“Wonderful!! What a privilege it is for our kids to be in this international community”
Kerry
Ecco ho finito. Ho mandato a tutti il messaggio e la foto su come è andata la giornata.
E ha ragione Kerry, la mamma di Caitlynen di madre sudafricana e di padre Kiwi, ossia neo zelandese.
Sono un po’ frastornata e nelle stesso tempo carica a molle.
Non avevo messo in conto di fare il pieno di così tante belle emozioni oggi.
Qualche settimana fa sul communication book ho trovato scritto che le classi di year 1 avrebbero celebrato “l’International day” e che tutti i bambini erano invitati a indossare il costume tradizionale o i colori della bandiera della propria nazione di appartenenza.
Inoltre ci chiedevano di preparare da mangiare qualcosa di tipico.
Ho sorriso alla richiesta del vestito tradizionale.
Come se fosse possibile averne uno perfetto per tutti. Come se fosse possibile visto le mille tradizioni che interessano la nostra bella Italia trovarne uno che le racchiudesse .
Ho scartato a priori l’idea di vestirla con i colori della bandiera. Volevo qualcosa di speciale.
Anche se non è facile. Giada è nata a Milano e da quando ha 11 mesi vive in Kuwait.
Passa l’estate tra Puglia e Marche. Non ha una sola identità. Anche se ha una predilizione per la Puglia.
Mentre riflettevo, lo sguardo mi è caduto sul tamburello della taranta che ho in casa.
E ho pensato: “Perché non il costume tradizionale della Taranta??”
Il nostro bellissimo ballo tradizionale che racconta di questa donna morsa da un ragno, la taranta appunto, che la fa impazzire e che alcuni musicanti curano con musiche e balli.
“Canta e balla che ti passa” è un po’ la filosofia.
Questo è ovviamente la sintesi della sintesi.
La taranta è un ballo che mette gioia, uno dei pochi balli regionali che ha travalicato i confini, che con la sua Fondazione gira il mondo.
In estate il paese Melpignano diventa per tre giorni il teatro a cielo aperto della “Notte della Taranta” dove 100 mila persone danzano e ballano.
Dove intervengono famosi artisti nazionali e internazionali.
Io avevo avuto il privilegio di organizzare anche una visita qui in Kuwait della Fondazione della Taranta.
Vestirla da ballerina della taranta era la scelta migliore .
Giada l’adora e, a differenza mia, la sa ballare alla perfezione.
Come dice mia madre a lei le “pizzica”. Adora le sagre, la musica e ballare.
Ha la musica dentro.
Poi ho pensato quanto sarà difficile fare il costume da ballerina della Taranta?
Mi serve una gonna lunga bianca, una maglietta bianca e un foulard rosso.
Ovviamente è stato più difficile di quanto pensassi, ma come al solito le amiche mi hanno salvato. Alessia, nuova arrivata, mi ha detto che mi avrebbe cucito lei la gonna. Ho comprato la stoffa e lei ha fatto tutto.
Qualche giorno prima ho avvisato la teacher della nostra scelta. Lei si è mostrata entusiasta.
“Allora balleremo tutti”, mi ha detto.
Ho pensato di scriverle una mail, raccontandole per bene la storia e mandarle qualche video.
Il giorno prima della festa mi ha chiesto “Mimma puoi venire ad aiutarci domani??”.
Confesso che un po’ a denti stretti ho accettato. Vedevo la mia mattinata persa.
E poi, poi ora sono qui. Seduta mentre cerco di mettere in ordine le mie emozioni. Di calmarmi un po’. Ripensando alla giornata.
Oggi il playground era pieno di bimbi vestiti in modo diverso. Era un rincorrersi, un gioco a capire la provenienza di ognuno. E mi sono accorta che davvero mia figlia vive in mezzo al mondo.
Vive sì lontano da quegli affetti per lei così importanti, ma vive in mezzo al mondo. E oggi l’abbiamo toccato con mano, era davanti ai nostri occhi.
Siria, New Zeland, Portogallo, Egitto, Marocco, Galles, Inghilterra, Francia, America, Libano, Svezia, India, Germania, Cina e Australia.
Giada ad un certo punto è venuta correndo verso di me dicendomi: “Mamma ci credi??? Vince viene da NEW YORK”.
E l’ha detto con una tale forza. New York che è il suo sogno da qualche tempo.
Lei mi racconta sempre della provenienza dei suoi amici, di quanto lingue parlano.
Di quello che mangiano. Mi dice spesso: “Mamma, Abigail mi ha invitato in California” oppure “Neve torna in New Zeland. Ci andiamo vero??”.
Sì lei vive in mezzo al mondo. Un mondo che le pare così a portata di mano.
Io a 5 anni vivevo a Francavilla Fontana e l’amico più straniero l’ho avuto a 15 anni e stava a Oria a 7 km da me. Lo zio che viveva a Milano era per me lo zio d’America. Quello che viveva lontano, l’emigrato.
Mia figlia invece ha ben presente la vastità del mondo, ma nello stesso tempo la sua vicinanza.
La teacher che abbiamo quest’anno è molto sensibile a questo tema della internazionalità.
Della doppia, tripla cultura. Forse perché lei è egiziana ma è cresciuta in U.K.
Non ha lasciato nulla al caso.
