Qualche giorno fa mi ha fatto sorridere un commento che ho ricevuto sulla nostra pagina facebook al mio post sulle 10 cose che mi piacciono di Kuwait.
Mi è stato scritto “io sono una romanticamente malinconica, tendenzialmente solitaria e mostro l’entusiasmo con grandi sorrisi, tu sei una bomba di ottimismo socievole e travolgente. Ad averti accanto penso mi verrebbe il mal di mare”.
Mi ha fatto riflettere. Penso che per certi versi davvero io faccia questo effetto e spesso più che attirarmi simpatia mi attiro antipatie con la mia esuberanza.
E’ anche vero che spesso la mia energia viene fraintesa e non si capisce che anch’io ho i miei momenti bui. Solo che odio così tanto stare male che reagisco. È più forte di me.
Ultimamente però confesso di sentirmi un po’ persa.
Sognavo tanto di rientrare per le vacanze in Italia. Di stare di nuovo con la famiglia e nei luoghi che amo.
Eppure una volta lì, mi sono sentita spesso insofferente, incompresa, non a mio agio.
E sopratutto senza alcun entusiasmo.
Ho sofferto di questi miei stati d’animo che così poco mi appartengono. Mi sono sentita pure in colpa verso i miei cari.
Ma ho dovuto accettare che in questo momento sono io un mare in tumulto.
Sarà che vivere fuori da quasi quattro anni sta inevitabilmente cambiando la mia persona. Senza contare i venti anni vissuti a Milano.
Se l’anno scorso è stato un rientro euforico grazie alla soddisfazione di aver pubblicato un libro ed al piacere e alla gioia che mi ha dato girare l’Italia per promuoverlo, quest’anno no.
Ora mi trovo in una fase di domande. Di studio.
Ho sognato ben due volte di guidare senza avere una meta.
Senza addirittura vedere la strada. Ero più bassa del cruscotto, tenevo il volante senza vedere nulla.
E il signficato mi pare molto chiaro.
Vivere due mesi in Italia ha acuito questa mia percezione.
Perchè quello non è il mio mondo. No, non lo è più.
Ma nememno questo Kuwait può esserlo del tutto e per sempre.
Inoltre, quando torno in Italia, non vado nella mia casa milanese, ma dai miei genitori.
Ritorno a dormire in una sola stanza con mia figlia e mio marito. Le mie sorelle sono nelle altre stanze con i loro mariti ed i figli. I miei genitori in un’altra ancora. Tutti insieme appassionatamente.
E se mia figlia adora quel “caos”, io ogni tanto mi perdo.
Senza contare le domande che ricevo o la sicurezza con cui gli altri mi definiscono.
“Sei cambiata”.
Si è vero sono cambiata. E’ un male?
Al mio bisogno di essere circondata da bellezza perchè vivo in un posto che bello non lo è ed al mio lamentarmi per la sporcizia che vedo in giro, loro rispondono “esagerata”. Se a quarantadue anni non mi interessa uscire in piazza per mangiare il gelato sono “noiosa”. Se a sentire ripetere solo i titoloni dei giornali o frasi fatte, senza davvero capire quello che c’è dietro, mi vengono i brividi e me ne lamento, mi sento dire “tu che ne sai che sei andata via”. Se spiego i pregi del mio nuovo mondo ecco un “Io non potrei mai vivere così”.
Vivere lontano, senza nessuno che mi viene mai a trovare, senza nessuno che mi dice cosa devo fare, arrangiandomi sempre da sola, mi ha fatto diventare più forte, ma anche più insofferente. Pure un pò permalosa.
Mio marito, che è arrivato dopo e si è fermato solo tre settimane, era più euforico, si è adattato meglio e ha fatto tutto ciò che veniva proposto. Un giorno mi ha detto: “sembri sempre un pò ubriaca, assente”.
E io gli ho risposto: “E’ vero. E’ la mia arma di salvezza. Mi estraneo”.
Ma anche a Milano ho avuto i miei dubbi. Ci sono tornata da sola. Ho visto tutti i miei meravigliosi amici che però dopo quasi quattro anni sento poco. Sono uscita tanto, tutte le sere. Tutti sono stati premurosi con me. Sono andata a trovare le colleghe, ma non ho avuto il coraggio di salire in quel grande grattacielo. Ci ho lavorato 10 anni e conosco davvero tanta gente lì. Non avevo voglia di incontare tutti e dire le solite cose.
