Questa estate sono tornata un paio di settimane in Italia, dove a differenza della maggior parte degli expat non vado mai molto volentieri, almeno non quando vivevo a Berlino perché non sentivo mai l’esigenza di tornare. Quest’anno però è stato diverso, ero molto più rilassata, l’ho presa come una vacanza e ho avuto la possibilità di visitare Pisa (dove non ero mai stata), trascorre cinque giorni nella splendida Venezia, oltre che a Roma. Ho sofferto tanto il caldo e l’aggressione delle zanzare, cose a cui non sono più abituata, ma mi sono coccolata con del buon cibo (troppo).
Il tempo che riesco a rimanere in Italia ha sempre una scadenza: due settimane sono proprio il limite massimo per non diventare insofferente a tutte quelle piccole rogne che diventano insopportabili quando non sei più abituato a rassegnarti. Girando per Roma mi sono ritrovata in diverse situazioni che mi hanno fatto pensare “decisamente meglio Seattle”, affermazione che mi costa parecchio. Non perché Seattle non sia splendida, seppur di una bellezza ovviamente diversa paragonata alla città eterna, ma perché neanche questo è il posto che meglio risponde alle mie esigenze.
Quello che più mi fa effetto quando torno è l’impatto con l’architettura, le case di mattoni, le viuzze, i sanpietrini, i tetti rossi…che i grattacieli hanno anche il loro fascino, ma quello li è tutto un altro paesaggio e te lo godi con gli occhi da turista che ti fanno notare tutte quelle cose che prima non vedevi. In un attimo rientri a far parte di un quotidiano che non ti appartiene più: l’odore della pizza del forno, gli amici e la famiglia. A Venezia ho riempito gli occhi di bellezza e mi sono goduta ogni singolo spritz, che quasi mi sembrava di esser in un’altra dimensione.
Dimentico sempre però che in Italia devo smettere di pensare ad alta voce esprimendo giudizi su chi e cosa mi è intorno -in italiano chiaramente- è una pessima abitudine che ho preso qui e che purtroppo mi porto anche a Berlino, dove è pericoloso allo stesso modo visto che ci sono italiani in ogni dove. E dimentico quanto è facile per me, che non sono proprio un talento linguistico, poter esprimersi nella propria lingua, senza pensare prima a cosa dover dire e se si verrà capiti. Non sei solo, hai sempre qualcuno a cui rivolgerti, chiedere aiuto o consiglio. Mi sembra tutto così facile.
Ogni volta che torno in Italia dagli Stati Uniti è inevitabile che mi chieda: ci tornerei a vivere? Quando ero a Berlino la domanda neanche me la ponevo, ora una risposta non riesco a darmela facilmente…forse ci fosse l’opportunità di un lavoro serio e soddisfacente e dovessi scegliere solo tra Stati Uniti e Italia allora forse sì, ci tornerei. Perché per quanto qui ci siano dei vantaggi di vita quotidiana ai quali sarebbe difficile rinunciare (il senso civico e la gentilezza delle persone in primis) rimane una cultura che non mi piace, una nazione alla quale si associa un concetto di libertà sopravvalutato che io non riesco assolutamente a vedere. Il possesso delle armi, la sanità privata, i costi allucinanti dell’istruzione solo per nominare alcune delle cose scontate a cui non mi abituerò mai. Forse preferirei lamentarmi del mio popolo, della mia nazione e di tutte le cose che dell’Italia non comprenderò ne accetterò mai ma essere vicina agli affetti e in una posizione che in poche ore e low cost mi permetterebbe comunque di viaggiare in Europa e ampliare i miei orizzonti. O forse no, preferirei continuare a sforzarmi di adattarmi in questa dimensione che di stimoli e conseguenti difficoltà non me ne fa mancare, perché – per citare uno dei miei poeti preferiti – “Daß etwas schwer ist, muß ein Grund mehr sein, es zu tun”. Eh sì caro Rilke “che una cosa sia difficile deve essere un motivo in più per farla”, forse hai proprio ragione.
