Sono figlia unica e credo che questo abbia avuto un grande impatto sul mio costante desiderio di avere tanti amici. Molti li ho trovati sui banchi di scuola e nel mondo della pallavolo nel quale ho bazzicato per circa vent’anni come giocatrice, alcuni li ho trovati poi anche all’università… pochi, ma posso dire buoni!
Ora se guardo alle tipologie di amicizie in cui ho creduto negli anni in Italia, mi accorgo di aver avuto una netta predilezione per le amicizie femminili e di lunga durata.
Con costanza e passione ho passato davvero molto tempo nell’annaffiare le mie belle piantine nel tentativo di vincere quella paura chiamata solitudine. E così negli anni è venuto su proprio un bel giardinetto, ricco di persone diverse, dalle storie diverse… Insomma, ho creduto fortemente nell’arte del coltivare i rapporti.
Nel confronto con queste persone sento di essere cresciuta molto, ascoltando le loro avventure che a volte mi hanno sorpresa, a volte scioccata, a volte delusa. Ma ogni volta che ricevevo una confidenza mi sentivo talmente coinvolta, per l’affetto che mi lega ancora a loro, che mi sembrava che la loro vita fosse per me una sorta di Sliding Door, una via alternativa possibile alla mia stessa vita.
Poi ad un certo punto, ho cambiato Continente.
Mi sono trasferita a San Francisco in California.
E le cose sono cambiate, inevitabilmente, anche perché io sono cambiata…
Le amicizie vere si contano sulle dita di una mano e vedo ogni giorno che il vivere vite differenti, in parti diverse della Terra, ci mette costantemente alla prova.
Le vie di comunicazione sono infinite, è vero, e ci si può tenere aggiornate, ma la distanza rimane e 9 ore di fuso orario non giocano a nostro favore! Poi ci sono da considerare gli impegni che ognuna ha: non fanno che aggiungere difficoltà ai tentativi di trovarsi online o di sentirsi spesso.
Devo dire pero’ che con le amiche vere ci si riesce a sentire perché probabilmente la volontà di sentirsi vicine, nonostante questa lontananza fisica che ci separa, è forte e non è cambiata in seguito al mio trasferimento.
Al contrario, tutte quelle che adesso riconosco come delle amicizie non ben radicate, non sono resistite dopo il salto d’Oceano, lentamente si sono sfaldate o hanno perso di intensità trasformandosi in qualcosa che ancora non so definire. Conoscenze? Contatti?
Un cambio di Continente evidentemente aiuta a sfoltire la propria cerchia di amici e aiuta anche a capire chi ci tiene veramente a te, ma questo fa bene e fa male allo stesso tempo…
Che cosa ho trovato invece in California? Perché si sa che per una porta che si chiude si apre un portone, no?
La vita a San Francisco all’inizio mi ha messo duramente alla prova forse perché ho dovuto confrontarmi con uno dei miei peggiori nemici: la solitudine, appunto.
Dopo aver vissuto per quasi trent’anni nella stessa casa, nello stesso quartiere della stessa città, all’improvviso mi sono trovata a vivere in un posto sconosciuto, tra sconosciuti. L’unica amica che ho qui vive a 45 minuti d’auto da San Francisco e lavora tanto, per cui risulta sempre un po’ difficile organizzare gli incontri.
Fu così che le mie giornate cominciarono da subito ad essere segnate dalla solitudine, inevitabilmente direi visto anche che lavoravo da casa. Appena scendevo in strada accoglievo con gioia il saluto delle persone che incontravo. Ricordo bene con quale entusiasmo replicassi a quel “Hi, how are you?” detto ad ogni cliente dal cassiere del supermercato, un saluto che ora riconosco come sistematico e totalmente privo di qualunque pathos; eppure all’epoca per me era già qualcosa… era un contatto umano di cui chiaramente sentivo molto la mancanza, venendo da una vita italiana fortemente segnata dalle amicizie.
