“Beata te che sai cucinare”.
La frase mi lascia sempre un po’ perplessa: cosa diavolo vuol dire, invece, non saperlo fare?
Ora, la sottoscritta non ha frequentato corsi al Cordon Bleu o chissà che altro.
Ha piuttosto frequentato parecchio la cucina della sua casa da sposata.
Perché diciamolo, prima di quel momento le mie velleità culinarie si limitavano a torte per i compleanni dei familiari.
Però, ecco, non siamo morti di fame né ho avvelenato nessuno quando ho cominciato a farlo per me ed il mio augusto consorte.
Certo, una volta ha mangiato con ostinazione eroica una zuppa di legumi con concentrazione di sale da fare invidia al mar Morto.
Ed un’altra ho lasciato una padella unta su una piastra elettrica accesa ed al mio ritorno c’erano persone con gli estintori fuori dalla porta.
Ma non c’è voluta chissà quale applicazione, doti, intelligenza o inclinazione personale. Piuttosto ho molto da ringraziare la mia vita da expat nei deserti di Nord Africa e Medio Oriente…se non fossi vissuta in luoghi dove non si trovano pronti, probabilmente non mi sarei mai messa ad impastare gnocchi, ravioli e biscotti.
Ed ogni tanto, udite udite, tengo pure dei mini corsi per signore straniere che vogliano avvicinarsi ai nostri sapori, superando il dramma di sapere che no, non cuciniamo sempre fettuccine Alfredo e lasagne con polpette grandi come palle da tennis.
Da questa esperienza nasce una forma di decalogo che passo ogni volta che qualcuna mi chiede lumi su come approcciarsi alla cucina senza per forza combinare disastri:
- Leggete la ricetta da cima a fondo. No, non è scontato. Non si comincia a fare un dolce scoprendo che non si ha la metà degli ingredienti in corso d’opera, né che si doveva accendere il forno un’ora in anticipo.
- Seguite le indicazioni. Se la ricetta comincia con “Tirate il burro fuori dal frigo e lasciatelo riposare” probabilmente quella è un’operazione da non saltare.
- Non sostituite gli ingredienti senza cognizione di causa. Ora, se in un piatto salato potete essere un po’ più creative ed usare una spezia, per dire, al posto di un’altra, la stessa cosa non vale per dolci e pasticceria in generale, che non per niente è definita una scienza esatta. Grammatura e proporzioni tra gli ingredienti fanno la differenza tra un biscotto fragrante ed un mattone, non se ne toglie uno perchè non piace o un altro perchè non ne avete a sufficienza. Quindi a meno che di cognome non facciate Massari o Felder lasciate tutto com’è.
- Usate l’attrezzatura adatta. Se la ricetta richiede una tortiera a fondo apribile ci sarà un motivo. O una di una determinata dimensione o ancora se prevede che venga utilizzato un pentolino a fondo spesso. Ho visto, giuro, mettere un piatto di plastica su una piastra elettrica. Da una persona adulta. Insomma, pensate prima di agire.
- Imparate a conoscere il vostro forno. Questo è un punto dolente, perché non ce n’è uno che cuocia come un altro. Nessun problema, fate qualche prova e non avrà segreti. Questo vuol dire cominciare a controllare il vostro piatto ben prima del tempo indicato in ricetta perché sia pronto.
- Usate fonti valide e certe. Ho paura a chiedermi quanti libri e riviste di cucina ci siano in giro e quanti blog sull’argomento sul web. In entrambi i casi, studiate e valutate se abbiano recensioni positive perchè ahimè in giro c’è di tutto, compresa gente che posta ricette mai provate e foto prese da il cielo sa dove spacciandole per proprie. Ed i libri, anche quelli dei grandi chef, non sono sempre loro a scriverli o revisionarli.
- Se la ricetta non viene alla prima fatevi un esame di coscienza. Ma a volte esistono come dicevo, ricette sbagliate.
- La ricetta viene, ma non vi piace. Beh, avete provato un piatto ed imparato comunque una cosa nuova.
- Fate piatti alla vostra portata. Se non avete idea di cosa sia la sfogliatura del burro non impelagatevi nei croissant. Piuttosto, studiate cosa sia.
- Assaggiate, assaggiate, assaggiate. Avevo una zia che si vantava di capire la sapidità di un piatto dall’odore, ed infatti andare a mangiare a casa sua era una punizione. Credo che solo poche persone abbiano questo dono.
