Nel suo primo post Giulietta trattava l’argomento figli: in questo secondo post ha dato la parola proprio alle sue figlie, intervistandole una ad una: le risposte sono davvero interessanti e sicuramente un punto di riflessione per tutti i genitori che intraprendono la vita di expat. Abbiamo sempre mille preoccupazioni e paure nel fare iniziare questa avventura, ma sempre i nostri piccoli, e grandi, riescono a stupirci. Ora vi lasciamo alle bellissime risposte di queste tre ragazze e vi ricordiamo che potete seguire le avventure di Giulietta nel suo blog I Cerruti in India.
Camilla è la più piccola delle mie fanciulle, 13 anni, in middle school. Un ricordo tra i tanti che ho di lei all’estero: quando si rivolgeva con accento giapponese alle giapponesi che immancabilmente le urlavano dei Kawaii (carina) accarezzandole la testa biondissima: lei faceva loro il verso e le lasciava di stucco.
Cosa pensi della tua vita di bambina d’expat?
E’ un bella opportunità, ho potuto abitare in posti diversi, conoscere ragazzini come me….
Come te cosa vuol dire?
Beh persone che hanno vissuto in altri paesi: sono più aperti sul mondo e non hanno un posto che è casa: sono a casa ovunque.
Ma tu pensi di aver creato una relazione speciale con un Paese in cui hai vissuto?
Con uno non credo, penso con tutti in modo diverso.
E le tue radici dove sono? (ammetto che fa un po’ paura fare questa domanda ai propri figli, le radici spaventano noi genitori, anche se da expat si incomincia a pensare a radici in diversi posti e non in un posto solo)
Un po’ ovunque e dopo in Italia… (fa piacere)
Cos’è l’Italia per te?
E’ il posto in cui non ho mai vissuto, ma per il quale sento qualcosa di diverso.
L’averti sempre spostata senza chiederti il permesso, cosa ti ha fatto?
Mi ha fatto bene perché secondo me è un bel regalo quest’esperienza: abbiamo viaggiato tanto, ho visto un sacco di mondo, ho fatto cose diverse rispetto a tanti miei coetanei.
L’idea di fermarti in un posto ti piace?
Mah, sarebbe un po’ la fine di un capitolo della mia vita, mi piace la situazione precaria in cui non sai se resti o parti!
Cos’hai provato tutte le volte che ti abbiamo detto che partivamo?
Ero sempre un po’ triste, ma ho imparato a convivere con tutto ciò. Mi è sempre piaciuto partire per arrivare in un posto nuovo.
Qual è il Paese che ti è piaciuto di più?
Difficile, ognuno mi è piaciuto a suo modo con le sue cose da apprezzare.
E se dovessi tornare in un paese per viverci dove torneresti?
Non so se mi piacerebbe tornare in un paese, sarebbe difficile e nostalgico, preferirei qualcosa di nuovo.
Rifaresti la stessa vita da grande?
Perché no, anche se il lavoro che voglio fare non me lo permetterà, voglio fare l’avvocato.
Quindi il tuo futuro lo vedi negli States?
Sì, però cercherò di trasmettere ai miei figli al mia cultura italiana e anche la francese.
Il tuo più bel ricordo?
La facilità con la quale crei relazioni forti con i tuoi amici, le crei perchè hai fretta, sai che partirai. I bambini expat sono più aperti e pronti a fare amicizia, capiscono cosa hai vissuto.
Che consiglio daresti ad un ragazzino che si appresta a partire?
Non dovete avere paura di avvicinarvi agli altri, dovete vivere tutti i momenti come se fossero gli ultimi, quindi intensamente e questo perché poi partirete e non avrete più tempo per viverli insieme a loro.
Pensi che la tua vita sarebbe stata più semplice se fossi rimasta sempre ferma in un posto?
No, non sarei quella che sono: mi sento enfant du monde! Mi sento più capace di capire il mondo rispetto agli altri bambini e ragazzini della mia età.
Chiara ha 15 anni, 10th grade. Un ricordo che ho di lei in questa vita d’expat: la sua disperazione partendo dall’India, la macchina che correva verso l’aeroporto, le sue lacrime dolorose e quella richiesta disperata di rimanere lì, mano nella mano, con la sua amica del cuore…
Cosa pensi della tua vita di bambina d’expat?
E’ un’esperienza unica che non tutti possono vivere. Essere un bambino expat rende la nostra vita molto diversa, ci permette di farci un sacco di amici intorno al mondo. Per me è l’esperienza che tutti i genitori dovrebbero offrire ai loro figli una volta nella vita, se ne hanno l’occasione.
E le tue radici dove sono?
Penso che le più profonde siano in Francia, ne ho piantate però un po’ ovunque e le più fresche in America, dove diventeranno ancora più profonde perché adesso sono più grande.
Ma tu pensi di aver creato una relazione speciale con un paese in cui hai vissuto?
No, non credo: ogni paese è diverso, e ogni età è diversa quindi le relazioni non sono paragonabili.
