E’ il primo articolo che scrivo per questo progetto bellissimo che è “Amiche di fuso”. Ideato da quindici donne italiane espatriate, fra le quali ho la fortuna di essere, che hanno trovato nel loro vivere lontane dall’Italia e nell’affrontare problemi comuni, la ragione per una bella amicizia. Ci confrontiamo, ridiamo, discutiamo, litighiamo pure, ma soprattutto ci facciamo compagnia e siamo sempre pronte a confortarci l’un l’altra. Una parola, conforto, che spesso è merce rara nelle nostre esperienze all’estero. Perché nessuno, nemmeno il familiare più caro, può veramente comprendere a fondo certe dinamiche se non le ha vissute in prima persona. E poco importa se il nostro essere in contatto e confortarci avviene solo nella vita virtuale.
In questo primo articolo voglio certo raccontarvi la mia esperienza personale da expat, ma lo voglio fare parlando di un nodo che io, dopo quasi cinque anni di espatrio, in due nazioni diverse, non sono ancora riuscita a sciogliere. E che costituirà, senza dubbio, l’unica vera ragione, per cui prima o poi la nostra vita all’estero finirà. Quanto si può essere padroni della propria vita senza pensare a chi rimane a casa ad aspettarci? In che misura è giusto privare i nonni della vicinanza dei nipoti e viceversa? Dove si trova il sottile confine fra essere padroni della propria vita e l’egoismo? Vi dico subito che io una risposta non ce l’ho ancora e forse non l’avrò mai.
Un tempo era in qualche modo diverso perchè, emigrare, costituiva l’unica via possibile. Si lasciavano tutti gli affetti e la propria terra perché questa non offriva il lavoro e la rendita necessaria per crescere i figli, nutrirli. Era una vera e propria necessità. Oggi, mi sento di dire che, nella maggior parte dei casi, il motivo dell’espatrio è diverso. Si espatria per amore perché ci si è innamorati di una persona straniera. Per una possibilità maggiore e più rapida di carriera. Si espatria per fare una gavetta meno lenta e tortuosa. Per avere più riconoscimenti per i lunghi studi intrapresi. Per avere ruoli impensabili per un giovane in un paese poco meritocratico come l’Italia. Certo, a volte, si emigra ancora perché certe zone dell’Italia offrono poco in termini professionali, ma credo che anche in questi casi ci sia sempre dietro un rifiuto a fare lavori considerati più umili o comunque una forte componente di voglia di viaggiare e di trovare un paese più facile sotto molteplici punti di vista. Facilità per una burocrazia più snella, per una maggiore e più rapida possibilità di crescita economica, a volte anche solo per un clima più mite. Non voglio generalizzare, ma mi sento di dire che nessuno, al giorno d’oggi, lascia l’Italia perché qui farebbe la fame.
I nostri due espatri, sono stati causati da una possibilità più rapida di carriera per mio marito. Nel primo, in Cina, noi non eravamo nemmeno sposati. Lui aveva un ottimo lavoro considerata la sua età, nel campo nel quale si era laureato e nell’azienda in cui aveva sempre desiderato lavorare. Io un’occupazione stimolante, ben retribuita e a tempo indeterminato. Non potevamo certo lamentarci. Lui decise di fare comunque una serie di colloqui per provare a cambiare lavoro perché dov’era non vedeva troppe possibilità di crescere o, perlomeno, si prospettavano tempi molto lunghi. Tentò anche per posizioni più alte della sua e, proprio per una di queste, arrivò una proposta bellissima sia dal punto di vista dell’incarico che della retribuzione. Inutile dire che per i nostri genitori, soprattutto i miei, di origine contadina e per i quali avevamo entrambi già una posizione lavorativa ottimale, è stato un fulmine a ciel sereno e ci hanno presi per pazzi quando abbiamo deciso di mollare tutto per partire per una sconosciuta metropoli cinese. Veramente niente ci obbligava a partire, eppure l’abbiamo deciso velocemente e senza troppe paturnie mentali. Per lui una grande soddisfazione professionale, pur dovendoci investire tante energie, impegno e tempo perché l’obiettivo richiesto era tutt’altro che facile ed il fallimento avrebbe significato un rientro immediato con enormi conseguenze per noi. Per me l’occasione di potermi dedicare a costruire con lui una famiglia, cosa poco compatibile con il mio lavoro di allora che mi teneva fuori casa a tutte le ore e spesso anche nel weekend. Per entrambi però, di fondo, c’era anche una passione per il viaggiare ed una forte curiosità per le altre culture che non ci faceva provare spavento nell’affrontare un’esperienza in una terra così lontana.