- Tentare di realizzare fuori dall’Italia i nostri piatti tipici presenta a volte qualche difficoltà in più, non potendo reperire gli ingredienti giusti, spesso, o dovendo fare i conti con mille variabili come il clima (sì, influisce anche quello!). Invece di perdervi d’animo, cogliete l’occasione per scoprire qualche piatto locale del luogo che vi ospita e fatevelo insegnare!
Si cucina per mangiare, ok. Ma ricordatevi che per mangiare non bisogna aprire solo la bocca: bisogna aprire un po’ anche la mente 🙂
Il piatto di oggi è una meraviglia di raffinatezza e semplicità che non ha eguali. Mi ha fatto fare bella figura in un paio di cene importanti tanto che nessuno è andato via senza chiederne la ricetta. Provate, ora che stanno arrivando i primi freddi…che nel mio deserto vuol dire essere passati da 50 a 35 gradi! Con un grazie alla mia amica Edda, fonte inesauribile di ispirazioni.
VELLUTATA AL GRANA E FUNGHI
per 4 persone
ricetta ispirata da Un déjeuner de soleil
300 ml di panna fresca liquida da montare
200 ml di latte fresco intero
160 g di Grana Padano grattugiato finemente
250 g circa di funghi, Porcini se siete fortunati o qualunque altro il vostro super proponga
uno spicchio d’aglio
sale, pepe, paprika affumicata
olio extravergine d’oliva
poco prezzemolo tritato
In una larga padella scaldare un paio di cucchiai d’olio con lo spicchio d’aglio sbucciato e leggermente schiacciato con il palmo della mano. Aggiungere i funghi puliti e tagliati a lamelle e farli cuocere su fuoco medio/basso salandoli a metà cottura. Eliminare l’aglio e lasciare da parte.
In un pentolino a fondo spesso mettere il latte e la panna, portare quasi ad ebollizione quindi unire il formaggio, poco alla volta, mescolando bene perché si sciolga.
Far cuocere su fuoco medio per qualche minuto, finché la crema addenserà leggermente e velerà il cucchiaio. Lasciare riposare qualche minuto e dividere nelle ciotole guarnendo con i funghi, il prezzemolo e poca paprika.
NOTE
– la ricetta è facilissima, fare solo attenzione alla fiamma sotto il composto di latte e panna e non lasciarlo incustodito sul fuoco: pulire il latte bruciato non è quella gran gioia…
– la crema non ha bisogno di sale, ma voi regolatevi in base al vostro gusto.
-non trovate i funghi? Sbizzarritevi servendo il piatto con altre verdure saltate e magari dei crostini.
Arabafelice, Arabia Saudita
Ha collaborato con Amiche di Fuso da gennaio 2016 a marzo 2018
Parole sante dalla prima all’ultima..
E come sempre hai fatto centro!!!
Ti adoro!
<3
STORIA DI ALFREDO DI LELIO, CREATORE DELLE “FETTUCCINE ALL’ALFREDO” (“FETTUCCINE ALFREDO”), E DELLA SUA TRADIZIONE FAMILIARE PRESSO IL RISTORANTE “IL VERO ALFREDO” (“ALFREDO DI ROMA”) IN PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE A ROMA
Con riferimento al Vostro articolo ho il piacere di raccontarVi la storia di mio nonno Alfredo Di Lelio, inventore delle note “fettuccine all’Alfredo” (“Fettuccine Alfredo”).
Alfredo Di Lelio, nato nel settembre del 1883 a Roma in Vicolo di Santa Maria in Trastevere, cominciò a lavorare fin da ragazzo nella piccola trattoria aperta da sua madre Angelina in Piazza Rosa, un piccolo slargo (scomparso intorno al 1910) che esisteva prima della costruzione della Galleria Colonna (ora Galleria Sordi).
Il 1908 fu un anno indimenticabile per Alfredo Di Lelio: nacque, infatti, suo figlio Armando e videro contemporaneamente la luce in tale trattoria di Piazza Rosa le sue “fettuccine”, divenute poi famose in tutto il mondo. Questa trattoria è “the birthplace of fettuccine all’Alfredo”.
Alfredo Di Lelio inventò le sue “fettuccine” per dare un ricostituente naturale, a base di burro e parmigiano, a sua moglie (e mia nonna) Ines, prostrata in seguito al parto del suo primogenito (mio padre Armando). Il piatto delle “fettuccine” fu un successo familiare prima ancora di diventare il piatto che rese noto e popolare Alfredo Di Lelio, personaggio con “i baffi all’Umberto” ed i calli alle mani a forza di mischiare le sue “fettuccine” davanti ai clienti sempre più numerosi.
