<Drusilla ma tu hai sempre sognato vivere all’estero??>
<Si ho sempre desiderato vivere all’estero. Io e mio marito abbiamo iniziato a frequentarci molto giovani e abbiamo sempre avuto il desiderio di andarcene dall’Italia, dalla piccola realtà di paese della pianura padana che spesso ci soffocava. Dopo il conseguimento della laurea ci siamo fatti il working holiday visa per andare in Australia e siamo partiti. Anche se dopo tre mesi ci siamo arresi; ma quell’esperienza ci è servita a capire che volevamo veramente andarcene, ma che dovevamo costruirci un bagaglio più solido. Non volevamo semplicemente scappare dall’Italia, volevamo avere un’opportunità migliore, guardare cosa succedeva dall’altra parte del mondo. Insomma avevamo tanta curiosità per ciò che c’era nel mondo, un grande desiderio di cambiare totalmente stile di vita e poi pensavamo, anche al fattore economico, ma quello è arrivato veramente dopo. Il nostro sogno è, e rimane sempre la Nuova Zelanda, non chiedermi il perchè, anche se purtroppo si trova dall’altra parte del mondo e quindi logisticamente parlando diventerebbe difficile gestire genitori e parenti. E tu??>
<No io no. Non ho mai desiderato di vivere all’estero. Avrei fatto volentieri una breve esperienza, più di studio che di lavoro. Amavo Milano. Sin da piccola ho sognato di vivere lì. Credo sia stata la cosa che più ho desiderato nella mia vita. Era la mia America. Lì avevo un buon lavoro, amici, interessi. Figurati che ho persino lasciato un fidanzato a Firenze, perchè non avevo voglia di affrontare neanche un cambio così piccolo. Certo sognavo come tanti New York, ma senza un reale progetto, era suggestione solo per via di tanti film.>
< E poi??>
< Poi ho conosciuto mio marito, che viveva da 10 anni a Dublino e questa cosa mi ha messo a dura prova. Ma alla fine ho capito che lui contava più di tutto. Più di qualsiasi indirizzo. Era lui la mia casa. E quindi sono entrata nella magica famiglia delle expat per amore. Di quelle che abbandonano tutto e seguono il marito, il progetto chiamato famiglia. E tu ti senti expat per amore?>
<Come sai con Mattia pianifichiamo tutto, non so se sono propriamente un expat per amore, diciamo che noi ci siamo detti il primo che ottiene la possibilità di poter lavorare all’estero, segue l’altro. Perchè per noi è sempre stato importante realizzare questo sogno e costruire una famiglia. E solo unendo le forze sapevamo che ce l’avremmo fatta>.
< Si forse un pò diverso dal mio caso, senza contare che voi lavorate per una società italiana, noi per una locale, quindi le aspettative e le possibilità sono diverse. Tu sai con certezza che cambierete spesso, per me invece questo potrebbe diventare una destinazione definitiva o comunque dovrei starci per più tempo. In ogni caso noi ormai siamo entrambe malate di espatrio. Non riusciamo a immaginarci un rientro in Italia. Sogniamo sempre di trasferirci in nuovi posti>.
<Dici che prima o poi sarà riconosciuta come malattia? una sorta di mal d’Africa? Una saudade brasiliana? Eppure è uno stato diffuso, sopratutto tra gli stranieri. Abbiamo visto che tanti vivono con naturalezza ogni cambiamento, anche quelli repentini, hanno sempre la valigia pronta. Con la consapevolezza di fare una cosa buona e con la semplicità di coinvolgere sempre figli e famiglia>
< Si hai ragione. Ormai espatriare è tornato di moda e c’è una differenza notevole fra espatriare ed emigrare. Il fenomeno del passato. Una differenza che si articola su tre livelli: sociologico, psicologico, culturale.
A livello sociologico, l’emigrazione è tipicamente un fenomeno che comporta lo spostamento di gruppi umani da aree povere e/o instabili del pianeta verso aree più stabili ed evolute socio-economicamente. Ci si allontana dai territori originari per vari ma gravi motivi: bellici, economici (povertà, sovrappopolazione), religiosi (persecuzioni: ebrei, curdi, armeni…), ambientali (come in Bangladesh, che il surriscaldamento del pianeta e l’innalzamento del mare sta sommergendo). E’ la necessità il motore di tutto; come tale è spesso non programmato, non prevede piani rientro e una pianificazione degli obiettivi, è spesso definitivo, e sicuramente incerto negli esiti>
<Hai ragione l’espatrio, al contrario è un fenomeno selettivo, non determinato da fattori di crisi locale, in genere è pianificato e tipicamente dipendente da scelte effettuate sul piano individuale. E’ spesso temporaneo, non comporta l’abbandono col contesto socio-economico d’origine, e interessa selettivamente individui socio-economicamente più elevati>.