Li ho aspettati nel bar sotto e a turno sono venuti a trovarmi i più cari. Quelli a cui non devo dire nulla. Ho solo ascoltato.
Nella testa avevo la solita domanda ” vorresti ancora stare qui?“.
E mi sono detta no. Per la prima volta ho pensato no. Non vorrei più. Nonostante quando vedo Milano ritratta in un film io pianga sempre. No, non l’ho più sentita come il mio posto perfetto. Quella sensazione, che provai a 12 anni andandoci per la prima volta da turista, è scomparsa.
E se da un lato è una liberazione, da un lato è uno shock non avere più il tuo posto nel mondo.
Alla domanda che ci ha posto una romana in america su cosa ci manca dell’Italia, io ho risposto: “Dell’Italia mi manco io. O quell’idea che avevo di me. Non sempre, per carità. Vivere all’estero, soprattutto in posti non sempre facili, se da un lato ti fa sentire più forte, spesso ti fa sentire sola ed impaurita. Con poche certezze e con una meta alquanto nebulosa da raggiungere. Insomma, quello che galvanizza è anche quello che ti consuma.”
Per quanto questa vita mi piaccia e mi stia dando tante emozioni, io ancora mi sorprendo di quello che sono diventata. Di avere una vita così diversa da quella che mi ero immaginata.
E sopratutto di non avere un’idea precisa del mio ruolo in tutto ciò.
A dicembre dovrò prendere una decisione importante licenziandomi da quel grande gruppo.
I colleghi fanno il tifo per me. Gli altri dicono che sono pazza.
Con mio marito ne abbiamo parlato tanto e valutato anche un mio rientro in Italia sola con la piccola.
Ho contatatto scuole, fatto liste, immaginato soluzioni.
Ma onestamente ho capito che non è quello che voglio. Non voglio crescere mia figlia da sola. Con un papà meraviglioso lontano. Non staremmo bene. Né posso chiedere ancora a mio marito di lasciare il lavoro qui e rientrare in Italia senza avere altro in mano. Sarei una folle. Lui l’ha già fatto una volta. Inoltre io in quell’ufficio non mi ci vedrei più. Mio marito nel frattempo studia piani B e C. Che quasi sempre includono paesi stranieri. Senza contare che sembra sempre che dobbiamo cambiare a breve a causa di nuove offerte di lavoro.
Quindi guidiamo senza una meta.
Io mi alleno ad accettare che si cambia. Che non diventiamo per forza quello che immaginavamo.
Un giorno ho mandato un messaggio a Drusilla chiedendole: “Ma non ti spaventa questa scelta?? Tu come ti vedi?”
Ma lei sta affrontando un’altra fase. Per nulla semplice anche se non si lamenta mai. Ha insomma altri problemi.
Forse ha ragione la mia amica Maddalena, sarebbe triste fare adesso le stesse cose di 20 anni fa, ascoltare la stessa musica, percorrere le stesse strade.
E poi chissà, probabilmente la stessa vita milanese sarebbe comunque diversa.
Ma non temete, appena rientrata ho messo a posto il puzzle.
Mi sono rimboccata le maniche e mi sono fatta un bel programmino.
Con delle amiche abbiamo costituito un comitato Buongiorno Kuwait. Abbiamo un bel programma che spazia dallo story telling ai bimbi italiani, alle visite guidate presso i luoghi più belli del Kuwiat, dai coffee morning al club del libro. Stiamo organizzando una bella mostra e poi un evento charity per i rifugiati.
E con Drusilla coltiviamo un altro sogno.
Come vi ho detto odio stare male. Reagisco sempre.
Sto imparando ad accettare che sono cambiata.
Che mi piace stare anche da sola, tranquilla a casa a guardare la tv. Che forse sono pure un pò noiosa e monotona. Però una Mimma permalosa non si può sopportare e su quello voglio lavorarci.
Così come devo accettare che non devo capire tutto ora.
Che forse guidare senza meta ha anche un suo bel perchè.