Cos’è l’Italia per te?
casa (ecco una sola parola, semplice è precisa, casa, fa piacere….)
L’averti sempre spostata senza chiederti il permesso, cosa ti ha fatto?
L’ho vissuto bene anche se ad esempio l’ultima volta avevo paura, ero più grande (12 anni). Ma in realtà è tutto molto più semplice di quello che ci si possa immaginare.
L’idea di fermarti in un posto ti piace?
Mah…. non posso dire che adesso vorrei traslocare, almeno con voi per il momento….ma penso che da adulta forse sì, non mi vedo a stare ferma in un posto: vorrei che anche i miei figli vivessero le stesse esperienze che ho vissuto io.
Cos’hai provato tutte le volte che ti abbiamo detto che partivamo?
La prima reazione era di gioia, poi pensandoci avevo paura: paura di non essere poi contenta, di non trovare amici, della differenza culturale, di perdere gli amici di prima. Un misto di paure…
Qual è il Paese che ti è piaciuto di più?
La California, perchè è il posto in cui vivo adesso, dove ho i miei amici. È il posto migliore in cui vivere quando si è adolescenti. (non ha mica torto)
E se dovessi tornare in un Paese per viverci dove torneresti?
In Giappone, perchè è un Paese molto diverso dal resto del mondo, divertente da vivere.
Rifaresti la stessa vita da grande?
Sì, com’è ho detto prima se avrò l’occasione la coglierò al volo.
Il tuo futuro dove lo vedi?
Qui in America all’inizio, poi chissà.
Come trasmetterai ai tuoi figli l’italiano la cultura dei tuoi genitori?
Ci proverò ma non credo sarà semplice, non credo che sposerò un italiano, cercherò di trasmettere qualcosa…
E il francese?
Sarà più facile, è più la mia cultura.
Il tuo bel ricordo?
I viaggi che abbiamo fatto e che facciamo, e poi gli amici che mi sono fatta.
Che consiglio daresti a dei ragazzi che devono partire?
Di non avere paura, di aprirsi agli altri e di non preoccuparsi del giudizio degli altri.
Pensi che la tua vita sarebbe stata più semplice se fossi rimasta sempre ferma in un posto?
No, sarebbe stata noiosa. Io mi annoio dopo un po’ nello stesso posto, se fossi rimasta sempre a Parigi sarei stata diversa: vivere all’estero mi ha resa più aperta. (questa ha preso da sua mamma, siamo nomadi non stanziali!)
Federica 17 anni, a 90 giorni dalla graduation; pronta per il college e per prendere il volo da sola.
Un ricordo mio di questi anni: lei 14 enne che in abito da sera recita in modo stupendo una poesia di Alda Merini alla festa della sezione italiana del Liceo internazionale.
Cosa pensi della tua vita di bambina expat?
Ho sicuramente fatto tantissime cose, ma mi è mancato un vero legame di socializzazione con gli altri che si può creare solo rimanendo a lungo in posto. Magari tra qualche anno l’apprezzerò di più, prima devo digerirlo.
E le tue radici dove sono?
Ummm… non penso di averne, le mie radici sono la mia famiglia, per me non c’è un posto che sia 100% casa. Quando sei con le persone alle quali vuoi bene non hai bisogno di radici.
Ma tu pensi di aver creato una relazione speciale con un Paese in cui hai vissuto?
Penso che avrò sempre un certo legame sentimentale con la Francia, anche se non lo considero il mio Paese. Un sacco di mie prime volte sono state lì: il primo giorno di scuola, la nascita delle mie sorelle. E forse è speciale anche perchè ci ho vissuto nella prima infanzia e un certo punto dell’adolescenza.
Cos’è l’Italia per te?
Un’astrazione: è un posto in cui vado, felice di andarci, che per me esisterà solo e sempre perchè la gente a cui voglio bene ci vive o vi è legata.
L’averti sempre spostata senza chiederti il permesso, cosa ti ha fatto?
Un po’ di rabbia nei vostri confronti ce l’ho. Sono riuscita ad accettarlo e ad esserevi grata dopo un po’ di tempo nel nuovo posto. Ma quando mi annunciavate la partenza, mi sentivo arrabbiata: l’ultima volta, da Parigi a qui, è stata la più difficile.
L’idea di fermarti in un posto ti piace?
Ho voglia adesso per un pochino di avere la scelta di potermi fermare.
Cos’hai provato tutte le volte che ti abbiamo detto che partivamo?
Dipende dalle volte, quando siamo partiti in Giappone e me l’avete detto ero eccitata. Andando via dal Giappone ero triste all’idea di lasciare i miei amici, ma ero contenta di scoprire un nuovo Paese. Quando siamo rientrati in Francia dopo l’India ero contenta di ritrovare un posto al quale mi sentivo legata. Quando siamo venuti qui ho pianto un sacco, non riuscivo a proiettarmi in un nuovo posto, ancora adesso mi sembra strano di non essere più a Parigi pronta per passare il bac con i miei amici, anche se adesso sono felice qui.
Qual è il Paese che ti è piaciuto di più?