< Per non parlare dell’aspetto psicologico. L’emigrazione è un fenomeno drammatico, vissuto dai migranti come abbandono e perdita del proprio contesto d’origine: abbandono della terra, del lavoro, dei sistemi sociali e parentali di riferimento. Al contrario l’espatrio è un fenomeno individualmente ponderato, attraverso il quale si esprime tipicamente la ricerca di un migliore assetto professionale o familiare: infatti, l’espatrio è caratterizzato da tre motivi fondamentali: studio, lavoro, famiglia>.
< Sicuramente non mancano le ansie, ma non c’è la disperazione, non è una scelta da perdente, ma contiene invece gli elementi stimolanti della scommessa sociale e con sé stessi, della sfida. Ora poi grazie alla tecnologia è facile mantenere dei contatti. Skype, whatsapp, i social sono strumenti fondamentali. Puoi vederti tutti i giorni con i tuoi cari. I nostri figli hanno comunque un rapporto con I nonni. Virtuale. Ma per loro esistono. Senza contare che questi strumenti possano aiutarti anche nel nuovo mondo. Attraverso questi canali puoi avvicinare gruppi, persone che hanno i tuoi interessi. Ottenere informazioni utili>.
< Da quando abbiamo il blog e leggiamo i blog, mi è più chiaro come si vive nel mondo. Gli aspetti più banali, pratici, mi vengono evidenziati. E sono quelli che ti cambiano la giornata, che davvero ti aiutano>.
< Grazie al blog io riesco con più chiarezza a valutare anche future mete.>
< Abbiamo capito che le motivazioni, le difficoltà, le spinte per espatriare sono tante, a volte diverse, ma alla fine siamo tutti accomunati da un amore per la nostra terra di origine, ma anche una grande curiosità verso il paese che viviamo.
< Riusciamo ad affrontarli con spirito critico, desiderosi di avere un ruolo. Portare qualcosa di nostro, ma nello stesso tempo arricchirci>
< Espatriare è uno stile di vita. Decidi che è un’opportunità, non mancano momenti di fatica, di dubbi, ma alla fine senti che stai facendo qualcosa di utile, importante, che comunque lascerà un segno. Anche se durerà poco.>
Il mondo è davvero grande e la vita è breve. Perchè vivere in un solo in un posto?
Le amiche di fuso vi racconteranno cosa succede, come affrontiamo tutte i nostri nuovi mondi. Le difficoltà, le gioie e anche gli strumenti che ci hanno aiutato. Vi faremo guardare il mondo attraverso i nostri occhi.
Le amiche di fuso sono 15 donne, ognuna con la sua storia, e i motivi che ci hanno portato a vivere all’estero sono quasi tutti diversi. C’è chi è partita perchè ora ha un lavoro migliore, chi perchè era il suo sogno più grande e ha convinto tutto la famiglia, chi per seguire un marito, chi pensava “ma si tanto dura poco” e poi sono passati tanti anni, chi perchè ha incontrato un bel ragazzo straniero all’università. C’è chi si è rienventato, chi ha trovato la sua vera strada, chi la sta cercando ancora.
Viviamo in diversi continenti. Non abbiamo un fuso in comune eppure questa cosa più che dividerci ci permette di essere sempre connesse, di avere sempre qualcuno con cui parlare.
E ora vi chiediamo, siete pronti a viaggiare con noi?
E così siete diventate di botto il mio blog preferito, quello da leggere quando la mia vita qui, alle porte di Milano, diventa un po’ stretta e leggermente stridente con quello che vorrei ora (posto che la chiarezza di cosa vorrei ora non ce l’ho!)
Brave, sono curiosa e affascinata dalle vostre storie e non vedo l’ora di leggerle e viaggiare attraverso le vostre esperienze.
Chissà che un giorno anche io possa far parte del grande mondo delle Expat! 🙂
Ilaria
Non sapevo che fossi stata anche qui, Dru’! 🙂
Mi piace moltissimo questo dialogo fra di voi, mi riscopro un po’ in una ed un po’ nell’altra!
Brave e belle, come sempre
Grazie mille Serena…ci piaceva trattare questo tema con i nostri modi diversi e alla fine simile di vivere le cose.
Comunque sia …credo sia davvero una sorta di malattia.