tutti con ogni cellula del tuo cuore.
Valentina, Lussemburgo
Ha collaborato con Amiche di Fuso da Ottobre 2016 a Gennaio 2017
So benissimo come ti senti, dato che per me Sydney è casa… casa a tutti gli effetti, casa che amo con tutta me stessa, anche se dentro dentro so che per me casa sarà sempre Milano.