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Dal Canada: Elena

Ogni espatrio è diverso, ogni famiglia e vita che lo affronta è differente con emozioni e sentimenti con cui si combatte e con cui forse si fa pace. In tutti si possono trovare fasi simili: la decisione, il trasloco, i primi mesi e la realizzazione. Son fasi delicate che ognuno affronta a modo proprio, in base al background e alla propria personalità, oggi ospitiamo Elena che ci racconta la sua versione di espatrio che l’ha portata in Canada. 

Sono Elena, nata a Livorno 46 anni fa, un marito ingegnere navale-meccanico, una figlia di quattordici anni adottata quando ne aveva poco meno di due e due cani.
La mia vita e la mia personalità sono complesse. Non sono una che si accontenta facilmente delle situazioni “facili”. Non ho un passato di expat life.
Mi sono sposata a 23 anni, con mio marito allora ufficiale di marina, senza arrivare alla laurea in scienze politiche e da li è iniziata la storia di traslochi in varie città italiane, dal nord al sud e ritorno.
Siamo finiti più a lungo (dopo la decisione di lasciare la Marina) prima a Mogliano Veneto(TV) e dopo a Trieste, dove si vive benissimo ma la famiglia ha sofferto molto per un coinvolgimento iper-mega-esagerato di mio marito nel lavoro. Giunge improvvisamente un anno e mezzo fa l’opportunità di un trasferimento ad Halifax,NS – Canada.
Lì cercano uno come mio marito per far partire la costruzione di una nuova flotta navale canadese, lavoro a tempo indeterminato e ben pagato…ma soprattutto una sfida per tutti noi: per lui che può ulteriormente rimettersi alla prova, per me che posso trovare tante novità e per la nostra ragazza che può finalmente capire cosa vuol dire essere cittadino del mondo!
Di fronte alla proposta la famiglia dice SI’ compatta: questo è stato il momento che mi ha dato la gioia più grande, dopo 22 anni di matrimonio, una fantastica e confortante prova di forte unione.
Canada Amiche di fuso
Si parte il 25 ottobre del 2014.
Non c’è bisogno di spiegare proprio a voi cosa voglia dire impacchettare la propria vita e i propri sentimenti per lasciare il paese amato con una vita organizzata completamente, case da vendere/affittare, carte e burocrazia, cani da preparare…40 piedi di container finale.
I primi tempi sono andati come un treno con l’adrenalina a mille, produttività piena, casa comprata dopo un mese, nuova patente con regolare esame scritto e pratico, scuola iniziata a novembre senza neanche perdere l’anno come invece prevedevamo…eravamo pieni di forza e coraggio. Poi è iniziato l’inverno quello cattivo, lungo lungo, quando tutti spariscono nelle tane e non ti fai una chiacchierata con nessuno, mia figlia non trovava amici a scuola perchè il modo di fare qui è molto diverso dal nostro, mio marito passava ogni metà del mese da dicembre a giugno in Europa, spalare la neve ogni mattina per uscire di casa è faticoso…
Siamo nella fase più brutta, più difficile dalla quale sto ancora cercando di uscire sana e salva. Ad un certo punto l’adrenalina scema, la novità passa, la stanchezza avanza.
La fatica di non bollare tutto con un rifiuto ma cercare, invece, la spiegazione di tante cose così diverse dalle nostre e l’accettazione da parte nostra per entrare a far parte di questo mondo nuovo è tanta… ci sono molte cose migliori e altre peggiori rispetto alla nostra tradizione.
Non dobbiamo dimenticarci il motivo per cui siamo partiti: complicarsi la vita per cercare un senso più complesso al nostro esistere (o qualcosa del genere!!)
Ecco: ho riassunto senza troppi dettagli la mia esperienza in 11 mesi qui.
La differenza che trovo con i vostri racconti belli e ben fatti è questa: io resto qui (o ci provo!), io sono qui per rimanere. Il mio non si chiama trasloco, periodo all’estero o che cavolo si vuole dire… la mia è in inglese detta “relocation”. e io non avevo previsto completamente la ripercussione di ciò sul mio essere! Ero abituata ai traslochi…
E’ un vantaggio, forse, perchè faccio le cose in maniera definitiva, non mi sento precaria, ma è un coltello a doppia lama: psicologicamente accettare una nuova cultura tanto a fondo da farla divenire la mia quotidianità alla nostra età (mia e di mio marito quasi cinquantenni e di mia figlia adolescente) non è facile per niente, l’eredità italiana è grande e indelebile.
Si inizia a sognare in inglese, a non trovare tutte le parole per spiegare le tue emozioni e aprire il tuo cuore ai nuovi conoscenti locali, a rimanere in una terra di mezzo che non è nè il desiderio forte di tornare indietro nè il conforto pieno di rimanere.
Potrei parlavi ore delle piccole esperienze quotidiane, aneddoti sulle nuove leggi, sulla guida in auto, la scuola diversa, le telefonate talvolta incomprensibili, il mondo tutto bianco per quattro mesi…
Ma questo diventerebbe un libro. Invece mi sfogo quotidianamente sull mia pagina facebook (Elena Giovanneschi) dove amici e parenti seguono i miei progressi.
Per inciso: qui di italiani di fresco arrivo non ce ne sono molti. Solo espatriati anni ’60 e ’70 i cui figli e nipoti non parlano italiano. Non ci sono amiche di fuso e non c’è “Little Italy” in città, a parte una associazione Italo-Canadese.
Insomma si vive alla canadese maritime o “east-coast life”.
Baci a tutte e grazie per i vostri racconti on line.
a presto,
Elena, Canada
Canada Amiche di Fuso
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