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Da Philadelphia: Crisomelide

Oggi vi presentiamo Crisomelide che è una expat partita per Philadelphia al seguito di un biologo e di un gatto siberiano, affascinata dall’idea di avere a disposizione almeno un anno per scoprire una nuova cultura, una nuova città, imparare una nuova lingua e mettersi alla prova. Questo un suo resoconto fatto nei primi mesi del suo espatrio. 

Appassionata di letteratura, poesia, cinema, arte e musica, pervasa dall’entusiasmo per la nuova “vita americana” ha deciso di aprire un blog Crisomelide in Philly, per condividere esperienze, pensieri e curiosità di una vita all’estero.

Lasciare l’Italia e vivere in un Paese straniero è un’esperienza che regala un’altalena di emozioni ogni giorno diverse. La scoperta più importante che credo di avere fatto in questi mesi è che un’avventura di questo tipo, in apparenza così unica, accomuna la vita di molte persone, qui e ora; la gioia è incontrare queste persone e condividere con loro il nuovo percorso che si è scelto di intraprendere.

Vivo a Philadelphia da quattro mesi, un tempo limitato, un tempo ragionevole per poter iniziare a fare qualche bilancio.

Philadelphia è una città ricca di storia, una delle più antiche d’America. Fondata nel 1682 dal quacchero William Penn, tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX fu la città più grande del Paese. Qui sono state redatte la dichiarazione di Indipendenza (1776) e la Costituzione statunitense; le squadre di baseball, di hockey, di football e di basket sono il collante di un amore viscerale per la propria città, molto presente e tangibile un po’ ovunque, e le numerose università contribuiscono ad assicurare una presenza multietnica affascinante.

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Sbarcata negli States, una volta sbrigate le questioni burocratiche e accertatami che il gatto si fosse ambientato a dovere (i primi giorni la sua nuova casa era diventata lo spazio dietro la lavatrice, non esattamente un luogo pulito e facile da raggiungere per recuperarlo…), come molte expat mi sono dedicata a migliorare il mio inglese, un inglese scolastico e molto “British” come ho scoperto presto, frequentando un corso di ESL avanzato. Con una stupefacente insegnante ultra novantenne ed una classe multietnica il corso si è rivelato un ottimo modo per prendere confidenza con l’americano e per incontrare persone da tutto il mondo.
Questo è stato il primo passo di quello che ho deciso essere il “modus operandi” per questi primi mesi; parola d’ordine: “mettersi alla prova”.

Ho riflettuto un po’ su cosa significhi per me “mettersi alla prova” e sono arrivata a queste conclusioni che voglio condividere con voi…

Mettermi alla prova significa: capire come funziona questo grande Paese dai mille contrasti, imparare a viverci cogliendo tutte le opportunità e valutando con distacco e cognizione di causa problematiche e difetti.

Significa anche ripassare in testa nuovi vocaboli, sognare in una nuova lingua e accettare il fatto che, dopo quattro mesi, non è così assurdo trovarsi in difficoltà nell’esprimere la propria opinione ad un incontro di poesia contemporanea americana…

Significa spiegare l’Italia a chi con curiosità chiede della situazione politico-sociale del nostro Paese e provare a farlo senza troppa acredine e sempre con un pizzico di orgoglio, nonostante tutto.

Il confronto con una realtà diversa ti costringe a volte a rivedere le tue posizioni e a “forzare” alcune caratteristiche del tuo carattere.

Nel mio caso essere qui senza conoscere nessuno mi ha obbligato a diventare più socievole, a fare il primo passo nelle relazioni, ad acquisire maggiore consapevolezza di me stessa e delle mie capacità.  

Per il resto… Ci si abitua in fretta alle videochiamate un po’ sconnesse con parenti e amici, all’audio che va e viene, alle domande costanti dei familiari sul cibo, sul caffè italiano e sulle condizioni climatiche avverse (in particolare l’inverno scorso è stato terribile qui a Philadelphia e un po’ di timore lo avevamo anche noi prima di trasferirci…)

Quattro mesi è ancora un tempo limitato e non posso certo dire che l’Italia già mi manchi… Però mi capita ogni tanto di pensare al mio Paese con un misto di amarezza e desiderio, una sensazione che si amplifica quando qualcuno mi chiede del cibo italiano, della cultura, della lingua e dell’arte…

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Il sano entusiasmo americano di fronte alla vita è quello che oggi forse più manca alla mia generazione – la generazione a cui appartengo, che ha superato i trenta spesso con poche soddisfazioni alle spalle e una grande incertezza esistenziale e che non sa ancora cosa aspettarsi dai non troppo lontani quaranta –; è un misto di stupore e ingenuità che cerco di respirare più che posso e fare mio, nella speranza che, assorbendolo, diventi un giorno contagioso.

Crisomelide, Philadelphia

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Se anche tu sei come noi una #adieffina per il mondo, alle prese con nuove abitudini, costumi, lingua e fusi sei la persona che fa per noi. Raccontaci la tua storia, chiacchiera con noi, allarga i nostri orizzonti. Questo spazio è tutto per te .

4 Comments

  • Piacere di conoscerti! Io sono expat da 7 mesi in Australia (Perth) e condivido molte delle tue sensazioni!
    In bocca al lupo per questa nuova avventura 😉

    • Grazie mille Mammarch 😉 Un grosso in bocca al lupo anche a te… non sono mai stata in Australia ma immagino sia un cambiamento enorme!

  • Mi riconosco nelle tue sensazioni, l’entusiasmo e le perplessita’, soprattutto nel volgere lo sguardo all’ Italia con ‘un misto di amarezza e desiderio… Mi piace il tuo modo di affrontare questa nuova realta’. In bocca al lupo!

    • Grazie Laura Galles! Credo che confrontarsi con una realtà nuova sia sempre stimolante e utile… oltre all’entusiasmo del vivere una nuova avventura per me è quasi inevitabile pensare ogni tanto al mio Paese ed il risultato è un misto di sentimenti diversi, proprio come contrastante e piena di contraddizioni è l’Italia… In bocca al lupo anche a te! 😉

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