Non solo perché la gioia senza tristezza perde significato, come la luce senza il buio, ma anche perché la tristezza sa aprire squarci che permettono di guardarsi dentro da una prospettiva nuova. Rende consapevoli. Dunque umani. Come ha scritto Gramellini recentemente.
Sopratutto mi ripeto una frase di un libro che un fidanzato scapestrato, che però fece tanto bene alla mia vita, mi regalò. Mi vedeva troppo precisa. E scelse Veronica decide di morire di Choelo per la frase riportata sulla copertina:
“Il vero io è quello che sei e non quello che ti hanno fatto credere di essere”
Evidentemente il mio vero io è più complesso di quello che pensavo.
Mimma, Kuwait
E’ proprio vero che quello che ti fa felice a 20 anni, non ti fa più felice a 30 e men che meno a 40. Fossi anche rimasta a Milano, forse ora come ora quella città ti sarebbe comunque stata stretta. Forse non ci si saresti più comunque ritrovata. Anche per me valgono molte delle sensazioni che descrivi, e forse è giusto così. Perchè l’espatrio e la vita all’estero necessariamente ci cambiano. Non in male nè in bene. Ci cambiano e basta. Io faccio il tifo per te! x
Dolcissima Claudia io ho sempre pensato che la mai vita sarebbe stata più o meno in un certo modo e se per un periodo l’aver stravolto tutto mi ha dato molta adrenalina ed energia…ora sono in una fase di stanchezza…ma va bene…così. E’ una fase. Grazie tesoro….
Capisco il tuo stato d’animo… Un po’ l’ho provato anche io quest’estate quando mi sono ritrovata per un pezzo di ferie nella mia amata Sardegna… Dopo 9 anni via, per la prima volta ho capito che casa non età più nell’isola, ma a Milano…. Per la prima volta ho notato che è una realtà che mi appartiene più e che non riuscirei più a viverci… Quando mi chiedono “ma come fai” etc, rispondo sempre che è questione di abitudine…. La vita ci fa fare delle scelte, per amor proprio o per quello di altre persone e spesso comportano dei sacrifici… Quando però vedi i risultati e vedi che nonostante tutto ce l’hai fatta, pensi che rifaresti quelle scelte altre mille volte….
Si penso pure io che poi ti senti forte ad aver stravolto tutto. E il più delle volte mi sento così. Solo che ogni tanto ci si sente pure un po’ persi. Un abbraccio.
Penso che guidare senza meta, per un periodo, possa essere anche una cosa bella, sapere che la strada da percorrere non è già tracciata, guardarsi in giro, curiosi, increduli, anche un po’ spaesati e poi prendere una svolta piuttosto che un’altra dopo avere avuto un’idea dei dintorni…magari con una persona che condivide il viaggio e insieme decidete la direzione…goditi il viaggio intanto, dove andare al momento opportuno lo capirai!
Grazie Tiziana, si hai ragione e per molto tempo è stato così. Io dico spesso benedetta Kuwait che mi ha stravolto la vita…Ricomuncio a viaggiare senza meta…e si cercherò di far prevalere la curiosità all’ansia. Grazie ancora del commento.
Cara Mimma, non illuderti che se fossi rimasta a Milano, la tua vita avrebbe ancora una meta. Non illuderti che non avresti sentito questo straniamento, che non ti saresti posta le stesse domande.
Io sono più giovane e ancora qui, ma me le pongo comunque continuamente.
Perché forse fa parte della vita,forse è il motivo che spinge a migliorare la nostra vita, a crescere sempre. O forse è solo una forma di inquietudine profonda e caratteriale, che nel tuo caso è acuita dalla lontananza e da esperienze di vita diverse da quelle dei tuoi amici e familiari.
L’insofferenza quando si è inItalia di cui parli, la permalosità, la distanza le ho notate in molti conoscenti e nei nostri amici Expat, dopo un un po’ di anni all’estero: sono veramente fastidiose per chi le subisce ma credo anche comprensibili.
Forse chi rimane sente di dover difendere la propria posizione e finge di non vedere o non dare peso ai lati negativi dell’Italia e chi torna si sentite attaccato e a sua volta ha bisogno di difendere la propria scelta, minimizzando i lati negativi ed esaltando quelli negativi.