In Cina sono diventata mamma per la prima volta e, per quanto già io e lui, che nel frattempo eravamo diventati marito e moglie, mancassimo ai nostri genitori, non fu più la stessa cosa per loro. Soprattutto per i suoi genitori per cui nostro figlio era allora l’unico nipote. Certo non ci hanno mai obbligato a tornare, ma non perdevano occasione per farci capire quanto fosse pesante per loro. Per questo nel suo primo anno di vita, io e mio figlio, abbiamo fatto avanti e indietro dalla Cina per ben 4 volte.
Poi, all’improvviso, in meno di un mese l’azienda di mio marito ci ha fatto rientrare perché avevano bisogno di lui per una pari posizione in un’altra sede in Veneto. Per i nostri genitori, pur vivendo lontani, è stata una grande gioia perché ovviamente le occasioni di incontro erano molto più frequenti. Nonostante questo io, personalmente, mi sono sentita sola lì come mai mi era successo in Cina. Un po’ perché finii in una cittadina molto provinciale in cui ognuno viveva entro i propri confini, un po’ perché essendo mamma, non avere nessuno con cui condividere le giornate oltre a mio figlio, risultò molto pesante. Mio marito, spesso fuori per lavoro, non poteva essere più presente di quello che era. Per questo, dopo due anni e mezzo di solitudine mia, abbiamo deciso di comprare casa nei dintorni di Bologna, città dove entrambi avevamo vissuto 11 anni e dove conservavamo gran parte degli amici, città dove viveva anche il fratello di mio marito e ad un paio d’ore da casa dei miei genitori. Tanta era la mia solitudine in Veneto che ho preferito affrontare 5 giorni alla settimana da sola con il mio bambino vedendo mio marito solo il fine settimana, piuttosto che rimanere là. I nostri genitori, ovviamente, erano ancora più felici di questo avvicinamento. Sono rimasta incinta nella stessa settimana in cui abbiamo firmato il compromesso per la nostra casa nuova a conferma del fatto che quando la mente è felice certi sogni si realizzano più velocemente. Non è stato ovviamente facile affrontare gravidanza e primo anno di vita del mio secondogenito da sola. La gelosia del primo mi ha spesso reso la vita impossibile, gelosia che ha avuto terreno facile dovendomi lui condividere sempre con il fratellino in quanto il papà non c’era. In questa fase, è arrivata, senza averla cercata, una bellissima proposta per tornare all’estero, in Thailandia, per di più da parte della stessa azienda in cui mio marito lavorava prima e che ha, la sede italiana, proprio vicino a casa nostra. Quindi, dopo ulteriori tre anni all’estero, la nostra famiglia si sarebbe riunita, sotto allo stesso tetto. Questa volta è stata quindi una scelta maggiormente dettata dalla ragione, ma non posso dire che la decisione non sia stata dettata anche da altri fattori. Ancora una volta la passione per i viaggi, la curiosità di scoprire una nuova cultura, l’opportunità per i nostri figli di frequentare una scuola internazionale, la possibilità di essere di nuovo solo “la nostra famiglia”. Perché se è vero che,quando si è lontani, spesso i rapporti con la famiglia di origine diventano ancora più saldi,lo stesso succede anche per il tuo nuovo nucleo familiare. Entrambi, marito e moglie, possono contare solo sull’altro, ed i rapporti diventano inevitabilmente più stretti di quanto fossero in patria. Anche i figli, nel bene e nel male, si vivono fino in fondo, perché spesso si è senza aiuti. Non ci sono impegni domenicali, né compleanni o riti da rispettare. Si vive solo seguendo i propri ritmi.