Ad un certo punto ha organizzato una piccola sfilata: ogni bimbo faceva una piccola camminata e si presentava dicendo da dove veniva.
Ma il momento che mi ha toccato il cuore è stato quando si sono messi in cerchio e la teacher ha chiamato Giada dicendole: “Giada ci dici da dove vieni? Da cosa sei vestita?”
Lei, con la sua voce che quando parla inglese è diversa, un tono più alto, ma anche più dolce, più ferma e sicura, ha risposto: “I’m Italian and today I wore the traditional costume of Taranta”.
Dopodiché la teacher le ha chiesto la storia e se se la sentiva di ballare.
Ha così scelto uno dei miei video, proiettati sulla lavagna, ed è partita la musica.
Mia figlia all’attacco giusto ha iniziato a ballare, saltando, come una tarantolata, pizzicata da quel ragno.
Muoveva con grazia quel nastro rosso. Come se nella vita non avesse fatto altro.
E io la guardavo così estasiata.
E riflettevo sulle mie paure. Va bene vive in mezzo il mondo, sicuramente questa vita le sta facendo crescere delle ali forti, ma forse non le sto togliendo le radici??
Ah quanto mi sbagliavo.
Lei le radici ce le ha dentro. Nel suo sangue rosso, c’è tutto quello che le serve.
Tutti i cromosomi di queste due famiglie che tanto la amano.
Balla bimba mia. Porta il tuo mondo, la tua storia ovunque. Gira e sorridi orgogliosa di quello che sei.
Come se non bastasse, ad un certo punto, invitati dalla maestra, si sono alzati in piedi anche tutti questi meravigliosi bimbi.
Come posso spiegare cosa ho provato a vederli ballare una danza tradizionale pugliese, tutti insieme, curiosi, qui a Kuwait?
Ero commossa, con il solito male alle guance che mi viene quando rido troppo.
Alcuni bimbi mi hanno trascinato a ballare con loro. Lo so, nella compita scuola inglese, quella tutta regole e buona condotta, una mamma non dovrebbe mettersi a ballare con i bimbi.
La verità è che alla fine “pizzica” pure a me.
E la nostra meravigliosa maestra è molto rilassata.
Poi come i tarantolati guariti dalla musica, si sono calmati e hanno fatto il loro snack.
Assaggiando cibi provenienti da tutti il mondo.
Ponendo domande, gustando e conoscendo qualcosa del quotidiano del loro amato compagno.
Alla fine ho abbracciato forte la maestra e pure la super assistente che pareva tanto seria e seria non è. Infatti, mi ha sussurrato: “Dobbiamo fare un party insieme”.
E me ne sono tornata a casa.
Ho assolto al mio compito di brava rappresentante di classe facendo parteci tutti i genitori inviando foto e piccolo resoconto.
Ho ripensato al workshop a cui avevo avevo partecipato e in cui mi hanno detto che nella nostra scuola ci sono bimbi di quaranta nazionalità. Un turnover continuo. Di non credere che le scuole dove uno fa tutto il ciclo intero sono le migliori. E’ sicuramente più facile lavorare su un ciclo lungo con gente che affronta stesso sistema.
Ma che loro sono convinti che questa internazionalità sia un grande privilegio per i nostri figli.
Che li prepara al futuro. E forse hanno ragione loro.
Ma devo dirvi anche che ho ripensato a una canzone pugliese famosa.
Le radici che tieni
Se nu te scierri mai delle radici ca tieni
rispetti puru quiddre delli paisi lontani!
Se nu te scierri mai de du ede ca ieni
dai chiu valore alla cultura ca tieni!
Simu salentini dellu munnu cittadini,
radicati alli messapi cu li greci e bizantini,
uniti intra stu stile osce cu li giammaicani,
dimme mo de du ede ca sta bieni!
Si ribadisce l’importanza di tenere alle proprie radici. Così rispetteremo anche quelle degli altri.
E che noi salentini siamo i cittadini del mondo.
Radicati ai messapi, ai greci e ai bizantini. Insomma che in noi c’è già tanto mondo.
Sì, è davvero importante celebrare l’International Day.
Mimma, Kuwait
Gentile signora, con la sua garbata idea conferma una mia opinione: per lo meno in Italia, si sente piu’ l’appartenenza alla comunita’ locale che allo stato nazione. E ci mancherebbe, i Comuni li abbiamo inventati praticamente noi.
Nel nostro piccolo, alla prima visita al summer camp di una scuola londinese, abbiamo scambiato i gagliardetti: l’onorevole Union Jack con la bandiera rosso e oro del glorioso Leon de San Marco. E penso che in una giornata come la sua, la maglia a righe e il cappello di paglia del gondoliere sarebbero stati una scelta probabile…
Ancora complimenti e auguri per la sua carica di rappresentante di classe (ne so qualcosa…ottima preparazione a una carriera diplomatica!).
Che sia importante avere le proprie radici per sapere chi siamo ma che i rami debbano essere protesi in tutte le direzioni per potere avere il sole e la vita, mi sembra che in questa scuola e in questo modello di famiglia e società che state dando ai vostri figli lo si insegni bene! Ovunque leggo, sento e apprendo del razzismo dilagante, mi disturba e mi impaurisce ma credo in questa nuova generazione che vive senza confini. A parte questo, tua figlia è uno spettacolo! 🙂