Nel 1914, a seguito della chiusura di detta trattoria per la scomparsa di Piazza Rosa dovuta alla costruzione della Galleria Colonna, Alfredo Di Lelio decise di trasferirsi in un locale in una via del centro di Roma, ove aprì il suo primo ristorante che gestì fino al 1943, per poi cedere l’attività a terzi estranei alla sua famiglia.
Ma l’assenza dalla scena gastronomica di Alfredo Di Lelio fu del tutto transitoria. Infatti nel 1950 riprese il controllo della sua tradizione familiare ed aprì, insieme al figlio Armando, il ristorante “Il Vero Alfredo” (noto all’estero anche come “Alfredo di Roma”) in Piazza Augusto Imperatore n.30 (cfr. il sito web di Il Vero Alfredo).
Con l’avvio del nuovo ristorante Alfredo Di Lelio ottenne un forte successo di pubblico e di clienti negli anni della “dolce vita”. Successo, che, tuttora, richiama nel ristorante un flusso continuo di turisti da ogni parte del mondo per assaggiare le famose “fettuccine all’Alfredo” al doppio burro da me servite, con l’impegno di continuare nel tempo la tradizione familiare dei miei cari maestri, nonno Alfredo, mio padre Armando e mio fratello Alfredo. In particolare le fettuccine sono servite ai clienti con 2 “posate d’oro”: una forchetta ed un cucchiaio d’oro regalati nel 1927 ad Alfredo dai due noti attori americani M. Pickford e D. Fairbanks (in segno di gratitudine per l’ospitalità).
Un aneddoto della vita di mio nonno. Alfredo fu un grande amico di Ettore Petrolini, che conobbe nei primi anni del 1900 in un incontro tra ragazzi del quartiere Trastevere (tra cui mio nonno) e ragazzi del Quartiere Monti (tra cui Petrolini). Fu proprio Petrolini che un giorno, già attore famoso, andando a trovare l’amico Alfredo, gli disse che lui era un “attore” della cucina romana nel mondo e gli consigliò di attaccare alle pareti del ristorante le sue foto con i noti personaggi soprattutto dello spettacolo, del cinema e della cultura in genere che erano ospiti di “Alfredo”. Anche ciò fa parte del cuore della bella tradizione di famiglia che continuo a rendere sempre viva con affetto ed entusiasmo.
Desidero precisare che altri ristoranti “Alfredo” a Roma non appartengono e sono fuori dal mio brand di famiglia.
Vi informo che il Ristorante “Il Vero Alfredo” è presente nell’Albo dei “Negozi Storici di Eccellenza – sezione Attività Storiche di Eccellenza” del Comune di Roma Capitale.
Grata per la Vostra attenzione ed ospitalità nel Vostro interessante blog, cordiali saluti
Ines Di Lelio
Conosco bene la storia di questo piatto e mi spiace sempre vedere come venga storpiato all’estero. Grazie per il contributo 🙂
Provata!Deliziosa!!!
Accidenti, velocissima!!! Grazie ^_^
Ho apprezzato il decalogo con 11 punti ( mi fai ridere, non te lo dico per fare le pulci, ehh!! 😛 ).
Ho apprezzato i commenti dei suddetti punti.
La vellulata la devo fare per i miei uomini che sicuramente chiederanno il bis, tris all’infinito…
Credo che raddoppierò gli ingredienti e nessuno si lamenterà…
Besos ^_^
Sei stata l’unica a notarlo, pare 😀 😀 😀 e grazie!
Grazie Stefania.
Grazie per i tuoi sempre ottimi consigli.
Grazie per le tue stupende ricette.
Grazie per avermi fatto conoscere Edda.
Grazie per la tua generosità.
Grazie a te della tua gentilezza <3
Mi piace questa ricetta, mi servono alimenti liquidi almeno per una settimana;)
Grazie dell’idea
Almeno non è il solito brodino 🙂
Uh che bontà! Peccato non poter mangiare latticini.. ;_;
Anch’io sono di quelle che “sa cucinare” non si sa come.. e concordo con tutto il tuo decalogo+1, alla fine poi basta il buon senso. Io però la sapidità dall’odore la sento davvero.. e di solito ci prendo, raffreddore a parte! 😉
Ma infatti molte persone riescono….e invidia totale da parte mia 🙂