Inutile dire che per i nostri genitori, la partenza per la Thailandia è stata un altro brutto colpo, sicuramente peggiore che se avessimo prolungato il periodo cinese perché ormai si erano illusi di non doversi più separare dai nipoti. Io, da parte mia, non posso dire che ad oggi preferirei stare in Italia. Certo, mi mancano famiglia e amici, così come la nostra casa, ma sono al momento ancora di più i motivi che mi tengono lontana. Nonostante le tante vicissitudini che ci sono capitate qui nei primi 6 mesi, cose anche importanti relative alla salute, io preferisco ancora stare qui. Credo che ogni esperienza all’estero, anche in una città non bella come questa, ti arricchisca in un modo enorme e ti faccia sviluppare un livello di adattamento inconcepibile in patria e che ti renderà forte per tutta la vita. Anche la prima città cinese dove ho vissuto, durissima da certi punti di vista, ha lasciato in me ricordi forti ed indimenticabili perché io lì sono cresciuta come persona. Della Thailandia mi piace vivere a contatto con una cultura buddhista così diversa dalla nostra, mi piace non dover più sopportare il freddo. Riconosco, soprattutto, nella scuola internazionale come qui è concepita, una scuola molto più adatta al carattere di mio figlio della scuola pubblica che in Italia dovrebbe frequentare. Mi sento inoltre che gli sto facendo un regalo enorme e che questa padronanza dell’inglese nella vita futura gli tornerà utile. Mi piace che per lui avere compagni dalla pelle bianca, nera o gialla, non rivesta alcun significato.
L’unico grande dubbio che ho è quanto sia giusto privare i miei figli di un rapporto unico e speciale come quello con i nonni. Speciale perché è fatto di solo amore spontaneo, privato da ogni responsabilità.
Io posso decidere per me, ma che diritto ho di limitare le loro occasioni di incontrarsi, di far sì che i loro abbracci siano centellinati e scanditi solo da vacanze scolastiche. Che una risorsa preziosa quale sono i nonni vada persa.
I miei genitori iniziano ad essere anziani e potrebbe non esserci così tanto tempo da trascorrere con loro. Lo so che non c’è soluzione a questo e che non si può avere tutto, ma il saperlo non rende più facile prendere delle decisioni. Ogni volta che loro sono insieme e vedo l’amore infinito negli occhi dei nonni e la grande gioia in quella dei miei figli, io, ogni volta, non posso fare a meno di sentire una stretta al cuore. Così come quando mio figlio fa un’espressione buffa nuova o mi fa ridere non posso non pensare che sto tenendo queste piccole e grandi gioie tutte per noi.
Poi cerco di assolvermi dicendomi che è proprio stando lontani che si dà una grande importanza ed il valore che meritano a questi legami speciali, ma i dubbi restano.
che bel post Federica! e che dubbi amletici! io non ho figli percio’ questi problemi ancora non li ho, pero’ capisco che per i figli l’ideale sarebbe avere l’uno e l’altro, esperienze e affetti… su una cosa concordo, la lontananza ci allontana dalle insignificanti scaramucce di tutti i giorni e rende gli incontri piu’ profondi e piu’ importanti. Gio
Grazie Gio!
E’ vero, con la lontananza si dà più valore ai rapporti davvero importanti mentre spesso si lascia andare gli altri.
Aspetta di vedere figli e vedrai…la verità è che forse non c’è risposta a questi dubbi!