Non è facile, ma se c’è sentimento, arricchisce.
Tutti i saggi dicono che l’importante è il viaggio, non la meta. Quindi viaggia e basta!!
Cara Giulia, quanto mi sono cari i tuoi commenti. Si è la prima cosa che mi sono detta, basta preouccuparsi della meta. E finora l’ho fatto e anche bene. Però ogni tanto un pò di paura c’è. Ti abbraccio
Eh, in fondo sei umana!!!! 😉 !
Che post intenso, Mimma.
Mi ci ritrovo in toto., quasi tu fossi riuscita a dare voce ai miei pensieri.
Anche la mia vita passa atteverso tre luoghi- Puglia, Milano e Londra-
In ognuna ho legami che mi vincolerebbero, ma che non riescono a farmi tornare. Anch’io come te ho un’aspettativa che ancora tiene in vita la possibilità di rientrare, ma ogni volta che ritorno sento che la mia persona fa fatica a ritrovarsi in quelle dinamiche.
Ti capisco profondamente, Mimma.
E ti auguro di trovare una tua dimensione anche nella “precarietà” di questa vita senza una fissa dimora.
Simona
Si alla fine la troviamo tutti la nostra dimensione. Alcuni leggendo questo post mi hanno detto torna. Ma è questo il mio problema ormai non potrei più farlo. Ce la faremo….un abbraccio a te.
Cara mimma come ti capisco e apprezzo la tua onesta’ nel rivelarti negli aspetti piu’ profondi e personali. Mi ci ritrovo nelle tue riflessioni e senso di estraniamento sia all’estero che in Italia. Per questo fa bene scambiarci opinioni e pensieri su Adf. Un abbraccio
Laura…si per me questo gruppo è una grande risorsa. Ed io sono diventata appassionata di blog degli expat per quello, ti senti capita. Grazie mille….e un abbraccio a te
A 42 anni mi sembra di rivive una nuova adolescenza in cui sono più matura,più preparata più saggia,più più più… ma alla fine sempre troppo di fronte ad un’estranea che prende il sopravvento. È nata una nuova me che non conosco e mi destabilizzare continuamente. Mi offendo per le scortesie anche banali, mi intimorisco facilmente, mi annoio a morte per discorsi futili salvo poi estraniarmi da discorsi più appassionati ma con persone che non mi interessano… io che ero la miccia, il traino, il motore adesso sono spesso in bilico fra il nulla e il vuoto e niente mi appassiona come prima delle cose di prima… Questa nuova me è un’aliena. Se ti più consolare io vivo fra le mie montagne piemontesi da sempre ma mi sento senza un luogo a cui ricondurmi da un po’sintomo che se la confusione è interiore neanche i soliti noti possono alcunché. Credo si tratti dell’età.siamo in fase di delicata evoluzione. Mi sembra non valgano le regole delle scorse evoluzioni perché un cambiamento così radicale lo ricondurrei solo all’adolescenza in cui però eravamo tutt’altro. Ora sappiamo affrontare quasi di tutto, così sicure di noi ci cambiamo le carte in gioco. Io un centro non l’ho ancora trovato per cui si solo descrivere i sintomi. Mi aiuta molto il silenzio (ehm mm. .. ho una bimba di 4 anni…)ma neanche troppo… sono tutto e il contrario di tutto. Per ora vivo cercando di scoprire l’aliena che sta prendendo il sopravvento e di conoscerla, non le va mai bene niente però…
Come hai scritto bene. Mi sono ritrovata in pieno. Ho avuto la sensazione di guardarmi allo specchio. Incredibile. Facciamo il club delle aliene. Dici che è una nuova adolenscenza? Grazie mille…davvero bello sentirsi come dire “capiti” e alieni in compagnia.
Direi alieni alienati in compagnia… 🙂
[…] cambiata. Nei suoi post “Fino a che punto si può rinunciare” e “Guidare senza meta” viviamo con lei tutte le sue riflessioni. […]
[…] esercizio costruttivo, ma a volte anche estenuante. Faticosissimo. Ho spesso avuto la sensazione di guidare senza meta. Di avere poche idee e nebulose. Anzi di guidare sperando solo di andare via presto. Avevo bene in […]