Forse gli Stati uniti, perchè è il più recente ed è il primo Paese in cui sono stata in cui mi sono detta che non avrei potuto essere altrettanto felice altrove.
E se dovessi tornare in un Paese per viverci dove torneresti?
Non so se mi piace l’idea di tornare in un Paese, preferisco scoprirne uno nuovo: per imporsi tutto questo dolore con una partenza tanto vale farlo per un posto nuovo da scoprire.
Rifaresti la stessa vita da grande?
Non so se voglio che i miei bambini si muovano così tanto. Per me è stato bello, ma non è una vita che va bene per tutti, dipende dal tuo compagno e dalla famiglia che crei.
Il tuo futuro dove lo vedi?
In America. Lo vedo partendo come base da qui e poi muovermi ma avendo un posto in cui tornare: vorrei un posto al quale aggrapparmi, un posto familiare dove sentirmi a casa, cosa che mi è mancata.
Come trasmetterai ai tuoi figli l’italiano e la cultura dei tuoi genitori?
(ride) Onestamente mi preoccupa, vedendo come lo manteniamo noi mi chiedo per la prossima generazione come andrà a finire. Comunque parlerò in italiano ai miei figli, potrà sempre servire loro (e io sono abbastanza fiera dell’italiano delle mie ragazze!)
Il tuo più bel ricordo?
Quando siamo arrivati qui e ho rivisto il mio papà dopo tanti mesi. Vedendo i suoi occhi lucidi mi sono sentita subito un po’ a casa. Un momento bello da ricordare è anche il giorno in cui realizzi che stai bene nel paese in cui sei.
Che consiglio daresti a dei ragazzi che devono partire?
Tuffatevi nell’avventura, non arrabbiatevi con i vostri genitori, vivete questa esperienza con un sorriso, ogni Paese ha qualcosa da dare, si deve essere pronti a cogliere le cose belle che potrà offrirti. La paura del diverso è quello che ti blocca e tutto sommato non si deve avere paura di ciò che non conosciamo.
Pensi che la tua vita sarebbe stata più semplice se fossi rimasta sempre ferma in un posto?
Sicuramente avrei avuto problemi più ¨mondani¨. Sarei forse stata una ragazzina più serena in certi momenti, ma forse avrei avuto altri problemi , avrei forse avuto voglia di andare altrove: l’erba del vicino è sempre più verde! Chi non è mai stato expat pensa che la vita d’ expat sia tutta rosa e fiori…
Ho fatto le stesse domande alle mie figlie, ma separatamente e sono sorpresa dal vedere le affinità in certe risposte, soprattutto delle due più piccole. La grande ha la saggezza e lo sguardo di chi è pronto a lasciare il nido e forse per questo analizza più a fondo e si analizza. Lei stessa leggendo dopo le risposte delle sue sorelle ha detto : ”forse anch’io due anni fa avrei risposto così!¨.
Non so dove il futuro porterà le mie ragazze, non so se riprodurrano questo modo di vivere anche da adulte, ma sono convinta che abbiamo fatto loro un immenso regalo e dato loro ali per volare con curiosità e tolleranza alla scoperta del piccolo spazio di mondo che ancora non conoscono.
Giulietta, San Francisco.
Molto interessante e molto sagge le risposte delle ragazze. Da esterna e non Expat, quindi forse con uno sguardo parziale sul mondo, mi viene da pensare che ci sia qualcosa di strano nel non sentire il bisogno di fermarsi da nessuna parte, temendo la noia è avendo sempre voglia di cambiamento. mi sembra un po’ sintomo della paura di stare con se stessi, di creare legami stabili. Nello stesso tempo, però, ammiro molto la capacità di adattamento, di comprensione e apertura mentale che le tue figlie sicuramente dimostrano!
Non credo che nel nostro piacere profondo di girovagare ci sia un’incapacità a posarsi e creare legami stabili. I legami sono forti e stabili lo stesso anche se spesso non si nutrono di quotidiano!
Complimenti per le vostre avventure e che bello sentire risposte così mature!
Io non ho ancora il coraggio di chiedere a mia figlia di 5 anni cosa ne pensa di questi primi sei mesi australiani 😉
Mamma mia che bello! Che splendida idea ascoltare il punto di vista dei figli. Forse per ottenere questo bel risultato è necessario essere una bella famiglia, solida e che si ama, perchè se così non fosse non credo che tutti questi cambiamenti sarebbero passati così lisci senza lasciare un segno. Evidentemente voi siete una bella e solida famiglia che si ama. Complimenti, davvero.
Giulietta mi e’ piaciuta tantissimo la tua intervista alle tue figlie. Ho ammirato la tua onesta’ nel relazionarti con loro e la loro sincerita’ nel raccontarsi. Tra le tante risposte molto interessanti mi ha colpito questa affermazione “… le mie radici sono la mia famiglia…. Quando sei con le persone alle quali vuoi bene non hai bisogno di radici….” C’e’ davvero da imparare dai giovani d’oggi, veri cittadini del mondo! Un complimento va sicuramente ai genitori!