Quando i miei amici mi facevano notare quanto fossi egoista ad essere andata via (la mia non fu mai una necessitá, quanto un desiderio), che non mi importava dei miei genitori e che li avrei lasciati invecchiari soli, ho sempre detto, e scusa la freddezza, che ogni figlio deve compiere il suo cammino, i genitori purtroppo non ci saranno per sempre e io non voglio ritrovarmi un domani senza aver realizzato i miei sogni, senza aver percorso la mia strada per rimanere accanto a delle persone si splendide, ma che non ci sono piú (futuro lontanissimo). Del resto penso anche che i miei genitori non sarebbero coí egoisti da volermi a tutti i costi a Palermo.
Capisoc che i miei genitori soffrano la lontananza dei due figli (anche mio fratello mi ha raggiunto in Germania), ma nemmeno per noi é semplice essere soli.
Ora che ho un figlio, capisco il dolore di non vederlo crescere sotto i loro occhi, ma io e anche loro, siamo consapevoli che qui Ciccio puó avere una vita migliore, piú possibilitá di quante ne abbia avute io. Io ritengo Ciccio un bimbo fortunato perché potrá godersi dei nonni solo le coccole e i bei momenti. NOn vivrá tensioni, rimproveri e arrabbiature, vivrá con loro solo le cose belle.
Che poi guarda, io mia nonna l’avevo vicina, ma era come se non ci fosse, anzi sarebbe stato meglio fosse stata lontana, quindi non é la distanza a fare la differenza, sul serio, ma la qualitá dei rapporti.
Io l’ho sempre vista o forse voluta vedere in questo modo
Grazie Giulietta per avere espresso il tuo punto di vista. Io credo che una risposta giusta in assoluto a questi miei dubbi non ci sia. Anche io e mio marito siamo all’estero per scelta in definitiva e quindi anche noi abbiamo messo davanti a tutto ciò che ritenevamo meglio per noi ed i nostri figli. Ciò non vuol dire che tutte le volte io non mi senta morire nel vedere i nostri genitori in aeroporto con le lacrime agli occhi o come ci rimangono male quando mio figlio grande fatica ad andare davanti a Skype per parlare con loro. Una certezza, come dici tu, è che i mie figli si prendono solo il meglio del rapporto con i nonni. Il famoso tempo di qualità invece che di quantità. Certo però che nel nostro caso la quantità, stando dall’altra parte del mondo, è veramente poca!
Si Federica, hai ragione. Diciamo che la mia é la spiegazione che mi do per sentirmi meglio, credo. Anche noi, che ti pare, anche se siamo cmq in europa, vediamo i nonni molto raramente. I nonni paterni una volta l’anno. Quelli materni circa 3, una volta quando andiamo noi in terronia, per natale e per il compleanno di Ciccio perché vengono loro. Andiamo giú solo una volta l’anno.
Figurati Giulietta non ti devi mica giustificare. Noi tutti scendiamo inevitabilmente a compromessi cercando di scegliere il meglio per la nostra famiglia. È normale che a volte il cuore si scontri con la mente…
La mia situazione è sicuramente molto diversa dalla tua, ma vedo il vivere lontani dalle famiglie di origine come un valore aggiunto, un bene per l’armonia della coppia e della famiglia. E per noi quel “lontani” non significa vedersi ogni anno, non vediamo di persona parenti da tanti anni.
Grazie per il tuo commento Luciano. Su questo mi trovi perfettamente d’accordo. Quando si vive all’estero soli con la famiglia che ci si è costruiti, quindi compagno/a e figli, si sente ancora di più il senso di unione. Si affrontano insieme tutte le difficoltà che la vita expat può presentare e si scoprono insieme anche nuovi mondi. Si è il sostegno uno dell’altro in un modo più stretto. Senza distrazioni ed interferenze.
Quante grandi verità, e che bel post, complimenti!
I tuoi dubbi sono quelli di tutti noi expat, soprattutto noi mamme oserei dire. La mia esperienza è ancora nulla in confronto alla tua, solo un anno distanti da casa ma il fatto di vivere in un altro continente, nell’emisfero australe, mi fa spesso pensare se da grande mio figlio mi ringrazierà per questo, senza riserve.