Per fortuna allora quella possibilità di scelta al momento non c’è.
Valeria, Washington
Ha collaborato con Amiche di Fuso da Febbraio 2014 a Novembre 2014
Anche per me e’ come scrivi, mi ritrovo molto nel post. Io pero’ per ora se mi chiedo tornerei a vivere in italia mi rispondo sempre NO! anzi, non me lo chiedo proprio…
certo chiaramente fossi in Europa la domanda non mi verrebbe neanche mai in mente ma siccome gli Stati Uniti sono “difettosi” uguali (per me) a quel punto penso quale peggio sia meglio 🙂
Sapete ragazze che io invece pur vivendo in Europa la domanda me la pongo eccome perché dopo molti anni all’estero mi rendo conto che il Paese perfetto non c’è, si tratta di decidere in quale imperfezione vivere, quale si riesce a sopportare meglio, quale imperfezione più si adatta a te. Vedremo dove la vita mi porterà!! 🙂
Sì sono decisamente d’accordo, una volta che trovi il Paese che meglio si adatta alle tue esigenze nonostante le imperfezioni la domanda difficilmente te la poni, ma forse finché senti che quel Paese non riesce a darti tutto quello che vorresti è più facile che ogni tanto il pensiero venga e chiedersi se davvero vale la pena.
Faccio una domanda: escludendo il lavoro, cosa dell’Italia non va bene per te? l’Italia è così diversa tra nord, sud, centro, pur avendo caratteri nazionali comuni, cosa è così brutto da farti preferire altri paesi? ripeto, escludendo il lavoro. Ciao.
l’Italia è un paese meraviglioso e sarei felicissima se ci fossero le condizioni per viverci, ma appunto escludendo il lavoro sono tante, troppe cose che non mi fanno vivere bene. Io quando me ne sono andata il lavoro neanche lo avevo cercato me ne sono andata perché volevo vivere in una metropoli come Roma ma dove potessi spostarmi facilmente e soprattutto efficientemente con i mezzi, volevo una burocrazia più snella e funzionante, volevo uno Stato che in cambio di tasse -anche alte sì- mi desse un welfare e dei servizi all’altezza, volevo vivere in mezzo ad un popolo mediamente più civile per quelle che sono le mie esigenze e modi di essere, dal rispetto di una semplice fila alla posta, al nessuno che parcheggia in seconda fila (per fare esempi stupidi di vita quotidiana senza neanche parlare di politica etc) a dei servizi pubblici seri. Ho scelto la Germania e si era rivelata la scelta più giusta che potessi fare, poi la vita mi ha portato negli Stati Uniti, Paese che considero marcio -per motivi diversi- tanto quanto l’Italia ma al momento l’unico che garantisce a mio marito uno straccio di lavoro…quindi dovrei anche essergliene grata. Hai ragione l’Italia è così diversa, la mia esperienza è dell’area romana e pertanto limitata, ho imparato però ad amare la cultura altoadesina fin da piccola e lì ci fosse la possibilità mi ci trasferirei senza troppi problemi. Ad ogni modo una vita è abbastanza per sperimentare ancora…e ancora 🙂
Quello che ho notato leggendo gli interventi, sempre molto interessanti, coinvolgenti ed istruttivi, delle italiane e italiani all’estero, è che ci sono due reazioni prevalenti nei confronti dell’Italia che si è lasciata: 1) nostalgia e malinconia 2) antipatia assoluta; raramente una via di mezzo. Io da italiana che vive in Italia e con poca esperienza di estero e comunque sempre e solo da turista, vedo in Italia tanti difetti, tanti pregi, tanti pregiudizi. Il paese ideale non esiste, l’Italia poi si è imbarbarita, ma sono fasi periodiche, dipendono da molti fattori; so che passerà anche questa fase non bella, però non so se arriveranno tempi migliori o peggiori. Quello che purtroppo so è che anche altrove è così, le differenze culturali, a volte profonde, sono una condizione umana, inevitabile e temporanea. Credo che l’unica cosa da desiderare sia la serenità, a qualunque latitudine.