Una svolta vera c’è stata quando sono rimasta incinta. I commenti sulla pancia o le gentilezze che ricevevo si sprecavano e per strada, al mattino, era davvero tutto un saluto. E poi ci fu anche il corso prenatale all’ospedale, iniziato quando ero al terzo mese e durato per tutta la gravidanza. Mi ha permesso di conoscere delle future mamme, dei medici e delle infermiere più o meno simpatici ma che, ora lo vedo, hanno reso possibile per me l’inizio di un processo di integrazione, esattamente come il corso di yoga prenatale, un appuntamento fisso per me panzuta, due volte a settimana.
Ma credo che il vero e proprio cambiamento ci sia stato dopo la nascita di mio figlio, quattordici mesi fa.
Da quando frequento lo stesso playground ogni giorno, ho modo di scambiare quattro chiacchiere con mamme o babysitters americane, messicane, turche, indiane, peruviane, cinesi, norvegesi, tedesche, francesi… Si tratta di incontri fugaci, di parole dette e ascoltate con gli occhi fissi sui nostri bambini o gridate da una parte all’altra dello scivolo, ma tutto sommato queste conoscenze e le chiacchiere che ne conseguono alleggeriscono le mie giornate da mamma full time e allo stesso tempo mi arricchiscono di nuove idee e pensieri. Con alcune, ci si è scambiati i contatti e qualche volta ci si sente via messaggio magari per trovarsi più tardi al parco e questo mi fa piacere.
Poi ci sono le conoscenze da rete.
Sono una di quelle persone che ancora preferisce il parlarsi faccia a faccia. Mi sembra che sia già così difficile capirsi di persona (anche con coloro che conosci da anni) che riuscire a capirsi attraverso una chat, con persone che conosci relativamente, mi pare davvero un’impresa ai limiti dell’impossibile! Amo e cerco maggiormente i rapporti reali, quelli in carne ed ossa, che vanno oltre lo schermo, che ci volete fare?
E probabilmente anche per questo motivo due anni fa organizzai un incontro tra tutti i blogger che come me scrivono da San Francisco. Faceva uno strano effetto essere lì tutti insieme… li guardavo ad uno ad uno e pensavo che allora dietro a quelle parole scritte esistevano davvero delle persone in carne ed ossa. Da quell’incontro poi nacquero delle amicizie vere, alcune ancora esistenti, altre che il tempo ha mostrato essere poco profonde e che quindi ho lasciato andare.
L’impressione che ho è che la rete offra l’occasione per entrare in contatto: ci sono poi rapporti in grado di fiorire – e nel mio caso sono quei rapporti virtuali poi diventati reali – e altri che invece sbocciano virtualmente ma sfioriscono in fretta.
Tirando un po’ le somme, ciò che mi sembra evidente è che da quando sono qui a San Francisco ho imparato ad aggiustare il tiro riguardo all’amicizia. Credo di aver abbandonato l’idea di rapporti talmente lunghi da diventare quasi mitologici per rivolgermi a quelle conoscenze che mi permettono di stare bene giorno dopo giorno, senza l’intenzione di farle necessariamente diventare delle amicizie approfondite. Questo mi ha permesso di accogliere benevolmente sia l’arrivo di persone che possono semplicemente regalarmi una giornata diversa al parco sia di persone con cui ho condiviso dei momenti anche importanti della mia vita in California ma che magari poi si sono allontanate e di altre persone ancora sulle quali sento davvero di poter contare ogni giorno. Facendo tesoro dell’esperienza del passato, mi accorgo di essermi focalizzata più che altro sul presente e quindi sulle amicizie, le conoscenze, i contatti che adesso possono farmi stare bene perché in fondo questo è quello che conta per me: stare bene, ora, qui.
Ha collaborato con Amiche di Fuso da Luglio 2014 a Settembre 2016
Immagine presa da The Modern Nomad
Mi ritrovo nelle tue parole.
Tante “amicizie” si sono trasformate in delusioni e tante si sono rivelate una bella sorpresa. È difficile stare lontano da queste ultime, che come hai detto si contano sulle dita di una mano.
Ora come ora penso anche che sia meglio avere pochi amici ma fidati piuttosto che tanti “amici” che giocano a fare i desaparecidos! E questa è una cosa che mi ha insegnato l’esperienza dell’espatrio…