Grazie!
Io penso che per i figli sia sempre una grande opportunità. Anche perché hanno una capacità di ambientarsi ovunque incredibile. Per cui alla fine loro sanno beneficiare al massimo delle esperienze expat. E, soprattutto se non grandi, sono difficilmente in grado di capire il valore dei nonni. Quindi siamo soprattutto noi genitori a combattere con i sensi di colpa. E devo dire che in questo io e mio marito siamo ugualmente coinvolti. Forse perché lui è originario del sud Italia ed ha quindi una concezione di famiglia molto unita.
Bellissimo post in cui mi rispecchio appieno: sono dubbi che ho quotidianamente a cui purtroppo non so dare risposte, ma a cui la vita risponde. Di nonni ne abbiamo gia` persi due e di rimpianto ce n’e` sempre per i momenti non condivisi, specialmente con mio papa` che e` mancato quando mia figlia aveva 40 giorni e che non l’ha mai potuta abbracciare, ma solo vedere attraverso un antesiniano di skype, un video telefono con uno schermo di pochi cm.
Grazie Claudia. Posso solo lontanamente immaginare cosa voglia dire perdere un padre senza riuscire a fargli stringere tua figlia fra le braccia… Sono esperienze molto dure a cui purtroppo gli expat sono più soggetti di chi sceglie di rimanere in patria.
Non penso sia giusto parlare di egoismo quando si decide di espatriare. È normale scegliere quello che può essere il percorso migliore di crescita, anche se questo ci deve portare lontani. non credo che i genitori debbano far pesare ai figli la decisione di partire, anzi penso che in questo far pesar loro una scelta ci sia la vera dose di egoismo. Con tre figlie cresciute all’estero, so che il mio destino sarà averle lontane, ma so che nulla cambierà nel magnifico rapporto che ho con loro, così come nulla è cambiato nel rapporto con i miei genitori anche vivendo lontano. Le relazioni devono essere di qualità e non di quantità, ci sono nonni e nipoti che passano insieme giornate intere, i primi ad occuparsi dei secondi quasi per obbligo, ma in realtà pur passando tanto tempo insieme non è detto che abbiano relazioni migliori dei nostri bambini expat che non condividono la quotidianità. Le mie ragazze hanno costruito rapporti profondi con i miei genitori, mia mamma, e mio papà finché era vivo, ha relazioni profonde con i suoi nipoti, 6 tutti all’estero!
È il nostro compito di genitori e figli di costruire relazioni tra nonni e nipoti, di fare in modo che il poco tempo da passare insieme sia di qualità, al di là delle distanze!
Forse con 17 anni di espatrio alle spalle ho imparato a gestire separazioni e rapporti, la mia famiglia mi manca, ma so che abbiamo fatto la scelta giusta. Noi manchiamo loro ma ci hanno sempre appoggiati e questo aiuta…
Grazie Giulietta per questo bellissimo commento! Credo che ognuna di noi si senta rincuorata nel leggere la tua opinione priva di dubbi dopo tanti anni lontana dai tuoi cari.
Sul fatto che a volte l’egoismo è proprio quello dei nonni sono d’accordo e d’altronde è più facile, invecchiando, diventare egoisti piuttosto che aperti di mente!
[…] spunto dal blog che seguo molto volentieri ,AMICHE DI FUSO , che invitano i lettori a fermarsi a pensare quali sono gli oggetti che rappresentano […]
[…] Lei, che pur essendo cosi’ geograficamente lontana non si e’ mai sentita sola se non durante un periodo di transito in Italia, ha trascorso un secondo semestre non privo di preoccupazioni, per fortuna tutte rientrate. E’ […]
[…] vi ho già raccontato qui, noi non facciamo parte di quel gruppo di espatriati che sono andati all’estero perché non […]